Ora l'Ue può essere «global player

Ora l'Ue può essere «global player I VAL'O RUOLO SULLA SCENA MONDIALE Ora l'Ue può essere «global player Giovanni Maria Flick ^ NELLA tarda serata di venerdì scorso un sogno ha cominciato a diventare realtà: un'Europa non soltanto economica, finanziaria e di mercato, ma anche con una sua identità di valori politica e istituzionale; anche se il risultato raggiunto è inferiore alle attese che nascevano dalla Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing. Per qualcuno era un bel sogno, da realizzare con fatica e con tenacia, a cominciare dai padri fondatori dell'Europa per arrivare da ultimo a Giovanni Paolo n ed a Carlo Azeglio Ciampi. Penso alle parole con cui il Papa - che è stato uno degh artefici della riunificazione europea, anche se le sue richieste sulle radici religiose non sono state accolte ricevette qualche tempo fa il premio Carlo Magno; o alla lettera di Ciampi, nei giorni scorsi, al presidente tedesco Johannes Bau, in occasione del congedo di quest'ultimo. Per molti altri, pohtici ed intellettuah, rappresentava soltanto un incubo da esorcizzare o un brutto sogno, capace tutt'al più di alimentare una retorica buona per i convegni e per i libri destinati a non essere letti. L'approvazione del Trattato costituzionale - al di là dell'enfasi retorica inevitabile in queste occasioni, o di un ottimismo di maniera, troppe volte smentito dai fatti - ci coinvolge tutti ed è un risultato importante e positivo, proprio alla luce delle innumerevoli difficoltà che hanno segna1 to sino ad ora il cammino di quel Trattato; e che (non illudiamoci) continueranno ad accompagnare la sua attuazione. Era le tante utopie in cui si snoda la storia deh Europa, (Jne sembrano particolarmente significative. La prima è stata la mitizzazione dello Stato e la sua assolu- tizzazione come valore: un'utopia al fondo della quale vi furono, proprio in Europa, le tragedie di due guerre mondiah, della Shoah e dei gulag. La seconda è stata l'utopia del mercato é della sua pretesa capacità a regolare in loto la convivenza, in nome del profitto: un'utopia al fondo della quale - nonostante i suoi meriti, e a causa delle sue lacune - si trova il rapporto drammatico e irrisol- to tra Nord e Sud del mondo, tra benessere e povertà; e, lost but not least, si trova la realtà minacciosa di un terrorismo, che l'il settembre 2001 aveva imposto come fenomeno globale, e die l'il marzo 2003 ha dimostrato essere ormai anche un fatto giocale e coinvolgente immediatamente l'Europa. La risposta dell'Europa al fallimento di quelle utopie può essere proprio il sogno della Costituzione europea, che sta faticosamente diventando realtà; e che esprime la vocazione dell'Europa a svolgere un ruolo di glóbalplayer nell'universo della globalizzazione, se non addirittura del post-globale, con le sue contraddizioni e le sue istanze irrisolte. Dopo il fallimento della Conferenza intergovernativa del dicem- bre scorso, nel dibattito sul futuro dell'Europa due momenti - fra loro diversi e connessi - hanno registrato una domanda forte di Costituzione e di unità: prima, l'il marzo di quest'anno, con l'attentato di Madrid; da ultimo, l'esito delle elezioni europee con le sue percentuali elevatissime di astensionismo, anche e soprattutto nei Paesi nuovi membri dell'Unione. La reazione all' 11 marzo testimonia la consapevolezza europea che -accanto agli strumenti tradizionali della cooperazione, dell'intelligence, dello sforzo comune, per la prevenzione e la repressione - occorrono nuove vie per affrontare in modo globale il terrorismo. Sino ad ora, ne abbiamo percorse tre: quella statunitense della guerra preventi¬ va, che - al di là degh interrogativi sulla sua legittimità e sulle sue reali motivazioni - si è rivelata disastrosamente inefficace; quella israeliana del Muro, che - pur esprimendo una reale esigenza di identità e di sicurezza - rischia di tradursi in una chiusura se non altro antistorica, nel tempo della globalizzazione e della caduta dei Muri; quella, infine, europea del sostanziale disinteresse - al di là deUe parole - per un problema che ritenevamo altrui e di competenza dei singoli Stati m cui il terrorismo si verificava. Forse, occorre percorrere una quarta via: quella dell'Europa come glóbal-player sulla scena mondiale, con i suoi valori di centralità della persona, di solidarietà, di pace, di rapporto fra diritti e doveri, di dialogo, che nascono dalle sue radici storiche, culturali e religiose, e che esprimono la sua identità e la sua ragione di unità. Ed è, questa, la via tracciata appunto dalla Costituzione europea, la quale afferma esplicitamente quei valori accanto alla gestione degli interessi e del mercato di cui l'Europa si è occupata sino ad ora, pur senza ignorare del tutto tali valo¬ ri. La reazione alTastensionismo elettorale e quindi al disinteresse per le elezioni europee, testimonia da un lato il coraggio dei governi, che hanno comunque premuto l'acceleratore per realizzare la Costituzione, nonostante il rischio di essere sconfessati dai rispettivi popoli attraverso i referendum che verranno; ma testimonia anche la necessità imperiosa di vincere quel disinteresse, «scaldando i cuori» per l'Europa e coinvolgendo di più i popoli europei. Forse, il disinteresse non è tanto per i valori che l'Europa esprime, e che non sono assolutamente conosciuti, per non due condivisi; ma è per l'apparenza di un'Europa esclusivamente burocratica, ed espressione soltanto di alchimie politiche che nascondono reviveds nazionalistici ed equilibri di potere, o di complicati equilibrismi giuridici. Recuperare e far emergere l'anima deh'Europa, la sua idmtità profonda, il significato dei suoi valori - ed i riflessi che ne derivano immediatamente per tutti noi, attraverso la cittadinanza europea - mi sembra uno dei primi e più difficili compiti per far vivere la Costituzione approvata l'altro ieri; e per affrontare, con i referendum, il giudizio dei cittadini europei su quella Costituzione. La reazione all'11 marzo testimonia la coscienza che occorrono altre vie di fronte al terrorismo I governi hanno mostrato coraggio premendo l'acceleratore nonostante l'astensionismo al voto

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Carlo Magno, Ciampi, Giovanni Maria Flick, Giovanni Paolo, Giscard D'estaing, Johannes Bau