La nuova strategia dell'Eliseo

La nuova strategia dell'Eliseo DIETRO LA DISPONIBILITÀ' DI PARIGI ALLA RISOLUZIONE SULL'IRAQ La nuova strategia dell'Eliseo L'apertura a Bush cambia lo scenario diplomatico dall'inviato a ARROMANCHES Nel discorso che Jacques Chirac ha pronunciato ieri qui ad Arromanches nella principale delle commemorazione per il sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia c'è una frase da sottolineare in rosso: «La Francia sa, come tutti i paesi d'Europa, quanto l'Alleanza Atlantica resti un elemento fondamentale della nostra sicurezza collettiva di fronte alle nuove minacce». Dal momento che, come ha detto il presidente francese, «non c'è futuro senza memoria», se bisogna leggere la «memoria» come prospettiva del «futuro», si può' pensare die dietro quella frasetta d sia una delle novità nel rapporto tra Francia e Stati Uniti che porterà tra qualche giorno Parigi a votare per la risoluzione Onu che darà finalmente a Washington quella piena legittimità nell'intervento in Iraq finora giudicato «illegale» dalla Francia. Molte cose si stanno muovendo in queste ore dì frenesia diplomatica tra New York e Parigi. Sabato sera all'Eliseo Chirac ha praticamente annunciato il voto favorevole della Francia alla risoluzione americana sotto gh occhi di un Bush che per la prima volta dopo un anno e mezzo di ripicche, dispetti e incomprensioni aveva affrontato con spirito costruttivo l'incontro con il capo dì Stato che più di tutti si era opposto alla «guerra preventiva» contro Saddam Hussein. Se un anno fa al G8 dì Evìan Bush aveva quasi umiliato Chirac abban- donando con 24 ore di anticipo il «suo» vertice, l'altro ieri il capo della Casa Bianca si è presentato a Parigi pronto a molte concessioni perché il voto francese al Consiglio di sicurezza dell'Orni gh è indispensabile. In un certo senso il rapporto di forza si è quasi rovesciato. Ma anche Chirac sta cercando da mesi di ricucire pienamente il rapporto con gh Stati Uniti, possìbilmente salvando capra e cavoli. In questo quadro, l'accenno al ruolo della Nato dì fronte alle «nuove minacce» (leggi: terrorismo) ha una sua importanza perché se i francesi hanno sempre esduso qualsiasi intervento sul campo in Iraq, finora avevano anche ostentatamente non risposto all'ipotesi dì coinvolgimento della Nato, in un ruolo dì mantenimento della sicurezza, naturalmente in un quadro di legittimità Gnu, come si sta profilando con la nascita del governo iracheno di transizione. Si capi¬ rà dì più al G8 di Sea Island che si apre domani e soprattutto al successivo vertice della Nato a Istambul. Ma intanto va registrata quest' apertura francese.Ma la trattativa è su più piani, come si capisce decifrando i messaggi che si sono laudati Bush e Chirac nella due gjorni francese dd presidente americano che ieri ha definito - chi l'avrebbe mai detto solo qualche mese fa? - la Francia come «la prima amìta delTAmerica nel mondo». Formalmente Chirac insiste nel dire che Parigi darà il suo d alla nuova risoluzione solo se essa garantirà un «vero» passaggio dì poteri dalla coalizione angloamericana al governo iracheno. Solo se, in altre parole, gli iracheni avranno la sensazione dì essere tornati «padroni del proprio destino». In realtà si sta giocando qualcos' altro sul tavolo di questa partita diplomatica ed è la sopravvivenza del ruolo della Franda in Medioriente e nel monda Per quanto riguarda il primo a Chirac interessa conservare la funzione di referenza nei rapporti con la Siria e il Libano; per quanto riguardo il secondo la Flanda vorrebbe l'appoggio degli Stati Uniti su quei pezzi di Africa sui quali conserva con difficoltà una certa influenza e oggi minacciati da crisi rischiose perla stabilità, il Kivu e la repubblica democratica del Congo. Da Bush sono partiti messaggi dì ampia disponibilità. «Condividiamo gli stesd obbiettivi sul Grande Medioriente», ha detto all'Eliseo il presidente americano e sembra di capire che chiedesse alTinterlo- cutore il via libera sull'Iraq restituendogli la tutela su Siria e libano. E sulla regione Bush ha riconosduto a Chirac un ruolo importante: «Il presidente conosce molto bene il vicino Oriente. Capisce bene tutti questi paed: ì francesi lavoreranno con noi per arrivare alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza e far sapere a tutti che il mondo libero è unito e ha a cuore il destino dell'Iraq. Per questo la Franda può' dare un enorme contributo. E di questo io sono riconoscente al presidente». Per quanto riguarda il Libano, che Chirac considera come una spade di testa di ponte francese e francofona, Bush è stato poi esplidto: «Il popolo libanese merita di avere la libertà di sceghere il proirio destino. Le nostre due nazioni avorano insieme per assicurare la pace e la sicurezza in quella e altre parti del mondo».Si disegna insomma il rispetto di una zona di influenza francese nel mondo che per Chirac rappresenta com'è ovvio ima necessità strategica e per Bush è il lasciapassare per l'inizio dì una possibile ripresa della normalità dal disordine iracheno. Chirac è stato il primo presidente straniero a rendere visita dopo l'il settembre. Poi le loro strade d sono divise. Oggi potrebbero finalmente riunirei. Chirac ha fatto molti sforzi compreso il sacrifido del fedele Dominique de Villepin che dagh Esteri, dove aveva condotto la battaglia all'Onu contro l'unilateralismo Usa, è stato trasferito al ministero delTlntemo e sostituito col più mite Michel Bamier. Tutte le condizioni sembrano riunite perché la Franda tomi ad essere il «primo amico» degli Stati Uniti con la benedizione dì Alexis de Tocqueville il cui storico «Della democrazia in America» è stato regalato in nuova edizione a George W.Bush, [e. mar.] Lo scopo è ottenere il riconoscimento a gestire in proprio i rapporti con Paesi chiave del Medio Oriente come Siria e Libano Ma sullo sfondo c'è anche l'Africa dove Parigi vuole riconquistare voce in capitolo in aree strategiche e instabili come il Congo e il Kivu L'abbraccio tra il presidente francese Chirac e il cancelliere tedesco Schroeder