I seggio impossibile

I seggio impossibile I seggio impossibile analisi ilippo Ceccarelli, Francesco Grìgnetti ROMA ; , EROI sì, cittadini no. Molto semplicemente: i circa 10 mila militari italiani impegnati nelle missioni in Iraq, in Afganistan e nei Balcani non parteciperanno a queste elezioni europee. Già da oggi, nei paesi della "Uè, si aprono i 1042 seggi previsti per gli elettori che si trovano all'estero. Ma il voto dei soldati di Nassiriya, per dire, non ci sarà. Pur essendosi posto il problema di come dare attuazione a un diritto costituzionale, nesisuno finora è riuscito a risolverlo: troppe difficoltà tecniche. In pratica, non è previsto che «i nostri ragazzi» possano esprimersi da laggiù, dalla base «Libeccio», da «White borse», ((Animai house». E questo nonostante la vita politica, da oltre un anno, ruoti proprio attorno alla loro presenza in quei luoghi anche investiti dalla tragedia e poi dalle emozioni dell'in-tera collettività. Peccato. E' mia storia molto italiana, un pastrocchione legislativo e un esito paradossale per cui la democrazia, andatasi a scontrare con la sua stessa messa in pratica, soccombe» Assenteismo obbligato, dunque, urne deserte per forza maggiore, anzi non-urne e basta. Con il che l'eterna burocrazia scansa-impicci non solo celebra il suo trionfo, ma in un momento decisivo finisce anche per oscurare quel lembo simbolico d'Itaha che sono le zone operative, dove arrivano i colpi di mortaio, ma sventola anche il tricolore, si mangia la pastasciutta, si guarda la partita e spesso arrivano i potenti, in buona fede, ma con opportune telecamere al seguito. Quante riprese televisive l!f«pj:,un.unicoZo77»atl.qiiel panorama desolante, quella polvere, igli squilli di troinb^.gu edifici sventrati dall'esplosione, gli ilj lustri visitatori, che.scandivano o risalivano sui C-Ì30 sulle piste impervie dell'aeroportino di Tallii. Prima Schifani, insieme all'ordinario militare monsignor Bagnasco, la messa di Natale tra i blindati. Poi l'arrivo del presidente della Camera Casini, a sorpresa, in tuta mimetica, la notte passata nel sacco a pelo. E Mariotto Segni, il ministro Martino, il vicepresidente del Consigho Fini con il suo cappelletto. Giubbotti antiproiettile e manifesti commemorativi, poi, sui muri delle città italiane. E il tormentone vado-o-non vado di Berlusconi, il rancio, le barzellette, tutti lì a esprimere a quei militari la vicinanza delle istituzioni. E ora neanche la possibilità di votare, gli hanno concesso. Il ministro per gh itahani all'estero Tremagha, uno che per natura prende le cose di petto, ha fatto i salti mortali nel tentativo di sbrogliare il groviglio. Inutile. Invano i senatori Occhetto, Falomi e De Zulueta hanno posto il problema di cui si erano fatte carico nei giorni scorsi associazioni che si occupano di problemi delle forze armate,' da Falco Accame ai «Carabinieri per la pace» del maresciallo Ernesto Pallotta. Bene, ieri sera il Viminale ha diffuso un comunicato che, nella sua onestà, suona come ,, unaxesa, Alle guropee i solda. ti, come del resto i diplomatici, i dipendenti della Farnesina, i naviganti e i lavoratori t impegnati fuori d'Europa, ■^ non possotìo'Votare perché sarebbe un'impresa troppo compheata. Questo è certamente, «un problema reale riconosce il ministero dell'Interno - anche in ragione del considerevole aumento del numero dei nostri militari impegnati in missioni di pace in varie parti del mondo». Sul piano tecnico, la rassegnazione si spiega con una miriade di compheazioni dovute alle attuali disposizioni che, attraverso un reticolo di norme regolamentari e attuative, disciplinano il variegato complesso dei sistemi elettorali. Eppure, sarebbe stato benissimo conoscere come la vedono, come la pensano, come si esprimono per restare all'Iraq - più di tremila soldati intorno ai quali la politica italiana si va dilaniando. E forse sarebbe stato interessante, e perfino istruttivo per gh iracheni di Nassiriya, scoprire che cittadini con le armi e in divisa non cessano per questo di esercitare un loro diritto democratico. «E' tuttavia un problema assai complesso dal punto di vista della tecnica legislativa ed anche della fattibilità amministrativa» chiarisce il comunicato del Viminale, e dietro all'asettica formula si avverte l'ombra di funzionari alle prese con matite copiative, trasporto aereo di schede sacralizzate, orari da rispettare al secondo, senza contare che ogni soldato appartiene a una sua circoscrizione elettorale, e qhe il suo voto dovrebbe essere ripartito a seconda della residenza. E insomma: per carità di patria, megho non insistere (né sperare troppo nell'avvento delle tecnologie). In qualche modo è la prova che la guerra, per forza di cose, entra inesorabilmente in conflitto con i diritti; e come minimo tende ad aggirarli, quando addirittura non li so- spende. Si pensi d'altra parte alla difficoltà che susciterebbe una campagna elettorale tenuta da quelle parti; come pure s'immagini, al di là delle complicazioni logistiche e organizzative, il caso politico che potrebbe crearsi rispetto a risultati che, in un luogo così emblematico e segnato daU'emozione, potessero suonare duramente critici nei confronti del governo in carica. E tuttavia la non-soluzione lascia l'amaro in bocca. Tanto più se si considera l'immensa carica di passioni che si sono mobilitate sull'onda della guerra, soprattutto dopo la strage del novembre scorso. I mazzi sulle gradinate del Vittoriano, l'omelia del cardinal Ruini a San Paolo, deposizione di corone, piazze, viali e parchi intitolati ai caduti di Nassiriya. A Palazzo Chigi il presidente Berlusconi riceve i parenti delle vittime civili e tramite la Fondazione di famiglia «Luigi Berlusconi» gli assicura un aiuto economico. A Bologna viene innalzato un pennone di 18 metri per far sventolare un enorme tricolore, e ai suoi piedi un cippo con incisi i nomi dei carabinieri, dei fanti e dei civili. Concerti in Parlamento, raccolte di fondi da parte della Lega calcio, aste di magliette autografate dai campioni del lallone, gagliardetti listati a utto alla parata del 2 giugno, monumenti, mostre, ministri che si commuovono, alberi piantati in memoria, Maria Cuffaro con i carriarmati che le sfilano alle spaile, un'infinità di trasmissioni televisive, talkshow a go-go, da Capodanno fino a Sanremo, con i militari che si scocciano perché il collegamento ' non arriva mai, e quando arriva c'è Celentano che lo critica, «Che c'entra il festival con Nassiriya?». Tutto questo un po' autorizzava a credere che quel pezzetto sabbioso e infuocato di Iraq fosse diventato, se non l'Italia, almeno un simbolo, una testimonianza, un destino di libertà. Votare, in fondo, è anche questo. Dopo tante chiacchiere della politica, i circa diecimila militari italiani impegnati nelle missioni in Iraq, Afghanistan e nei Balcani non parteciperanno a queste elezioni europee Il Viminale ammette: «Era complesso farli votare» Eppure tanti, dal ministro Tremaglia ai senatori Occhetto e De Zulueta, da Falco Accame al maresciallo Pallotta, avrebbero voluto assicurare quel diritto '*»^*«sx«»*sS*«««« ^»^^^ '■««r 1-lPfiraL'- m» Hp^fV-^ I militari italiani impegnati a Nassirìya. Come i colleghi impegnati nelle altre missioni, non potranno votare