La scienza, valore e limiti di un sapere

La scienza, valore e limiti di un sapere FILOSOFIA La scienza, valore e limiti di un sapere tori? HE valore possiamo dare ai risultati della scienza? E' la «verità» l'obiettivo dei ricercaIn quale rapporto sta il sapere scientifico con gli altri saperi? Molti filosofi si sono poste queste domande. E pochi scienziati. Edoardo Boncinelli, fisico di fonnazione, poi biologo e genetista, fa eccezione. Il suo ultimo libro, «Il posto della scienza» (Mondadori, 178 pagine, 16 euro) offre una risposta ai tre interrogativi iniziali, aiutandoci a inquadrare in un contesto più ampio i traguardi raggiunti e gli obiettivi futuri descritti nell'articolo qui accanto. La scienza - dice Boncinelli si distingue dall'opinione ma non per questo diventa sinonimo di «conoscenza "vera", distinta da una conoscenza opinabile e soggettiva». Tutt'al più è «la migliore approssimazione possibile all'ideale di una conoscenza intersoggettiva», cioè condivisibile e condivisa da una comunità di persone. La scienza, nella cauta definizione di Boncinelli è «un'impresa collettiva, volta a cogliere gli aspetti riproducibili di un numero sempre maggiore di fenomeni naturali e a comunicarli attraverso il tempo e lo spazio in iorzna sinottica e internamente non contraddittoria, in modo da porre chiunque in condiziono di fare previsioni fondate». Dunque «la scienza non può fornire certezze assolute, non è in grado di dare un senso all'esistenza e non possiede ricette per la felicità degli individui o dei popoli»; inoltre «di per sé non è atta a migliorare la natura dei singoli esseri umani più di quanto non possa farlo qualsiasi altro elemento dell'avventura umana, come le arti, la letteratura o la filosofia.». Pur entro questi limiti, tuttavia, la scienza non è un pensiero debole, senza per questo aspirare ad essere un pensiero forte. La sua intersoggettività la scienza la conquista grazie al fatto di essere impresa collettiva, soggetta a continuo controllo, e quindi dotata in se stessa di anticorpi correttivi degli errori. La scienza, anzi, si contraddistingue proprio per essere un'attività umana che impara dagli errori. Che poi è un modo di vedere in positivo quel «principio di falsificazione» che il filosofo Karl Popper ha formulato in negativo (è scienza solo ciò che può essere falsificato da un esperimento, una teoria valida non è quella verificata ma quella non ancora falsificata). Boncinelli non si nasconde che appena si esce dall'accademia e ci si sporca le mani in laboratorio molti discorsi teorici sul metodo sperimentale, sulla riproducibilità degli esperimenti, sulla traduzione dei fenomeni in formule matematiche e così via diventano meno convincenti. Il procedere dell'evoluzione biologica e una buona parte | della cosmologia sono due esempi di come la scienza concreta sia più complessa e ricca di sfumature di quanto vorrebbero certi scientisti. Persino l'idea di esperimento richiede prudenza. E infatti Boncinelli introduce i concetti di misura, di incertezza della misura, di riduzionismo. E poi non esiste solo la razionalità. L'irrazionale probabilmente conta ancora di più. E la razionalità della scienza, è solo una particolare «razionahtà nella razionalità». Ma anche con queste ulteriori cautele, e sia pure a titolo provvisorio in attesa di una sempre possibile futura falsificazione, resiste il valore forte dell'intersoggettività della scienza: date certe condizioni sperimentali e un risultato riproducibile, su questo risultato la comunità scientifica conviene fino a prova contraria. Non è poco, rispetto a quanto avviene in politica, in filosofia, nelle arti. [pi. bia.j

Persone citate: Boncinelli, Edoardo Boncinelli, Karl Popper