Fassino: ecco le condizioni di una vera svolta

Fassino: ecco le condizioni di una vera svolta iiwiiawiipiiiiiw».: li SEgRgTARtO DELLA QUERCIA; «IN IRAQ CON LE NAZIQMÌ UHITE E i IWÌtITAm Pi fRMICIA, GSKt^ANi&i MI PAESI ARABI» Fassino: ecco le condizioni di una vera svolta «Berlusconi scopre l'Onu, fino a un mese fa non ci aveva mai creduto» intervista Umberto La Rocca -::.'.-... ^ ROMA SE ci sarà ima risoluzione del Consiglio di sicurezza che segna una svolta nella vicenda irachena, noi saremo i primi ad esseme soddisfatti. Perché è quello che abbiamo sempre chiesto, fin da un anno fa, quando all'indomani della sconfìtta di Saddam proponemmo di affidare ah'Onu la transizione come unico modo di uscire dalla guerra. Perciò non siamo noi ad aver scoperto le Nazioni Unite nell'ultimo mese. E' Berlusconi, il quale soltanto qualche settimana fa diceva ancora che non c'era bisogno deh'Onu né di ima nuova risoluzione e, addirittura, che al Palazzo di vetro siedono troppi paesi retti da dittature. Tutto questo amore del presidente del Consiglio per l'Onu è perciò soltanto 1 ultimo tentativo pubbhcitario per appropriarsi di idee nehe quah non ha mai creduto». Onorevole Fassino, Berlusconi però sostiene che la svolta c'è già, che perfino Chirac e il governo iracheno ne sono consapevoli e che a non vederla è rimasto soltanto il centrosinistra in Italia. «Per il presidente del Consiglio la svolta c'era ancor prima che si cominciasse a discutere la bozza di risoluzione proposta da Stati Uniti e Gran Bretagna. Dava per risolto tutto, quando invece aspetti importanti di quel testo sono stati cambiati proprio dal dibattito di queste settimane e soltanto perché ci sono state forze pohtiche e governi che non si sono accontentati di una svolta fìnta. Vogho far notare, d'altra parte, che proprio grazie a questi sforzi ci sono stati cambiamenti sensibili anche nell'impostazione che gh Stati Uniti avevano dato al problema Iraq. Ci sono già state tre stesure della risoluzione Onu e ogni nuova versione ha segnato una maggiore discontinuità. Parliamoci chiaro: Bush, per dirla con un proverbio, è caduto da cavallo e sostiene di esseme sceso. Il presidente americano aveva sempre negato un ruolo all'Orni, si era sempre mosso in una logica unilaterale e adesso è costretto a cercare il sostegno delle Nazioni unite, quello di Chirac e quello di Schroeder. Perciò sono Bush e Berlusconi che hanno cambiato posizione, non noi né i paesi europei che si erano .opposti alla guerra». Segretario, precisamente, a quali condizioni si potrà parlare secondo lei di svolta nella crisi irachena? «Per noi sono rilevanti tre cose: ì contenuti della risoluzione, cioè che ci sia un effettivo passaggio della sovranità al governo iracheno, che sia riconosciuto un ruolo centrale all'Onu nel guidare la transizione e che le forze di occupazione siano sostituite da un contingente multinazionale. Seconda condizione: le modalità con le quali sarà adottata la risoluzione, va- le a dire che ci sia un voto unanime del consiglio dì sicurezza e, in ogni caso, che ci sia l'accordo pieno di tutti e cinque i membri permanenti; terzo, quah impegni concreti assumeranno i paesi del consiglio di sicurezza e in particolare i cinque che fanno riferimento all'Unione europea. Perché noi crediamo che anche i comportamenti italiani debbano collocarsi in un'ottica multilaterale ed europea e non essere determinati soltanto dal nostro rapporto con Bush. L'opposto cioè di quanto ha fatto il governo italiano, perché Berlusconi è andato a Washington ma non ricordo suoi incontri in queste ultime settimane con Chirac, con Schroeder, con Blair o con Zapatero per definire una posizione comune». Quando parla degli impegni che si assumeranno gli altri paesi europei, intende riferirsi anche ad un eventuale concorso di militari francesi o tedeschi al ristabilimento della pace in Iraq? «Certo. Noi diciamo che uno degli elementi di svolta è la partecipazione alla forza multinazionale di paesi che non hanno partecipato alla guerra in Iraq e, in primo luogo, dì paesi che siedono nel consiglio dì sicurezza dell'Orni, così come di paesi musulmani». Nel caso in cui le condizioni delle quali ha parlato fossero soddisfatte, appoggereste di nuovo la permanenza di nostri militari in Iraiq? «Valuteremmo lo scenario che si determinerebbe. E, ripeto, riteniamo che dovrebbe essere deciso in sede europea un atteggiamento comune». Alla luce degli ultimi sviluppi, non ritiene che sia stata una mossa affrettata chiedere il ritiro delle nostre truppe? «No. Perché le ricordo la formula usata in Parlamento