ALTIERI Dov'è l'uovo della locusta

ALTIERI Dov'è l'uovo della locusta PETRINI INCONTRA UNO DEI PIONIERI DELL' AGROECOLOGIA. LA DISCIPLINA CHE VALORIZZA TECNICHE E CONOSCENZE DELLA TRADIZIONE ALTIERI Dov'è l'uovo della locusta Cario Petrìni All'Università di Berkeley, in California, insegna un professore, Miguel Altieri, che è uno deimassinn teorici e studiosi al mondo di una branca scientifica «giovane»: l'agroecologia, che parla di alternative sostenibili e vanta un approccio scientifico innovativo, nonché interessante da raccontare. Il «dialogo sulla terra» con lui parte proprio da qui, dalla definizione e dall'idea di «agroecologia» (in Europa l'università che per prima ha sviluppato e lavorato su questa scienza è quella di Cordoba, ma in futuro faremo nascere un corso all'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo). Professor Altieri, che cos'è per lei l'agroecologia? «Per la mia scuola l'agroecologia è una scienza fortemente influenzata dalla scienza contadina tradizionale. Noi riconosciamo questi saperi in quanto scienza vera e propria, con la stessa dignità di tutte le altre scienze. L'agroecologia cerca ima matrice di dialogo tra regni diversi, tra questi saperi tradizionali e la scienza di stampo occidentale, mettendoli sullo stesso livello. Non si tratta di dimostrare il valore delle conoscenze contadine attraverso i metodi della scienza, ma di interrélare le diverse nozioni ad uso di situazioni specifiche di intervento. Per esempio, in molti luoghi del pianeta i contadini classificano il suolo assaggiandolo, con il gusto. La scienza misura il Ph per fare la stessa operazione: ma questo non deve servire a convalidare ciò che dicono i contadini, bisogna accettare i due regni così come sono cercando una sintesi tra di loro. Da questa sintesi emergono i principi guida deU'agroecologia, la quale non formula ricette valide per tutti, ma incoraggia a scegliere le tecnologie utili in base alle esigenze dettate dal contesto, senza che vengano imposte da nessuno. Uno di questi principi, sempre per fare un esempio, è la diversità, ma questa può assumere varie forme: un sistema agroforestale, la policoltura, la rotazione. Non è tanto importante la tecnica, ripeto, è il principio: l'idea in questo caso è che la diversità che si utilizza genera processi ecologici nel sistema, i quali permettono al sistema stesso di autoregolarsi e di realizzare automaticamente operazioni come il riciclaggio dei nutrienti o la lotta agli insetti dannosi e alle malattie» La piccola produzione sembra essere la soluzione ideale per attuare i dettami di ima nuova idea di agricoltura. I principi deU'agroecologia si possono applicare su tutte, le scale o riguardano soltanto la piccola produzione?" «Sono principi e a quelli si debbono adattare le diverse tecnologie: dunque sì, si può fare agroecologia anche su ampia scala. Una mia collega per esempio ha svolto un lavoro molto interessante qui in California, a Mendocìno, su dei vigneti biologici di 300-400 ettari, sperimentando una tecnica con dei corridoi biologici trasversali ai filari che favoriscono la circolazione di insetti benefici» Prima ha parlato di dialogo tra régni scientifici diversi, ma come può avvenire, su che basi? «Penso a una famosa ricerca sulle locuste che per anni hanno costituito un grosso problema in Africa. Un'equipe di biologi inglesi è stata là dieci anni e ha fatto enonne fatica a capire tutti gli aspetti biologici di questi insetti. Dopo che per mesi gli scienziati si sono dannati per capire dove le locuste depositassero le uova, uno degli accompagnatori locali se ne uscì chiedendo se avessero mai osservato le radici di una pianta rrticolare. Le uova in effetti erano e gli scienziati lo redarguirono: "Perché non ce l'hai detto prima?" E lui rispose con serafica calma: "Perdile non me l'avete mai chiesto''. La ricerca "all'occidentale" non tiene molto in considerazione quello che i contadini fanno da migliaia di anni. Perché molti ricercatori non si sono mai chiesti i motivi per cui un sistema agro-ambientale andino funziona bene da 4000 anni? I processi ecologici che lo regolano, costituiscono informazioni molto importanti, òhe