Dalla «Pantera» al fallimento

Dalla «Pantera» al fallimento PIANI DI RULANOOD LO PRODOTTO E STATO LA GU Dalla «Pantera» al fallimento De Tomaso, chiude la fabbrica delle supercar retroscena Gianni Rogliattì UNA serie di comunicati di agenzia ha annundato la fine inattesa, e per molti versi incomprensibile, della Casa automobilistica modenese De Tomaso. Inattesa perché tutto sembrava confermare lintendone della vedova del costruttore argentino, l'americana Isabelle Haskell, e del figbo (del primo matrimonio) Santiago di continuare l'attività avviata nel lontano 1959. Incomprensibile perché, a fronte di una situazione che pareva soUda, la signora Haskell e il liquidatore Aldo Rocco Salerno hanno invece affermato: «La crid è in atto da 4-5 anni, numerod e significativi interventi finanziari eseguiti dalla proprietà, anche dopo la morte del fondatore, non sono bastati a realizzare l'auspicata inversione di tendenza». L'amministratore delegato Marco Berti ha dichiarato che si sarebbe aspettato un aumento di capitale per mandare avanti l'ambidoso progetto di laudare un fuoristrada chiamato Simbir, da costruirsi in collaboradone con la russa UAZ, e con motori motori Iveco Common Rail da 116 Cv fomiti dalla Fiat. Il piano doveva partire entro quest' anno per arrivare già nel 2005 ad una produdone di oltre 5000 unità e 20.000 nel 2006. Invece oggi il telefono dello stabilimento De Tomaso suona invano e anche i messaggi inviati ai proprietari rimangono senza risposta, come ad annundare la fine irreversibile dell'azienda. Eccone la storia singolare, durata 45 anni. Alejandro De Tomaso era nato a Buenos Aires, in Argentina, il 10 luglio 1928, figbo di un pobtico e di una ricca proprietaria terriera. Arrivato in Itaba nel '55 partecipò ad alcune gare con la Maserati e con la OSCA, diverme amico dei fratelli Maserati e nel '59 fondò la sua Casa automobilistica a Modena. Aveva un bernoccolo per la meccanica e, nel periodo in cui ha fatto il piccolo costruttore, ha sfornato una serie di vetture interessanti: a cominciare dalla Vallelunga presentata al Salone di Torino del 1963 (dove per mancanza di spado sullo stand appese il telaio al muro, con grande preoccupadone degli organizzatori). La Vallelunga aveva ima struttura innovativa, con teldo a trave centrale su cui era imbullonato il motore che, a sua volta, reggeva le sospendoni posteriori. Verme poi una sport prototipo dotata di motore Ford V8 e di un dettone posteriore che cambiava inddenza a seconda della marcia inserita, per adeguare la deportanza alla velodtà della vettura. Con motorizzadone Ford costruì la Mangusta e poi la Pantera (oltre 7000 esemplari prodotti per conto della casa americana) . Costruì anche un'innovativa monoposto per la 500 Miglia di Indianapolis, dotata di scocca monoblocco fusa in lega leggera con doppia parete entro cui stava il carburante. E ne fece una per la FI del 1970 (con motore Ford) che ebbe una carriera corta e sfortunata in quanto il pilota Piers Courage si uccise alla quarta gara, il Gp d'Olanda dello stesso armo. De Tomaso voleva entrare nel giro dei grandi costruttori. Comprò la Ghia e poi la Vignale, due celebri nomi della carrozzeria torinese che erano in difficoltà a causa delle mutadoni del mercato. Fece costruire alla Ghia dcuni dei suoi prototipi più belb e nel 1973 rivendette le due carrozzerie alla Ford per dedicarsi in pieno alla gestione di adende itabane in partecipazione con la GEPI. In questa vasta operadone vennero coinvolte in tempi diversi la Nuova Innocenti, le Case motociclistiche Guzd e Benelb, quella dei canotti pneumatid Callegari e Chigi e, finalmente, la Maserati. L'argentino aveva rilevato la marca del Tridente nel 1975, la mantenne in vita «inventando» modelli interessanti come il Biturbo, azzeccatissimo anche nel nome, e brevettando il nome generico di Barchetta per un modello specifico. Per la Chrysler, la Mase-. rati nel 1984 produsse 7000 esemplari di una vettura sportiva americana con motore rielaborato a Modena. Riprese la produdone della ammiraglia Maserati Quattroporte e ne regdò una a Pertini, quando era preddente della Repubbbca raccomandandogb di usarla per andare a trovare Enzo Ferrari: cosa che puntualmente avvenne. n ragazzaccio che nei bar di Buenos Aires chiamavano «il matto» era diventato un industriale che sapeva muoversi ai massimi bvelb: ridato lustro al nome Maserati, aprì la trattativa con Fiat cedendo alla Casa torinese nel '90 il490Zo del pacchetto adonario. Aba cerimonia pubbbca deba firma presso l'Hotel Candgrande di Modena, che per De Tomaso era anche casa e ufficio, Cesare Romiti lo elogiò per «aver difeso l'industria negli anni bui». Aveva amicide importanti, an- che fra i politici, che pure non lusingava («non ho preferenze perchè non sono itabano e non voto»). Ma il destino gb giocò un colpo crudele: nel 1993 quando aveva deciso di dedicarsi solo aba sua piccola e beba fabbrica costruita vicino ab'usdta Modena nord deb' Autosole, lo colpì un ictus. n fidco era distrutto, la mente rimase ludda e con una terapia lunghissima riustì ad essere, se non autosuffidente, almeno «operativo». Parlava a stento, facendod tuttavia capire anche in officina. L'ultima creadone di De Tomaso è stata la Guarà, nelle due versioni coupé e barchetta: stessa impostazione meccanica con motore posteriore/centrale V8 di 4600 cmc di derivadone Ford. Alejandro De Tomaso è scomparso a Modena il 12 maggio debo scorso armo. Oggi scompare anche la sua adenda. L'irriprenditore argentino Alejandro De Tomaso fondò la sua Casa automobilistica nel 1959 a Modena