Il «no» di McCain all'amico Kerry «Non sarò tuo vice»

Il «no» di McCain all'amico Kerry «Non sarò tuo vice» SFUMA UNA POPOLARE CANDIDATURA A Fi ANC Il «no» di McCain all'amico Kerry «Non sarò tuo vice» Da tempo circolava la voce che il candidato democratico puntasse sul senatore repubblicano dell'Arizona come suo secondo. Ora i nomi in lizza sono Edwards, Gephardt e Clark Paolo Mastrolilli NEW YORK Stavolta Luke Skywalker non marcerà contro l'Impero. Durante le elezioni del 2000 il senatore John McCain amava paragonarsi al protagonista di «Guerre Stellari», per colorare la sua sfida improbabile contro George Bush, figlio prediletto del Partito repubblicano. John Kerry, candidato democratico e veterano del Vietnam come lui, gli ha offerto la possibilità di prendersi la rivincita a novembre, presentandosi come vice presidente, ma stavolta l'ex ufficiale di Marina ha preferito il ruolo del soldato leale. A meno di qualche colpo di testa all'ultimo minuto, che nella sua vita non è mai mancato. Le voci sulla proposta di Kerry a McCain avevano cominciato a circolare in marzo, subito dopo che il senatore del Massachusetts si era garantito la vittoria nelle primarie democratiche. Il collega dell' Arizona è repubblicano, ma i due sono amici da anni. Il Vietnam al principio li aveva divisi, perché McCain disprezzava le proteste di Kerry contro la guerra. Poi però li aveva riuniti, soprattutto quando avevano deciso di dare la copertura politica all'imboscato Bill Clinton, per ristabilire le relazioni diplomatiche con Hanoi. 11 legame era diventato così forte che nel 2000, quando Bush aveva messo in discussione l'impegno del senatore dell' Arizona per i veterani, presentandosi ai comizi in South Carolina con un ex combattente contrario a McCain, Kerry si era mobilitato di persona per difenderlo. Insieme ad altri senatori che avevano fatto la guerra sul serio, aveva scritto una lettera all'ex pilota della Guardia nazionale del Texas chiedendogli di scusarsi per il colpo basso sferrato ad un eroe vero, che aveva passato cinque anni della sua gioventù «all'Hanoi Hilton», cioè la prigione dei vietcong. McCain si era segnato il favore e lo ha restituito quest' anno, quando la Casa Bianca ha cercato di attaccare la credibilità militare del veterano democratico: «Questa retorica - ha ammonito il senatore repubblicano - non aiuta». Dalla solidarietà tra ex combattenti, era nata anche la fantasia di un ticket bipartitico. Le ragioni a favore erano parecchie; la popolarità di McCain tra gli elettori indipendenti, moderati e del sud, la certezza di conquistare l'Arizona, la capacità di attirare i repubblicani delusi, l'impegno per moralizzare le campagne elettorali attraverso la riforma dei finanziamenti, e l'affidabilità della coppia sui temi della difesa nell'era della guerra al terrorismo. Poi c'era il fattore Cheney, cioè il calo di popolarità del vice presidente, che consighava di opporgli una figura di grande statura. Questi vantaggi erano stati confermati da un sondaggio della tv Cbs, secondo cui la coppia Kerry-McCain avrebbe battuto quella Bush-Cheney col 530Zo dei voti contro il SQ0/*). Sullo sfondo, però, c'erano anche ovvie ragioni avverse all'alleanza bipartitica. La scelta di McCain poteva spaccare la base democratica, spingendo tutta la sinistra verso l'indipendente Nader. Il senatore dell'Arizona, poi, ha posizioni nettamente diverse rispetto a quelle dell'amico del Massachusetts su temi come l'aborto, i gay nell'esercito, la Corea del Nord e la stessa guerra in Iraq. Conciliarle non sarebbe stato semplice, soprattutto se Kerry voleva davvero dare a McCain la delega sulla difesa e il mandato di portare uomini e temi propri nell'amministrazione. Il senatore «Skywalker», poi, è famoso per la sua indipendenza, e non sarebbe stato un tipo facile da tenere al suo posto. Nonostante questo il candidato democratico ha continuato a parlare con l'amico repubblicano, almeno sette volte secondo i loro collaboratori, cercando di convincerlo. Non ha mai fatto una proposta diretta, per evitare un rifiuto diretto, ma lo ha sondato per sapere se era disponibile. McCain ha sempre risposto con un «no» educato ma fermo, e in pubblico lo ha spiegato così: «Perché, dopo aver passato oltre cinque anni all'oscuro in Vietnam, dovrei voler tornare all'oscuro anche a Washington?». In privato ha aggiunto che le differenze politiche tra lui e Kerry sono troppe, e se emergessero alla Casa Bianca rischierebbero di indebolire la presidenza. I politologi dicono che forse i democratici continuano a parlare di McCain solo perché così accreditano la moderazione del loro candidato e irritano Bush, sapendo che tanto il ticket bipartitico non si farà mai. Comunque un paio di settimane fa ci sarebbe stata un'ultima telefonata in cui «Skywalker» ha detto definitivamente no, obbligando Kerry a concentrarsi sulle alternati¬ ve più citate, che sono John Edwards, Dick Gephardt, Wesley Clark e Tom Vilsack in prima fila, e poi Bill Richardson, Bob Graham, Evan Bayh, Bob Kerrey, Janet Napolitano, Bob Nelson, Mark Warner, Ed Rendell, e ancora il repubblicano Hagel in seconda. L'Impero, per ora, può tirare il fiato. «Sono stato cinque anni all'oscuro quando ero prigioniero in Vietnam Non voglio tornare all'oscuro a Washington» Il sogno del senatore Kerry di avere John McCain (nella foto) come vice presidente è definitivamente sfumato