possono tornare utili ad altri in altri luoghi del pianeta e in altri contesti culturali e scientifici. Secondo me questa è scienza moderna: un dialogo tra regni nel rispetto reciproco, l'osservazione attenta all' agrobiodiversità e una grande diffusione delle informazioni. C'è molta possibilità d'interscambio» Noi che parliamo di cambiamento ed evochiamo un'attenzione particolare alle conoscenze antiche siamo spesso additati come tradizionalisti, immobilisti e soprattutto, "non scientifici": perché la scienza tradizionale non ha la stessa dignità, non è messa sullo stesso piano di quella "moderna"? «A un convegno feci delle rimostranze in questo senso. Mi venne risposto che la scienza è un metodo per provare se un'ipotesi è vera o falsa e che questo metodo è oggettivo, una chiara e 3recisa risposta, universale e neutrae. La scienza viene vista come risposta neutrale ai perché del mondo, ma nessuno si chiede se sono altrettanto neutrali i motivi che spingono a porre le domande, quali sono i fattori che le determinano. Siamo sicuri che non ci sono ragioni politiche o di altro interesse? Io sono convinto che alla base di una ricerca scientifica ci sono sempre ragioni politiche, che la scienza è sempre al servizio di una causa, di una missione. Lo è anche l'agroeocologia, che non rinnega certo le sue connotazioni politiche», Tornando all'agroecologia, se non sbaglio il comun denominatore di tutti i suoi principi è infine l'idea di sostenibilità, n realizzare il progetto di un'agricoltura sostenibile sotto tutti i punti dì vista. «Confermo. L'impegno principale è nelpromuovere un'agricoltura sostenibile; un'agenda di sviluppo che sia socialmente giusta, ambientalmente sana, economicamente realizzabile e culturalmente sensibile. H progetto ha senso innanzi tutto se c'è diversità sul campo, una diversità funzionale e che abbia un ruolo ecologico. Ad esempio ci sono molti casi di agricoltura biologica che non sono sostenibili, perché realizzano una monocultura immensa e con l'utilizzo di pesticidi botanici riducono fortemente la biodiversità circostante: distese di vigneti in Cile e in Italia, piantagioni immense di ortaggi in California, ettari ed ettari di divi in Spagna. Ma oltre all'aspetto ambientale, c'è anche un principio sodo economico. In California oggi c'è molta agricoltura biologica non sostenibile perché, pur avendo uno scarso impatto ambientale, funziona grazie al lavoro dì persone che sono pagate tanto quanto chi lavora nell'agricoltura convenzionale. Questo non è giusto, perché il prodotto biologico è poi venduto a un prezzo notevolmente superiore rispetto a quello dell'agricoltura convenzionale. E soltanto i ricchi possono permettersi il frutto di questo lavoro: le minoranze non mangiano biologico negli Usa» Possiamo dire che c'è anche un problema di organizzazione del lavoro e di sfruttamento. In California è pieno di messicani sottopagati per svolgere il lavoro nella aziende che fanno agricoltura biologica In più le economie di scala che si creano danno vita a grandi colossi produttivi, il cui capitale di soUto serve ad acquistare tanti piccoli terreni per grandi monoculutre "bio", estromettendo i piccoli contadini dalle campagne. Le regole del business non aiutano l'agricoltura e l'ecologia, in questo caso pur parlando di 'biologico" «In California il 294 dei produttori biologici realizza il 5007o di tutta l'industria di questo settore. Ho parlato di industria non a caso: siamo di fronte agli stessi problemi dell'agroindustria convenzionale. Concentrazione produttiva, sfruttamento del lavoro delle minoranze etniche, monocultura, riduzione della biodiversità, i prezzi in mano a un libero mercato die non è sostenibile. La sostenibilità sociale si può invece realizzare con l'intervento pubblico, con la politica: in Brasile, nelle regioni dove governa il Partito dei lavoratori (PT) a livello locale, per decreto tutto il cibo servito nelle mense pubbliche deve essere biologico e prodotto dai piccoli produttori della zona, stabilendo prezzi giusti ma accessibili. In virtù di questi esempi ribadisco che l'agroecologia ha una base scientìfica ma in realtà ha anche un profondo significato