da noi, e da me in particolare, quando abbiamo chiesto il rientro dei soldati italiani. Allora dicemmo: se e quando l'Onu assumerà nelle sue mani la responsabilità della transizione irachena valuteremo questo fatto positi¬ vamente e riteniamo che l'Italia in quel caso dovrebbe fare la sua parte. Parole precise, che sono agh atti». La manifestazione pacifista del 4 giugno ha avuto successo. Pensa sia stato un errore non scendere in Slazza e lasciare campo liero alla sinistra radicale? «No. Quella era una manifestazione promossa da alcune forze della tavola della Pace e non dai partiti. Noi non abbiamo detto una sola parola contro la scelta dì scendere in piazza e probabilmente tra coloro che hanno manifestato c'erano anche nostri elettori e nostri militanti. Semplicemente, non abbiamo ritenuto di dover sposare il corteo come partito, anche perché abbiamo avvertito l'oppor¬ tunità, in giomate delicatissime, dì far prevalere scelte che fossero al riparo da qualsiasi possibile strumentalizzazione o mcidente. E vorrei far notare che è la stessa scelta fatta da Cgil, Cisl e Uil, dalle Acli e dalle principali organizzazioni cattoliche». Segretario, veniamo all'altro grande tema della campagna elettorale, l'economia. Come vede il dibattito in corso nella maggioranza sulla necessità di una manovra correttiva? «Le cose sono semplici. Tremonti ha truccato ì conti in tutti questi anni, solo che non h sì può truccare all'infinito. Perché a forza dì andare avanti a trucchi, a condoni e a misure tampone, a un certo punto la bolla scoppia. D'altra parte, il governatore della Banca d'Italia è stato chiaro: sulla base dei dati in suo possesso, il deficit di bilancio italiano sta viaggiando per il 2004 fra il 3,5 e il 4 per cento del Pil, è nettamente fuori controllo e al di là dei limiti previsti dal Trattato dì Maastricht». Non crede che per alcuni sspetti i pypWejni.dfitt'eqo- nomia italiana siano strutturali e non imputabili al governo? «Quello che non credo è che l'Italia non abbia le risorse per affrontare la situazione. L'Italia è il sesto paese industriale del mondo, è un paese che ha ricchezza, tecnologie, sapere, competenze, professionalità, , centri di ricerca, università, imprese. Ma gli manca una cosa che diventa decisiva : non ha un govemo che sia capace dì mobilitare le energie, di avere un progetto credibile, di dare al paese il senso che è possìbile vincere la partita. Insomma, il discorso di Montezemolo non l'ho scritto io e quel che dice il presidente di Confindustria è chiaro: che con le pohtiche economiche di Tremonti non si va da nessuna parte e che biosogna cambiarle radicalmente. Montezemolo sostiene che si rilancia il paese soltanto se si scommette sulle sfide dite. Bene, vediamo ì soldi per l'innovazione: in tre finanziarie il ministro Tremonti ha portato la spesa pubblica per la ricerca dall' 1 per cento del Pil allo 0,70, cioè l'ha ridotta dì un terzo. 11 presidente di Confìndustria ha sollecitato anche più investimenti nella formazione: registro che nel triennio 2001-2004 sì è speso molto di meno sìa per la scuola dell'obbligo; sia per l'Università odi' quanto si sia fa^to-nel periodo 1998-2001. Altro.prpblema. iLsostegno *1- l'intemazionalizzazione delle imprese: in questi anni l'assenza dì una strategia adeguata ha fatto sì che l'Italia passasse dalla posizione di quinto esportatore su scala mondiale al sesto; al settimo e in alcuni settori merceologici all'undicesimo posto. Ancora: la Confìndustria chiede di investire sulla modernizzazione delle infrastrutture. Fazio ha sottolineato nella sua relazione annuale che ì cantieri aperti sono quelli che derivano dagh stanziamenti fatti negh anni di govemo del centrosinistra. E infatti Lunardi non ha ancora cantierato una lira. Queste cose non le dico io, le dicono rappresentanti delle istituzioni e rappresentanti delle categorie che avevano dato fiducia al govemo e che invece oggi si sono ricredute. Berlusconi non se la prenda perciò con i "comunisti", come fa di sohto, ma con se stesso. La verità è che lui non è il re Mida che voleva far credere e che ì suoi tre anni di govemo si possono definire in un solo modo: fallimentari». éZLflm. Non abbiamo ™™ manifestato contro Bush perché volevamo evitare incidenti e strumentalizzazioni E' la stessa scelta che hanno fatto i sindacati e le organizzazioni cattoliche 99 ^^Sull'economia ™" Tremonti ha truccato i conti in tutti questi anni ma non potrà farlo all'infinito. A forza di andare avanti con condoni e misure tampone la bolla tkA ; scoppiera Piero Fassino con Romano Prodi l'altro ieri a Genova