Le emozioni fanno bene alla ragione di Marco Vozza

Le emozioni fanno bene alla ragione Le emozioni fanno bene alla ragione Marco Vozza TRA ragione e passione esìste un disaccordo antico, di cui la filosofia è la principale responsabile. Ripercorrere la storia del pensiero filosofico almeno da Platone a Kant significa innanzitutto cogliere le differenti modalità mediante le quali il modello dì sapere razionale ha neutralizzato l'altro da sé, individuato nel plesso dì emozioni, desideri, affetti e passioni, che agiscono nella vita degli individui determinandone prospettive, valutazioni e decisioni. Il modello aristotelico che utihzza eticamente la forza delle passioni, modificandole razionalmente, che accoglie la ricchezza della struttura cognitiva insita nelle emozioni e nei sentimenti, non è stato certamente quello vincente nella tradizione del pensiero filosofico. Ad esso si contrappone il modello stoico, secondo il quale le passioni vanno estirpate alla radice, modello repressivo la cui influenza sarà ancora avvertita nei testi di Cartesio e dì Kant. Alla luce del paradigma normativo introdotto dagli Stoici, ogni credenza espressa attraverso un contenuto emotivo o passionale è da considerarsi falsa o irrazionale. Per gli Stoici le passioni sono giudìzi falsi, erronee valutazioni di un anima turbata, da cui il "sapiente è immune. Questa istanza logocentrica presuppone una nuova accezione dell' identità della filosofia, concepita in età ellenistica come medicina dell'anima, terapia del desiderio, cura delle malattie causate da false opinioni, così come il sapere medico cerca di lenire quelle causate dal corpo. Ora la filosofia è diventata phormàkon, rimedio, tecnica dì ripristino, correttivo terapeutico nei confronti dei dettami naturali affermati dai desideri e dalle passioni.- ; Mentre Aristotele e ì suoi seguaci peripatetici si accontentano di moderare le passioni, gli Stoici sostengono che esse vanno risolutamente bandite da quel dominio razionale della saggezza che richiede assoluta imperturbabilità, perenne apathéia, assenza di dolore ma anche privazione affettiva: ogni passione è colpevole dì oltraggio alla ragione, dì corruzione della verità, di pervertimento del bene, di deviazione dalla retta via; non esìstono pertanto passioni moderate, compatibili con l'esercìzio della virtù razionale. Le passioni sono la manifestazione dì un'astuzia della natura da combattere mediante l'astuzia della ragione; in quanto medicina per l'anima, analgesico per lenire il dolore delTesìstenza, per debellarne la contingenza, la filosofia, piuttosto che assecondare, deve contrastare la natura, deve negare legittimità ai suoi decreti spontanei, diffidando dì ogni forma dì esperienza sensibile e immediata. Per gli Stoid e per tutti ì fautori della neutralizzazione epìstemìca delle passioni, il logos deve emergere dalle rovine del pathos, la ragione deve trionfare sulla foiba conseguente all'assenso accordato alle impressioni sensibili, all'eccessivo interesse rivolto al mondo esterno, al ritmo delle sue precarie fluttuazioni, ai dettami instabili della carne. Martha Nussbaum ci ha spiegato esemplarmente queste strategie filosofiche di immunizzazione del logos nel volume intitolato Terapia del desiderio (tradotto lodevolmente qualche anno fa da Vita e Pensiero). Nel ricostruire la dottrina ellenìstica, l'autrice suggeriva già "una prospettiva meno schematica, muovendo dal dubbio che l'ideale di autoderminazione della ragione richieda l'estinzione delle passioni, che il conseguimento dell'eudaimonfo implichi il distacco dal mondo; si potrebbe invece immaginare una nozione più estesa dì razionalità pratica capace dì accoghere sentimenti quali l'amore, la simpa-. tia, lo stupore^ e, la sofferenza,, una concezione della verità in cui comprendere il significato di una proposizione non sia più una fredda operazione dell'intelletto analitico bensì un evento che mobilili una riserva dì passioni, anche quelle dolorose, al fine dì coinvolgere tutto il proprio essere e predisporlo ad un eventuale cambiamento. Se è dal mondo della vita che scaturiscono e traggono signifir cato le nostre strutture intellettuali, non vi è logos senza pathos, non vi è ragione che non sia alimentata