Bibliofollia, viaggio nell'inferno senza fine

Bibliofollia, viaggio nell'inferno senza fine UN SAGGIO SUL«FURORE DI RA^GÒGIJERÉLIBRI». MALATTIA ELITARIA E ANTICA CHE PUÒJ»GRTARE AL DELITTO Bibliofollia, viaggio nell'inferno senza fine Mano Baudino I libri, come dicono e ripetono instancabilmente gli incendiari pompieri di Fahrenheit 451 nella sigla della trasmissione su Radiotre die reca lo stesso titolo, portano alla follia? L'interrogativo posto dal romanzo di Ray Bradbury (per lui la risposta era ovviamente negativa) arriva alla fine di una millenaria discussione sull'argomento. Va detto però che, nei secoli, proprio coloro che più amano i libri ci hanno rivelato come una malattia esista eccome, anche se fortemente minoritaria E' un male elitario, segreto. Si manifesta quando la bibliofilia diventa bibliomania, o come dice' il titolo di un bel volumetto di Alberto Castoldi appena apparso da Bruno Mondandoli, appunto waaBibliofollia. L'autore, francesista all'Università di Bergamo, ha scritto anni fa un interessante studio sul rapporto fra droga e letteratura {Il testo drogato, Einaudi). Curioso degli eccessi, affronta ora l'eccesso per eccellenza, quel «furore d'avere dei libri e di raccogheme» in cui consiste la bibliomania secondo la classica definizione datane sulTEncyctopédre da Jean Baptiste de Rond, il grande illuminista noto come D'Alembert. Da greci e latini, che cominciarono a patirne quando ancora era questione di rotoli in pergamena, cioè «volumi», fino ai giorni nostri di frenetica produzione a stampa, l'argomento è immenso, anche perché è stato sempre il tema preferito dai bibliofili scrittori. C'è al proposito una letteratura vasta almeno quanto la biblioteca che Peter Kien, il sinologo di Elias Canetti, brucia insieme a se stesso al culmine di Autodafé. In poche ma fitte pagine questo libro ce la racconta quasi tutta, mischiando episodi notissimi a curiosità dimenticate, come il libraio inglese raccontato da Charles Nodier che, ammalatosi a Parigi dove voleva partecipare all'asta per un'edizione del Boccaccio, ebbe appena il tempo, prima di esalare 1 ultimo respiro, di redarguire seccamente un collaboratore per essersi assentato, causa cena, proprio nel momento dell'aggiudicazione. Ci so¬ no i bibliomani assassini, reali e immaginari, come quello celebre del giovane Flaubert nel racconto Bibliomania; forse ne mancano altri, per esempio lo strepitoso parroco di fine Settecento, ladro e omicida, che è nel Mangialibrì, romanzo con base veridica del tedesco Klaas Huizing tradotto da Neri Pozza qualche anno fa. Il mondo della bibliomania (altra definizione possibile: è l'amante dei bibliofili spostati) è un inferno inausto, nessuna mappa lo potrà mai abbracciare, perché inesauribili sono i libri nella biblioteca di Babele. E non da ieri. Castoldi ci ricorda una condanna del 1807 emessa da Leopoldo Cicognare nella sue Osservazioni sulla bibliomania, dove si puntava il dito contro «quella insaziabilità che è il preciso contrassegno della malattia dello spirito, fomentata purtroppo dalla eccessiva quantità di libri che inondano la terra». Alla fine, però, il sospetto è che questo desiderio di divorare attraverso i libri il mondo e se stessi, questa fame cannibale sia stata alimentata proprio da coloro che, atteggiandosi a medici, l'hanno messa a fuoco e deprecata. Chi ne parla ne è sempre complice. Giuseppe Pontiggia, bibliofilo e bibliomane, ciba lasciato nell'ultima opera, Prima persona, una conclusione ragionevole. Si è chiesto se vi sia qualcosa di più folle della furia di accatastare libri. E ha risposto sì, c'è. E' la follia di non averne.

Luoghi citati: Parigi