politico, perché ha fortemente bisogno di un intervento politico: per realizzare una via agroecologica in America Latina prima c'è bisogno di una riforma agraria, di interventi pubblici nel mercato per proteggere i piccoli contadini o per garantue prezzi giusti per produttori e consumatori. Tutti questi aspetti sono imprescindibili e coinvolgono tanto la scienza quanto la politica» Ébl^ La mia scuola ^lr riconosce i saperi contadini come una scienza vera e propria con la dignità delle altre OECOLOGIA. LA DISCIPLINA ERI a CHE VALORIZZA TECNICHE E CONOSCENZsana, economicamente realizzabile e culturalmente sensibile H progetto ha senso grandi monoculutre "bio", estromettendo i piccoli CarloPetrlnie Miguel Altieri durante II loro colloquio In vista di Terra Madre Il grande incontro mondiale tra le comunità del cibo DIALOGHI SULLA TERRA Parlando di interventi politici, i contadini europei invece, ormai ridotti all'osso come numero e dall'età media sempre più alta, sono sopravvissuti e in alcuni casi si sono arricchiti grazie alle sovvenzioni pubbUche alla produzione. Oggi si sta sviluppando un nuovo ragionamento per cui non è più il caso di pagare i contributi a un 50Zo di contadini che lavora per produrre alimenti da vendere sottoprezzo al sud del mondo, ma quello di elargire delle sovvenzioni funzionali al ruolo sociale che i contadini possono avere. È giusto cercare di incentivare i giovani a ritomare in campagna e a realizzare piccole entità produttive che non si pongono in concorrenza con i paesi in via di sviluppo. Insistere sulla strada che ci ha condotto sin qui sarebbe fortemente cotraddìttorio: la politica del nord dovrebbe essere quella di preservare gli agricoltori come baluardo difensivo del territorio, del paesaggio rurale, di un certo modo di vivere in campagna, di una nuova ruralità, della qualità e specificità dei prodotti In quest'ottica le sovvenzioni sarebbero utili, perché forse è vero quello che lei sostiene: se lasciamo tutto al libero mercato non c'è più spazio per un'agricoltura sostenibile. «Sono aspetti differenti di uno stesso problema che ha assunto propondoni globali: la necessità di ridefinire il ruolo e i tipi di pratiche agricole. La necessità di una nuova agricoltura disegnata sulle diversità dei popoli e degli ambienti, secondo idee generali e comuni, con l'obiettivo finale della sostenibilità)» Per chiudere, la vostra scuola agroecologica rifiuta completamente l'idea di utilizzare gli ogm. È una posizione molto rigida." «Lo è perché gli ogm si accompagnano alle proprietà intellettuali, ai brevetti che non sono compatibili con l'agroecologia, la quale rivendica un molo fondamentale per le sementi tradizionali. Inoltre c'è il problema della libertà di scelta, non applicabile per le contaminazioni genetiche che si realizzano tra ogm e non ogm, e infine il punto chiave: l'ogm promuove ed è stato studiato per realizzare delle monoculture, un'idea lontanissima dal principio fondamentale di appoggiarsi a quanta più diversità possibile, visto il suo ruolo ecologico» Avete un osservatorio privilegiato, che non si muove soltanto nei meandri della scienza "ufficiale": avete novità sul! impatto degli ogm sulla salute umana?" «C'è una ricerca interessante sulle allergie e sull'obesità, che però non riguarda direttamente gli ogm Parte dal presupposto che gh ogm, con la loro iperproduttività monoculturale, servano a potenziare ulteriormente la nostra dieta a base di mais e soia Negli ultimi cinquantanni, la dieta annuale e, di conseguenza, quella umana sono state fortemente influenzate dal grande aumento di quantità di questi due prodotti. La ricerca in questione dimostra come questo cambiamento importante, che curiosamente pochi evidenziano, sia alla base dei problemi alimentari che stanno emergendo con forza negli ultimi anni. E un filone di ricerca nuovo, da seguire con attenzione: ecco un altro caso di come basti cambiare la prospettiva con cui si guarda ai problemi, e le domande che ci si pone, per ottenere dei risultati scientifici fuori dal coro. E in questo caso la tradizione non c'entra nulla!»

Persone citate: Cordoba, Miguel Altieri, Petrini, Professor Altieri