dalla passione, dall'alterità dell'emozione, dalla contingenza dell'affetto, dalla vibrazione del piacere, dalla contrazione del dolore, istanze le quali - lungi dell'ostacolarne la manifestazione - costituiscono la sua irrinunciabile soluzione nutritìzia. Queste premesse sono ora sviluppate in modo autonomo in un libro, o meglio ìn! un'endclopedia dì 850 pagine, che costituisce il più importante contributo contemporaneo alla teoria delle emozioni: L'intelligenza delle emozioni (tuttavia, nell'originale del 2001: Upheavals of Thought. The IntelligencepfEmotions). Si dovrà premettere che la filosofia degli ultimi due secoli almeno da Nietzsche in poi - ha operato una cospicua valorizzazione pragmatica delle passioni e, più recentemente, sì è assistito al significativo riconoscimento dà parte delle neuroscienze del ruolo delle emozioni nella costruzione dei modelli dì razionalità (si pensi agli studi di Damasio); ma l'intento della Nussbaum è ancor più ambizioso, volendo dimostrare come le emozioni siano un dispositivo di pensiero capace dì conoscere e valutare gli eventi del mondo estemo, che consideriamo rilevanti per il nostro benessere, per la nostra prosperità personale. Pertanto, non soltanto pensieri ed emozioni cooperano nell'attività cognitiva, ma - ben più radicalmente - le emozioni sono pensieri, attive in particolar modo laddove il soggetto scopre la propria passività nei confronti del mondo estemo, la propria ingovernabile vulnerabihtà: l'esperienza del dolore e l'elaborazione del lutto sono a tal proposito decisive, come mostra l'autrice analizzando le proprie reazioni dì fronte alla malattia e alla morte della madre. Le emozioni sono dunque forme di giudìzio valutativo nei confronti di eventi incontrollabili dall'agente, concementi per lo più il nostro essere in relazione con altri. Con un termine fuorviante perché non privo di ambiguità, Nussbaum considera neostoica la sua teoria delle emozioni, in (pianto condivide il presupposto che il logos non può essere partecipe dì elementi non-cognitivi, concezione emendata dal falso assunto che le emozioni siano giudizi fallaci. Le emozioni sono sensibili alla configurazione data del mondo estemo, esprimono la consapevolezza dell'autonomia degli eventi contingenti e registrano le modificazioni che essi apportano alla compagine del Sé, ai progetti e alle prospettive coltivate in vista di una auspicabile eudaimonia, individuale e collettiva. Siamo innanzitutto creature percettive, oltre che inquiete, esposte ad eventi e situazioni mutevoli, che spesso ci feriscono e scardinano il nostro involucro narcisistico, il quale diventa una zavorra quando le nostre emozioni riguardano l'esperienza dell'amore, a cui Nussbaum dedica trecento pagine di stupefacente acume analitico, scegliendo la letteratura da Dante a Joyce - come terreno elettivo di indagine. Questo libro, che annovera Proust tra gli autori più citati (insieme alla stessa autrice che, in quanto a narcisismo, non ha nulla da invidiare a certi suoi accreditati colleghi), si conclude con un suggestivo tentativo di dimostrare l'improbabile compatibilità dell'amore con l'idea dì una vita eticamente accettabile. Notoriamente, Eros non è democratico né liberale e tantomeno persegue il pluralismo o l'interesse collettivo, ma è comunque possìbile ipotizzare (favoleggiare?) una riforma etica dell'amore che tuteli l'individualità dell'altro, promuova la compassione e rispetti il requisito di reciprocità. Se abbandonassimo sconsiderati desideri d'onnipotenzargelosie e prevaricazioni, solipsismi e narcisismi, forse potremmo finalmente fare esperienza di una vita affettivamente connotata dal disinteresse. Ma tutto ciò non compete ad Eros, semmai evoca Phiha. Come dimostrano l'amore e il dolore, formano i nostri giudizi sul mondo, non c'è logos senza pathos Martha Nussbaum intreccia filosofia e letteratura, Aristotele e gli Stoici con Dante, Proust e Joyce Martha Nussbaum ha scritto una summa filosofica, una sorta di enciclopedia di 850 pagine, che costituisce il più importante contributo contemporaneo alla teoria delle emozioni Martha Nussbaum L'intelligenza delle emozioni trad. diRosa M. Scognamiglio a cura dì Giovanni Giorgini Il Mulino, pp.870, «45 SAGO