Dieci Comandamenti al tempo dei kamikaze

Dieci Comandamenti al tempo dei kamikaze PARTE SU RAIUNO L'INCHIESTA DI LUCA DE MATA Dieci Comandamenti al tempo dei kamikaze Marco Tosati! CIUÀ DEL VATICANO I dieci comandamenti, sono ancora validi? I figli di Abramo, e quelli che onorano Mese come profeta, cioè cristiani, ebrei, musulmani, tengono ancora conto, e in che misura di quelle parole iscritte sulla pietra? Una risposta, alla luce dei drammi che si consumano in questo inizio di millennio, cercherà di darla ima serie televisiva prevista su Rai Uno a partire dalla prossima settimana. Sette puntate, di cinquanta minuti ciascuna, ideate, e realizzate da Luca De Mata in tutto il mondo. «Abbiamo lavorato per oltre due armi - dice l'autore - un grande lavoro di inchiesta, scavando nelle contraddizioni di un quotidiano planetario sconosciuto quanto miseràbile ed eroico; il vissuto della gente comune, unita dalla speranza, e dal coraggio di amare, nonostante tutto». Amare, e uccidere. Una delle puntate, la sesta, è imperniata su «Non dire falsa testimonianza. Non uccidere», e affronta il problema drammatico dei «kamikaze». «Sono andato volontario in Iraq come tanti altri giovani islamici da tutto il mondo - dice Ibrahim Ouedraegoa, del Burkina Faso -. Sono andato a fare la guerra. Pronto a combattere e a morire, ma non certo a suicidarmi per uccidere. L'Islam non chiede il suicidio-omicidio. Spero che i credenti musulmani e cristiani trovino la via della collaborazione». Ma non tutti condividono senza eccezioni questa condanna: Mohammed Abdullatif, un editore, ricorda che il suicidio, «come è detto sia nei comandamenti che nel Corano, è proibito». Ma afferma che che ci sono situazioni particolari, «come ad esempio in Palestina. Proibire ai bambini di andare a scuola, fermare la gente per strada, privare le persone del necessario, tutto questo fa sentire ai palestinesi che non c'è speranza per il loro futuro. Non possono proteggere i loro figli. Allora i Il Mosè di Mich elangelo palestinesi che vivono tutto questo sentono che per poter proteggere la vita dei loro bambini, delle loro madri o dei loro padri devono sacrificarsi e suicidarsi insieme ai loro nemici, fanno questo per garantire la vita dei loro figli. Egli pensa che in questo modo protegge la vita degli altri e, sacrificandosi, dà la vita agli altri che soffrono». E se l'imam Ibraim Reda, egiziano, rivendica il ruolo pacifico della religione: «noi non siamo predicatori di terrorismo, noi siamo predicatori di pace»; l'imam Rizvi Yasim, dal New Jersey, risponde che se la comunità musulmana è attaccata «se non c'è prospettiva di salvezza il suicidio si giustifica e la persona che decide di difendersi suicidandosi, in combattimento o uccidendo anche innocenti deve essere considerata un martire». L'inchiesta, realizzata con la supervisione del vescovo Mauro Piacenza, di don Massimo Camisasca e di padre Massimo Cenci, offre una gamma di realtà umane impressionanti : dai campi profughi al confine fra Rwanda e Burundi, alla Polonia del dopo comunismo, dove il libero mercato fa le sue vittime: «Ho sempre lavorato come cameriera, sono sana - racconta una donna intervistata alla mensa dei poveri di Zakopane - ma oggi ho quarantasette anni e non mi vogliono più, cercano le ragazze. E poi qui, qualche volta, posso invitare anche mia fighe. Non voghe che veda dove vivo.... ma lei sa tutto e fa fìnta di credere alle bugìe che le racconto». Una globalizzazione del bisogno, che rende anacronìstiche antiche divisioni geografiche: «solo una manciata di anni fa - dice Luca De Mata - le religioni erano separate anche geograficamente, i confini delle nazioni erano anche confini tra popoli di religioni diverse». Oggi non è più così: e anche per questo è importante verificare «quanto i dieci comandamenti siano una realtà concreta calata nella quotidianità del nostro vivere». Il Mosè di Michelangelo

Luoghi citati: Burkina Faso, Burundi, Iraq, Mese, Palestina, Polonia