Il Parco della Musica saluta Luciano Berio di Giorgio Pestelli

Il Parco della Musica saluta Luciano Berio ROMA. ALL'ARTISTA SCOMPARSO UN ANNO FA SARÀ DEDICATA DOMANI LA CAVEA DELL'AUDITORIUM Il Parco della Musica saluta Luciano Berio Giorgio Pestelli ROMA Domani pomeriggio la cavea del nuovo Auditorium al Parco della Musica prenderà il nome di «Largo Luciano Bario»: un modo durevole per onorare il musicista a un anno dalla scomparsa nella città e nella sede dove ha lavorato fino alla fine. Nel corso dell'anno a Firenze, a Genova, a Torino e altrove rassegne e ricordi non sono mancati, ma sopra tutto considerevoli le manifestazioni all'estero, come a Parigi, con la presentazione di alcuni inediti, e a Londra che nel mese di aprile ha ospitato una retrospettiva di sue composizioni durata due settimane; ma in fondo Berio è sempre stato molto eseguito, non ci sono scoperte da rivendicare; e in generale si può dire, come per pochi musicisti contemporanei, che è stato «capito dal suo tempo», come attestano i riconoscimenti intemazionali lungo tutta la sua vita. Certo, estensione e profondità di questa comprensione sono tuttora un campo aperto; il calore comunicativo dell'uomo può aver dato l'impressione che la sua musica fosse facile, mentre invece è difficile, complessa, stratificata; nato vent'anni dopo Patrassi a Dallapiccola, Berio non è più risolvibile in un'«arte astratta», non si spiega con la sola struttura, perché la sua radici sono nell'avanguardia anni 1950, specialmente votata alla distruzione di ogni nozione linguistica; la poetica dei suoi asordi infatti supera l'idea della musica coma atto espressivo a divanta anche attività di conoscenza, di ricerca pura nell'universo sonoro: e oggi il grande problema critico su Berio è quello di vedere coma sia riuscito a liberarsi da quella avanguardia nella quale pure si ara tenacemente formato. Un'altra difficoltà è la sua capacità di trasformarsi, non par eclettismo ma par una curiosità illimitata di uomini a cose della vita; incarto è il confina fra invenzioni totali a rialaborazioni, di musiche sue o altrui; ambiguo, e quindi difficile, il suo rapporto con i generi musicali consacrati: ad esempio, si è parlato e si parla spesso di una «vocazione teatrale» di Berio, a la fitta serie di lavori, da «Passaggio», «Opera», «La vera storia», fino a «Un re in ascolto», «Outis», «Cronaca dal luogo», è lì atastimoniara la costanza dall'interesse; ma a patto di notare che si tratta di negazioni dell'opera tradizionale, liberazioni di una fantasia musicale pura, che alla drammaturgia di un tasto e di una scena chiedono solo uno stimolo da cui partire per mattarla subito fra parentesi (del resto, Berio ripeteva sempre che la fortuna del melodramma nal! Italia dell'Ottocento aveva tenuto il nostro linguaggio musicale indietro di un secolo rispetto alla altre nazioni). La prima sede decisiva dalla sua straordinaria avventura compositiva resta la Milano degli anni 1954-58, la Milano dallo Studio di fonologia della Rai, di Roberto Laydi, di Luigi Rognoni; all'influenza di Laydi (con lui e con Madama raahzzò nel '54 «Ritratto di una città. Studio per una rappresentazione radiofonica»). Bario dava la precoce cancellazione dalla differenza fra una musica alta e bassa, colta e popolare, di cui ancora oggi si sante parlare: la differenza non è tra alto e basso, ma tra autentico a falso. L'altro luogo capitala sono gli StatiUniti, dove lavorò fra il 1960 a il 72, insegnando e imparando nei più famosi istituti musicali, come la Julliard di New York; è curioso a significativo che di questa esperienza non parlasse molto; si capiva che dell' America (idealizzata dalla generazione precedente) ammirava la superba efficienza, ma non il sussiego e il contomo ufficiala, che lo infastidiva fino allo sgarbo, lui che amava i legami concreti, i rapporti a misura d'uomo. C'erano infatti due Berio, uno che girava il mondo a parlava tutte le lingua, un altro che stava fermo a ascoltava le sue voci interiori, veri tutti e due. Negli ultimi anni, al vertice del successo e con un mare di composizioni da mandare avanti, come Presidente dell'Accadamia di S. Cecilia a Roma s'imbarcò, con sorpresa di molti, in impégni e fatiche organizzativa: è stata la sua ultima battagha, vinta anche questa, per difendere il posto della musica nal tessuto della cultura e della società civile. Non si dimentica la sua battaglia per difendere il posto della musica nella società Aveva comunicativa ma la sua opera era difficile, complessa Luciano Berlo sarà ricordato domani a Roma. Oggi il grande problema critico su di lui è quello di vedere come sia riuscito a liberarsi da quella avanguardia nella quale pure si era tenacemente formato

Persone citate: Berio, Dallapiccola, Julliard, Luciano Berio, Luigi Rognoni