L'«auto del popolo» nuova grande sfida

L'«auto del popolo» nuova grande sfida MODELLI ESSENZIALI A POCO PREZZO PER MOTORIZZARE I PAESI POVERI L'«auto del popolo» nuova grande sfida Come nell'Europa (e nell'Italia) del dopoguerra, dove il Maggiolino e poi le Fiat 600 e 500 accompagnarono il miracolo economico, rinascono vetture spartane. La mini indiana Tata costa 2 mila dollari Piero Bianco L'«auto del popolo» è un progetto che ha accompagnato le stagioni epocali della motorizzazione di massa. Non certo una novità, semmai è curioso che la formula venga riproposta oggi, nell'era del benessere inseguito e propagandato. Il motivo è semplice: mentre l'occidente pretende prestazioni esaltanti, tecnologie al top, comfort e look accattivante, esistono altre realtà globali che ci riportano indietro nel tempo. Mercati importanti, di straordinario peso strategico, per i costruttori mondiali. Dall'India alla Cina, senza trascurare l'Est europeo, si sta aprendo una richiesta di motorizzazione colossale, pari se non superiore a quella die caratterizzò l'Italia (e tutto il Vecchio Continente) negli anni Cinquanta. L'auto del popolo, per la verità, ha radici ancor più lontane. Pensate al Maggiolino (prodotto in 22 milioni di esemplari): nel 1934 Adolf Hitler annuncia al Salone dì Berlino un modello «non più privilegio esclusivo della classe benestante». Intuizione corretta, anche se il progetto verrà travolto dalla follia e la seconda guerra mondiale trasformerà il Maggiolino in un prodotto belhco. E' Ferdinand Porsche a cpstruire la Volkswagen (letteralmente auto del popolo). Nel '38 nasce la fabbrica in Bassa Sassonia, a Wolfsburg. La sua avventura trionfale riprenderà nel maggio '45. La vettura «cresce» e si modifica, in sintonia con le esigenze di mercato, nel '70 arriva il Maggiolone, poi la Golf. In Italia il sogno della motorizzazione di massa post-bellica diventa realtà grazie alla Fiat di Vittorio Valletta, che nel '51 avvia il «progetto 100». L'erede della Topolino (la cui prima serie risale al '36) si chiamerà 600. Dante Giacosa realizza l'utilitaria per antonomasia: una 4 posti da 100 km/h a motore e trazione posteriore raffreddato ad aria, dal peso limitato (450 kg) e dal prezzo accessibile (590 mila lire). Presen¬ tazione nel marzo '55, al Salone di Ginevra. Il modello definitivo ha 633 ce e 21,5 Cv. Piace anche per la sua forma arrotondata, diventa la più moderna e razionale tra le utilitarie europee, un fenomeno di costume, simbolo del «miracolo economico» per la borghesia media. Con la 600 il parco circolante in Italia triphea in 5 anni, passando da 800 mila a 2 milioni di unità nel '60. Quando, dieci anni dopo, uscirà di scena, sarà stata prodotta in 2.700.000 esemplari. Ma c'è un'altra icona, nella storia delle utilitarie Fiat: naturalmente la Nuova 500, nata il 4 luglio del '57. Anche questa voluta da Valletta, per chi non poteva permettersi la 600. Sono gli anni della crisi di Suez, il petrolio rincara: «Fatemi una vettura economica, dai consumi bassissimi». Giacosa compie un altro miracolo, una minicar essenziale con motore bicilindrico di 479 ce e 13 Cv, accessori ridotti all'osso (inizialmente c'è ima panchetta al posto dei sedili posteriori). Baggiunge gli 85 Km/h e costa appena 490.000 lire (dopo 4 mesi arriva la versione economica: 465.000 lire, prezzo che calerà ancora a 395 mila). Oggi il progetto dell'auto del popolo toma di moda. Non potrà sedurre i clienti europei, e forse nemmeno quelli dei paesi emergenti (come il Sudamerica, dove già dominano modelli «globali» tipo Fiat Palio o Volkswagen Gol: una via di mezzo tra il lusso moderno e l'antica essenzialità) ma non è questa la sua missione: dovrà fare proseliti tra i milioni di nuovi motorizzati. La Benault ha svelato ieri il suo piano di espansione declinato in una rivoluzionaria vettura «base»; la fabbrica indiana Tata ha annunciato entro sei mesi il suo modello strategico da 2 mila dollari: avrà un motore di 600 ce, 4 o 5 posti, la produzione creerà posti di lavoro in una delle regioni più povere del mondo, dove si prevede che nei prossimi due anni la richiesta di «utility vehicle» aumenterà di almeno mezzo milione. Anche l'altra Casa indiana, Maruti, pensa a un progetto popolare. Segnali importanti di nuova motorizzazione si registrano inoltre dall'Est, specie dalle nazioni appena entrate nell'Unione Europea. Molti costruttori sono già presenti con i loro stabilimenti (la Fiat a Tychy, Polonia, dove c'è anche la Opel; l'Audi in Ungheria, la Volkswagen in Slovacchia, la Benault in Slovenia). Il grande business riparte da queste realtà. E dall'intramontabile «auto del popolo». Nel mirino dei costruttori anche la Cina e le nazioni dell'Est appena entrate nell'Unione, dove già operano fabbriche importanti e cresce la voglia di mobilità La ricetta è la stessa che ispirò Valletta: chi ha pochi soldi vuole veicoli accessibili e dai consumi ridotti Per i mercati emergenti soluzioni «intermedie» La Logan (qui col marchio Dacia) ha motori a benzina 1,4 (75 Cv) e 1,6 (90 Cv); dall'anno prossimo ci sarà anche un turbodiesel dei 1.5 (65 Cv)

Persone citate: Adolf Hitler, Dante Giacosa, Ferdinand Porsche, Giacosa, Maruti, Piero Bianco, Polonia, Valletta, Vittorio Valletta