Armi nucleari: prima che esploda un caso Iran di Aldo Rizzo

Armi nucleari: prima che esploda un caso Iran Armi nucleari: prima che esploda un caso Iran Aldo Rizzo GLI otto «grandi» riuniti a Sea Island hanno avuto parole pesanti per llran, si sono detti «seriamente preoccupati» per «ritardi, insufficiente cooperazione e atteggiamenti inadeguati» del paese degli ayatollah, non da oggi sospettato di avere in programma di dotarsi di armi nucleari. E lo hanno ammonito «a rispettare il più rapidamente possibile gli impegni presi con l'Alea», cioè con l'Agenzia intemazionale per l'energia atomica. Come mai tanta severità? Dopo le prime accuse o i primi concreti sospetti, llran aveva già dato assicurazioni all'Alea circa l'impiego esclusi¬ vamente civile dell'energia nucleare, non solo, ma nello scorso ottobre i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia e Germania avevano raggiunto a Teheran un vero e proprio accordo con le autorità iraniane: fine verificabile di ogni progetto capace di passare dal «civile» al «militare», in cambio di aiuti tecnologici e, in qualche misura, dì aperture politiche. Ma, evidentemente, a Sea Island erano giunte informazioni circa il rapporto che gli ispettori intemazionali presenteranno la prossima settimana a Vienna, dove ha sede l'Alea. Il succo di questo rapporto, secondo l'Ebonomist, è che finora il governo di Teheran ha solo cerca¬ to di guadagnare tempo. Formalmente la cooperazione con gli ispettori è cresciuta, ma «sono cresciuti anche i buchi» delle sue «verità». Si è scoperto che sta per nascere un reattore ad acqua pesante «troppo piccolo per generare elettricità, ma ideale per la produzione di plutonio», che è, con l'uranio arricchito, la materia prima dell'arma nucleare. E anche sulla sospensione dell'arricchimento dell' uranio, promessa ai tre ministri europei, non si sono avute prove, anzi... Infine, pare che esistano siti nascosti, mai denunciati all'agenzia intemazionale. Insomma, nei prossimi giorni potrebbe esplodere un caso Iran, come se non bastasse quello, ormai cronico, della Corea del Nord. L'Efconomist responsabilizza, giustamente, proprio quei tre paesi europei che avevano creduto di disinnescare, è il caso di dirlo, la delicata questione (un Iran che ha deluso le attese di una vera riforma democratica, più: nel rispetto del quadro politico-religioso dell' Islam, e che per di più si dota di un armamento nucleare...). Li responsabilizza nel senso die li esorta a usare la maniera forte, visto che sembra fallito l'approccio morbido. Certo, llran può fare delle controminacce, come ritirarsi anch'esso, dopo la Corea del Nord, dal Tnp (Trattato antiproliferazione), mettendolo definitivamente in crisi. Ma gli europei possono far presente che gli scambi commerciali con lUe e i suoi investimenti nelle industrie del petrolio e del gas sono vitali per l'economia iraniana, e aggiungere che, dando via libera agli Stati Uniti perché il caso passi dall'Alea al Consiglio di sicurezza dell'Onu, si aprirebbe la prospettiva di sanzioni di portata globale. Tuttavia non sarà cosi facile. Alcune brevi considerazioni, di carattere generale, per dimostrare quanto sia carente, e quanto sia complesso ottenere, una strategia mondiale per impedire una balcanizzazione atomica su scala planetaria. La guerra all'Iraq, comunque si evolva, non ha agito come deterrente, salvo che per la Libia, comunque ancora sotto controllo. Anzi ha rafforzato nei paesi a rischio l'idea che, per evitarsi guerre «(preventive» americane, devono arrivare a disporre dell' arma «assoluta». Poi, il Trattato antiproliferazione aveva come condizione che le potenze già nucleari avviassero esse stesse un processo, graduale ma sicuro, di disarmo. Il che non è avvenuto, se non in ima misura tutto sommato marginale per America e Russia. Infine l'America, se ha ridotto il numero, comunque imponente, dì testate atomiche, ha ora in programma di fabbricarne dì nuove, di due tipi, una semiminiaturizzata (ma pur sempre la metà all'ìncirca del «modello» Hiroshima) e un'altra più potente, per penetrare bunker ultrasotterranei. Duro commento del NewYork Times dì tre giorni fa: è «il messaggio sbagliato» a chi dovrebbe rinunciare alla Bomba, amico o nemico che sia. D'accordo.