I prezzi record del petrolio mettono in allarme il G7 e l'Opec litiga sulle quote

I prezzi record del petrolio mettono in allarme il G7 e l'Opec litiga sulle quote CERTO IL PERICOLO DI UN IMPATTO NEGATIVO SULLA RIPRESA MONDIALE I prezzi record del petrolio mettono in allarme il G7 e l'Opec litiga sulle quote Rimandata ai 3 giugno ogni decisione per i richiesti aumenti di produzione L'Arabia Saudita è favorevole ed accentua il pressing sui partner del cartello Vanni Cornerò Uno spettro si aggira nei corridoi del Waldorf Astoria: quello del caro-petrolio. I livelli record dei prezzi del greggio sono stati discussi ieri sera dai ministri dell'Economia del G7, riuniti nel celebre albergo di New York; nella notte le indiscrezioni anticipavano cbe il testo ufficiale in cbiusura dell'incontro esprimerà oggi «preoccupazione» per il mercato del petrolio, che minaccia di compromettere la ripresa economica avviata in gran parte del mondo. Infatti tutte le stime, da quelle del Fondo monetario intemazionale a quelle dei governi nazionali, sono basate su un greggio a 29 dollari a barile, mentre le quotazioni attuali oscillano tra i 40 e i 41 dollari. Gran Bretagna, Francia e Germania insistono per un'iniziativa formale dei Sette Grandi e il segretario del Tesoro Usa, John Snow, è d'accordo su un'azione comune nei confronti dell'Opec per ottenere un aumento di produzione, ma ha anche ribadito che le riserve petrolifere americane non si toccano. Ed è proprio il punto delle riserve strategiche, come sottolinea un'analisi dell'agenzia Reuters, a dividere Europa e Stati Uniti: nel Vecchio Continente si è convinti che l'immissione sul mercato di una parte delle scorte Usa possa raffreddare i prezzi, mentre a Washington non si ritiene che questa possa essere una soluzione valida. Poco prima che i ministri del G7 si incontrassero a New York, i rappresentanti dei Paesi produttori di greggio aderenti all'Opec si erano riimiti ad Amsterdam per un incontro informale a margine del Forum intemazionale sull'energia. Sul tavolo c'era la proposta dell'Arabia Saudita di aumentare la produzione del Cartello petrolifero, ma ogni decisione in proposito è stata rimandata al vertice in calendario per il 3 giugno a Beirut. Comunque il ministro saudita Ali al-Naimi ha voluto far conoscere all'esterno i dettagli della sua posizione con un'intervista al giornale arabo al-Hayat in edicola oggi: ha detto che Riad chiede all'Opec di aumentare la produzione complessiva di greggio di 2,3-2,5 milioni di barili al giorno. «Questo potrebbe darci credibilità, e nessuno è in grado di aumentare la produzione in tale misura se non l'Arabia Saudita». Il minostro ha aggiunto che il suo Paese sarebbe già pronto ad aumentarla di 1,5 milioni di barili nel mese di giugno. Tuttavia il presidente indonesiano dell'Opec, Pumomo Yusgiantoro, ha voluto ancora una volta sottolineare come i recenti picchi delle quotazioni petrolifere non si possano addebitare ad errori dell'Opec né a quote inadeguate, ma alle tensioni geopolitiche, a pesanti speculazioni e ad ima strettinmia produzione di carburanti. Queste considerazioni sono state condivise dallo stesso direttore dell'Agenzia intemazionale per l'energia, Claude Mandil: «I grandi Paesi consumatori di petrolio hanno le loro responsabilità, vista la scarsa efficienza dei loro sistemi energetici e la limitata capacità di raffinazione - ha detto Mandil anche l'aumento della domanda è stato più forte del previsto e la percezione è che ci sarà un effetto ''collo di bottiglia" per molto tempo». Il presidente Yusgiantoro, ha comunque ribadito «l'impegno dell'Opec di fare tutto il possibile per garantire la stabilità dei mercati e un approvvigionamento adeguato per sostenere la crescita economica mondiale». Le dichiarazioni dei sauditi hanno irritato altri membri dell' Opec, che sono già al massimo della loro capacità di estrazione: più di tutti il Venezuela, che ha parlato di «posizione unilaterale saudita». Ma l'Arabia ha ottenuto due importanti consensi: quello dell'Iran, secondo produttore Opec, il cui ministro del petrolio ha detto di non avere obiezioni alla proposta saudita, e quello dell'Iraq, che ha reso noto di voler sostenere l'aumento dei tetti produttivi dell'Organizzazione (e ha colto l'occasione per far sapere che ricostituirà al più presto un suo ente di Stato a cui affidare le risorge petrolifere nazionali). Queste dichiarazioni sono state commentate con favore dal ministro dell'Energia Usa, Spencer Abraham, presente al forum di Amsterdam. «Per quanto riguarda gli acquirenti - ha aggiunto Abraham - ho sentito dai rappresentanti dei vari governi che sono preparati a ordini ulteriori di greggio al di sopra dei nove milioni di barili al giorno». Gli Usa ribadiscono di non voler toccare le riserve strategiche mentre l'Europa ne sollecita l'utilizza Pumomo YuSgiantoro, presidente Opec

Persone citate: Ali Al-naimi, Arabia, Claude Mandil, John Snow, Mandil, Spencer Abraham, Waldorf, Yusgiantoro