Sciopero dei magistrati Aderiscono due su tre

Sciopero dei magistrati Aderiscono due su tre ASSEMBLEA CON MARINI: GIUSTI I MOTIVI, MA FACCIAMO ANCHE AUTOCRITICA Sciopero dei magistrati Aderiscono due su tre Alberto Gaino Ha scioperato il 66 per cento dei magistrati piemontesi e valdostani, con maggiori adesioni fra i pubblici ministeri che non fra i giudicanti. La media è significativa, anche se inferiore alla partecipazione all'identica protesta del 2003 quando scioperarono sempre contro la riforma dell'ordinamento giudiziario, secondo le sedi giudiziarie, il 75-80 per cento dei magistrati del distretto di corte d'appello. Un successo inferiore alle attese che è stato rimarcato dall'intervento più applaudito all'assemblea di ieri mattina a Palazzo di giustizia. Quello del giudice Luigi Marini, l'unico torinese eletto nel ConsigUo superiore della magistratura: «Siamo in ritardo rispetto alle problematiche dell'attività giudiziaria che più colpiscono l'opinione pubblica: l'efficienza e la stessa efifettività dell'azione penale e civile». Processi celeri, certezza delle pene, cause decise con altrettanta rapidità. Marini incalza: «Nei paesi autoritari non c'è problema: la giustizia è sempre veloce, ma non è giusta perché manca il presupposto dell'indipendenza dei magistrati, tanto dei pm quanto dei giudici. Semmai, un secondo errore l'abbiamo commesso nel non sapere coniugare ancora una volta tempo tempo la necessità di efficienza con la qualità del nostro lavoro, che più è elevata meglio garantisce autonomia e indipendenza». «Detto ciò - conclude Marini - è stato importante scioperare contro questa riforma che non si pone affatto gli obiettivi di efficienza e qualità dell'attività giudiziaria e persegue un solo fine: guardare lontano e incidere, alternando la strategia del bastone e della carota, sulla cultura dei giudici per volerli più attenti alla carriera che non alle indagini e ai processi veri. Una riforma che introduce un meccanismo di selezione verso l'alto che premierà chi si dedicherà più ai concorsi che non al proprio lavoro. Dobbiamo più che mai rilanciare la sfida di una maggiore professionalità come l'altra faccia dell'indipendenza e creare noi gli anticorpi per una magistratura più democratica e libera». I magistrati torinesi sono a disagio nel ritrovarsi sotto il fuoco incrociato della pohtica che bolla il loro sciopero di llegittimità (il centro-destra) e li difende (il centro-sinistra). Hanno deciso un'azione così forte e inusuale come l'astensione e 100 di loro ricorda Franco Giordana, il presidente della sezione piemontese dell'Associazione nazionale magistrati - hanno comunque lavorato a tempo pieno pur scioperando: processi con detenuti, udienze con testimoni convocati da altre città, incombenze urgenti degli uffici. «Un segno distintivo - rimarca il procuratore generale Gian Carlo Caselli - di una scelta compiuta per richiamare l'attenzione generale su una riforma voluta perché l'attività giudiziaria sia eh un'utilità al potere pohtico». Gli fa eco il procuratore aggiunto Bruno Tinti: «Io ho scioperato perché il governo e la sua maggioranza hanno promosso dall'inizio della legislatura solo rifor- me ad personam della giustizia e con questo progettato ordinamento vogliono sottrarre la classe pohtica al controllo di legabtà e far passare l'idea che per avere ragione devi appoggiarti a chi è più potente». In sintonia sono gli avvocati presenti. Antonio Rossomando, presidente dell'Ordine forense: «Vorrei sottolineare la portata inquietante dell'inizio dell'azione penale che, con la riforma, non spetterà più al pm ma alla polizia giudiziaria». Sotto traccia il noto penalista pone il problema delle garanzie per gli stessi indagati e di un'attività giurisdizionale indipendente. Cosimo Palumbo, presidente della Camera penale, ne completa il pensiero sulla «terzietà» del giudice: «Noi avvocati ci battiamo per la separazione delle carriere fra pm e giudici in un quadro che riconosca l'autonomia e l'indipendenza di tutti i magistrati. Questa riforma sembra piuttosto voler punire i magistrati indipendenti». Si alza un anziano pm: «Me ne andrò in pensione prima di una riforma che sancisse la diseguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, non potendo più indagare sui reati commessi da uomini che di diverso hanno l'essere ricchi e potenti». Molti disagi ieri al Palagiustlzia per lo sciopero dei magistrati

Persone citate: Alberto Gaino, Antonio Rossomando, Bruno Tinti, Cosimo Palumbo, Franco Giordana, Gian Carlo Caselli, Luigi Marini