Idomeneo, amore per la rivoluzione

Idomeneo, amore per la rivoluzione L'OPERA DI MOZART IMPERVERSA NEI TEATRI Idomeneo, amore per la rivoluzione Paolo Gallarati FIRENZE Anna CaterinaLa passione mozartiana che attualmente dilaga nei teatri d'opera, sta portando alle stelle la fortuna di «Idomeneo»: Ginevra, Napoli, Firenze hanno presentato tre diverse edizioni in meno di un mese, e altre se ne annunciano, in Italia, per il prossimo autunno. Dietro questo interesse c'è, innanzi tutto, il desiderio di arricchire il repertorio delle stagioni liriche con un titolo mozartiano in più; ma anche, forse, l'attrazione per quest'opera sperimentale che rappresenta, insieme, il crollo dell'antico regime e il big-bang da cui nascerà il teatro musicale musicale moderno, con buona pace di chi ritiene Mozart un artista non-rivoluzionario. Le regie dell'«Idomeneo» che oggi vanno per la maggiore lasciano perdere l'apparato figurativo dell'opera seria settecentesca per puntare sulla modernità che significa, dramma, lacerazione, violenza, cupezza di presagi e senso plumbeo della catastrofe incombente; oltre a spostare l'azione in una dimensione astratta, senza tempo, che tenta di riflettere, più o meno bene, avvenimenti e sentimenti concreti. Così ha fatto Graham Vick nello spettacolo allestito per il Maggio Musicale con le scene e i costumi di Richard Hudson. Nella scena del naufragio, ad esempio, con i cori dei marinai in lotta contro le onde, fa arrampicare di corsa un gruppo di disperati su per il gigantesto scivolo bianco che chiude la scena, e lascia che rotolino, poi, sbracciandosi verso il basso: l'idea dell'uragano è resa di colpo. Così, nel coro beethoveniano di orrore per il re che dovrà sacrificare il figlio, basta una colata di nero su tutto quel candore per suggerire pestilenza e morte. L'«Idomeneo» ha i suoi picchi più alti nella rappresentazione del sublime terrifico e catastrofico, ma anche in alcuni squarci di intensissima analisi psicologica. Specialmente le donne ne sono gratificate, e soprattuto Illa, che costituisce il prototipo da cui nascerà la celestiale Contessa del Antonacci «Figaro», l'innocente, candida Pamina. Qui Veronica Cangemi le presta un canto ben tornito, anche se perfettibile, specie nelle colorature e nel chiaroscuro. Il suo costume è blu, un bell'abito da sera, ma il copricapo troppo strano: una cuffia con aureola di metallo, da farla assomighare a una santa. Lo è, certamente, perché si offre di morire al posto di Idamanle, ma lo comprendiamo da soli. Splendido, invece, il costume di Elettra, la rivale furente, impersonata da Anna Caterina Antonacci con uno stile di intensità callasiana: tutto nero, ha uno strascico che pare un soffio dell'inferno materializzalo sulla scena perché si tende, si alza, sventola, e alla fine l'avvolge in una specie di voluttà funebre e distruttrice. Da qualche tempo gli spettacoli di Vick sono così: costumi individuali molto belli - il manto rosso di Idomeneo e il completo bianco e rosso di suo figlio Idamante sono due punti-fiamma da mozzare il fiato - accanto a costumi collettivi troppo dimessi, se non sgradevoli, come, qui, la folla in abiti bianchi con copricapi da infermieri al lavoro. La regia è espressiva sul piano dei rapporti umani; meno evidente è, invece, l'eleganza dell'elemento decorativo alla francese cui Mozart si abbandona con voluttà nei cori festosi e nelle danze che qui appaiono più ginniche che coreografiche. Alti e bassi, insomma, in questo spettacolo come nell'esecuzione musicale: splendida Monica Baccelli nella parte nervosa e inquieta del principe Idamante; impari Bruce Ford alle esigenze tecniche di Idomeneo; magnifici i cori preparati da José Luis Basso. Il direttore Ivor Bolton impone all'Orchestra del Maggio quello stile tagliente, privo di sfumature, che è il difetto frequente dei complessi che suonano con gli strumenti originali. Inoltre, dirige con una secchezza metronomica che toglie respiro alle parti più nuove, soprattutto la seconda aria di Illa. Ma, indubbiamente, dà polso e nerbo al ritmo drammatico e di questo il pubblico gli è stato grato. Anna Caterina Antonacci

Luoghi citati: Firenze, Ginevra, Italia, Napoli