Bush si rassegna: la Nato non andrà in Iraq di Maurizio Molinari

Bush si rassegna: la Nato non andrà in Iraq TONI AGGRESSIVI DA CAMPAGNA ELETTORALE NELLA CONFERENZA STAMPA A SAVANNAH Bush si rassegna: la Nato non andrà in Iraq Ma chiudendo il G-8 ringrazia i partner per il sì alla risoluzione Onu Maurizio Molinari inviato a SAVANNAH «In Medio Oriente è arrivato il momento della libertà», George W, Bush conclude il summit del G8 con un discorso dai toni elettorali, indicando nell'approvazione dell'iniziativa per le riforme nel «Grande Medio Oriente» un momento di svolta nella guerra contro il terrorismo: «Da Istanbul a Sana'a ad Aqaba sul Mar Rosso si leva la richiesta di libertà, emerge un consenso della gente per il cambiamento politico, economico e sociale ed il G8 qui a Sea Island si è impegnato a sostenerlo». Il presidente americano si mostra soddisfatto per i risultati ottenuti, parla con decisione ai suoi connazionah ma vuole farsi sentire anche dalle opinioni pubbliche dei Paesi arabi e musulmani: «La nostra determinazione deve essere da monito per i nemici della libertà». Ringrazia i partner del G8 per il via ubera all'Onu alla risoluzione sul passaggio dei poteri e non sembra troppo preoccupato per l'opposizione della Francia di Jacques Chirac a un maggiore ruolo della Nato in Iraq. «Mi rendo conto che non potremo avere più truppe dalla Nato ma la Nato può fare molto, può aiutare l'addestramento delle truppe irachene» suggerisce, indicando la via ed un possibile compromesso al ribasso in vièta del summit dell'Alleanza a Istanbul a fine mese. A rassicurare Bush sulla possibilità di far addestrare alla Nato le forze di sicurezza irachene è arrivato il via libera del canceUiere tedesco Gerhard Schroeder che ha detto di «non opporsi», nonostante le perplessità mostrata da Parigi. Chirac lascia aperto uno spiraglio: «Le truppe della Nato in Iraq sarebbero un errore perché porterebbero al confronto fra Occidente e Islam ma sull'addestramento delle truppe non mi posso pronunciare, dobbiamo prima vedere i dettagli». Bush guarda oltre gli ostacoli diplomatici perché «dopo il passaggio dei poteri in Iraq» la situazione cambia, «saranno gli iracheni ad assumere i compiti della sicurezza» e «saranno loro a chiederci cosa hanno bisogno». Le resistenze di Chirac o del presidente russo Vladimir Putin non lo preoccupano più di tanto: «E' bene che i leader abbiamo opinioni e convinzioni forti». D'altra parte Putin ha fatto due passi verso Bush: dopo il sì all'Onu ha accettato di aderire all'iniziativa contro la proliferazione nucleare. Per la Casa Bianca la svolta a Baghdad c'è stata e Bush considera un successo personale e politico «l'emergere di ima democrazia nel cuore del Medio Oriente» mentre «incombono su di noi pericoli per la sicurezza». Di fronte ai dubbi dei giornalisti durante la conferenza stampa finale il presidente Usa risponde senza peli sulla lingua, sfidando i dubbi, mostrandosi a viso aperto. Siamo a Savannah, Georgia, la città dove iniziò a predicare John Wesley, il fondatore del Metodismo che Bush ha fatto proprio sposando Laura, e nel confrontarsi con le critiche il presidente sfodera una grinta che nasce dalla convinzione di essere nel giusto, di guidare l'America nella direzione migliore a dispetto degli ultimi sondaggi del «Los Angeles Times» che lo danno sette punti indietro rispetto al rivale democratico John F. Kerry. Cosi a chi gli chiede se ha preso come un affronto personale la defezione dei leader di Egitto ed Arabia Saudita, risponde un secco: «No». Quando gli viene chiesto se fu lui che autorizzò la pratica delle torture in tm memorandum del 2003 ribatte: «Diedi ordine di rispettare la legge americana e il diritto intemazionale, questo memo non ricordo di averlo visto». All'obiezione sull'Ameri¬ ca «sola in Iraq» reagisce: «Andatelo a chiedere a Tony Blair». E a chi gli ricorda che forse il colonnello libico Gheddafi ha violato i patti anti-terrorismo con Washington tentando di assassinare il principe ereditario saudita replica: «Gli ho man- dato un messaggio chiaro, se abbandona del tutto il terrorismo vi sarà la normalizzazione». Come dire: ho una parola sola. Risposte pungenti si alternano a battute in stile texano che deliziano la platea sudista dei dipendenti dell'Intemational Media Center. Del tipo: «Volete sapere quale è stato il momento migliore? E' stato quando Chirac mi ha detto cne gli è piaciuto un nostro cheeseburger». Ottenuta alle Nazioni Unite la risoluzione sull'Iraq, avuto dal G8 il via libera all'iniziative per le riforme nella regione del «Grande Medio Oriente» lo stile aggressivo segpa, più che la conclusione dei lavori del summit, l'inizio della lunga estate elettorale che si concluderà a fine agosto con la convention repubblicana di New York. Anche per questo lascia cosi leader ospiti, giomahsti perplessi e il pubbhco amico della Georgia: «Scusate ma devo andare, fra un'ora e mezzo sarò a Washington per rendere omaggio alla salma di Reagan e questa sera vedrò Nancy alla Blair House». George W. Bush con il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo al vertice del G-8 in Georgia