«Due voti per cacciare Berlusconi» di Luciano Borghesan

«Due voti per cacciare Berlusconi» PER IL SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA LE CONSULTAZIONI SUI GOVERNI LOCALI E SULL'EUROPA SERVIRANNO AL PAESE] «Due voti per cacciare Berlusconi» Bertinotti plaude ai movimenti Luciano Borghesan Per Fini «è il pifferaio magico» del centrosinistra, Per Berlusconi è «il vero leader». E' Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione e numero 1 della lista per la Circoscrizione Nord-Ovest alle Europee, «il comunista» che il centrodestra indica come il capo degli avversari. E gli organi di informazione vicini al presidente del Consiglio tambureggiano; l'ultimo Panorama titola «Ma quanto è Fausto quell'Ulivo». Lei, Bertinotti, come risponde a queste opinioni? «Non mi impressionano gli articoli con insulti e malvoJenze, e non mi faccio incantare da chi mi lusinga. Sono abitualo a restare impermeabile». Maldicenze anche da sinistra: l'ex compagno di Rifondazione, Marco Rizzo, sul magazine del Corsera, dice che lei non è neppure comunista. «Io leggo giornalisti autorevoli, ci sono altre cose che neppure mi arrivano. Che sia comunista lo testimoniano venticinque anni nel partito comunista e onnani una decina in Rii'ondazione». Non crede che le sue ripetute presenze nei programmi di Vespa e Costanzo facciano il gioco di Berlusconi? «Lei è un giornalista, ha dirillo di accesso ai dati, al monitoraggio che viene fatto sulle presenze dei politici. Stia tranquillo, vedrà che noi di Rifondazione siamo in debito». Scusi, ma ci crede quando la destra dice che lei è il leader carismatico del centrosinistra? «So che non è vero. C'è della strumentalizzazione. Che sia un leader che accende passioni, che riesce a destare attenzione si, ma sui contenuti è anche merito dei movimenti che li hanno sostenuti. I movimenti rappresentano la speranza di una stagione per la costruzione della nuova politica in Europa». Che cosa intende fare per il Vecchio Continente? «La questione centrale è la ricollocazione dell'Europa, ci vuole un ripensamento di fondo, un'idea di civiltà. L'Europa finora non è stata soggetto autonomo sullo scenario intemazionale». Qual è la malattia? «Per spiegarmi uso il titolo di un libro sulla sindacalizzazione; crescere declinando. L'Europa è cresciuta nella consistenza delle istituzioni, della sua area. E' declinata nella sua civiltà. Maastricht, ad esempio. L'Europa non è stata capace di far sentire la propria voce per fermare la politica di Bush. I segna- li nel mondo, ora, sono diversi. Da Seattle a Melfi una nuova generazione si è affacciala alla politica; si è accorta che il no alle conseguenze del neoliberismo si può trasformare in progetto e può vincere». I risultati elettorali avranno conseguenze in Italia? «Sono due consultazioni interessanti; governi locali ed Europa. Due dimensioni che si stringono e da cui può determinarsi un giudizio negativo su Berlusconi e sulla sua politica». Montanelli diceva che per diventarne inununi bisogna lasciarlo governare. Lei non è d'accordo? «Penso il contrario. Ci sono le condizioni per cacciare il governo Berlusconi prima della scadenza della legislatura». Le 35 ore sono ancora un obiettivo? «La quabtà della vita fa parte delle battaglie importanti dei lavoratori. In Francia, nella Germania unificata, da noi. Se c'è un incremento della produzione, la redditività può tornare in salario, con la riduzione oraria, con un sistema pensionistico attento al sociale». Torino, la sua città da sindacalista, avrà ancora un ruolo europeo? «Sta vivendo un periodo di tormentato cambiamento. E' alla fine di un lungo ciclo, la fine della produzione fordista è irreversibile. Non si intravede un progetto di città futura. Il discorso più promettente mi pare quello avviato dalla Fiom con la giornata del 10 giugno per impegnare la città sul destino di Mirafiori: la ricerca di sintonia per una comunità è un'opportunità, per i lavoratori, per il sistema economico e finanziario. Ormai da Terni a Melfi, a Scanzano ionico si vede che le scelte strategiche sul territorio devono essere fatte con le persone che lo abitano». Secondo il Polo è «il vero leader dell'Ulivo»: «Il centrodestra strumentalizza» Il Vecchio Continente? «Sia autonomo da Bush» Fausto Bertinotti al corteo del Primo Maggio a Torino