Così Sbarbaro prese a morsi il cattivo tempo di Cecchi di Giuseppe Marcenaro
Così Sbarbaro prese a morsi il cattivo tempo di Cecchi CARTE SEGRETE Giuseppe Marcenaro Così Sbarbaro prese a morsi il cattivo tempo di Cecchi Lf annullo postale è chiarissimo: Firenze, 20 settembre 1938 - 15-16. Le due ultime cifre sono riferite all' ora in cui la cartolina fu presa in carico dalle Regie Poste per essere inoltrata. La cartolina raffigura la sala intema della Buca Lapi. Le firme, a lapis, sono tre: Elena, Eusebio, Millo. Fu Millo a compitare l'indirizzo della destinataria. Tre persone inviavano un affettuoso pensiero da Firenze a una comune amica. D compilator cortese della cartolina, si è già capito, era Camillo Sbarbaro; Elena sta per Elena Vivante che da Solala era arrivata a Firenze per incontrare Millo; Eusebio, è ovviamente Eugenio Montale. C'è un curioso corto circuito tra questa cartolina e un esemplare della seconda edizione de L'osteria del cattivo tempo di Emilio Cecchi, edita da Corbaccio nel 1935. È la copia che Sbarbaro recò con sé per leggere in viaggio, sul treno che lo portava a Firenze. Una pagine bianca del libro di Cecchi muta in un piccolo memoir: a lapis Millo aveva appuntato: "ore 9 '/z Paszkowski Elena". Il "Caffè Paszkowski" è proprio di fronte al "Caffè della Giubbe Rosse", il celeberrimo ritrovo dei letterati degh anni Trenta. Da Paszkowski Sbarbaro aveva incontrato per la prima volta Dino Campana. li attese Elena e insieme si recarono da Montale al Gabinetto Vieusseux. L'occasione fu propizia per la colazione alla Buca Lapi. Tutto potrebbe finire qui se Sbarbaro U "misfatto" non lo avesse già commesso. H libro di Cecchi per lui non fu soltanto un improprio taccuino, ma la palestra virtuosistica della chiosa. Infatti non c'è pagina di quel volumetto, ormai sbertucciato, che non abbia subito l'offensivadeU'impietoso lapis di Sbarbaro. Durante la lettura deve essersi sentito un po' come Norma la quale, nell'impeto della furia, pregustando "la vendetta", avverte l'annichilito Polhone: "In mia manalfintusei...". Nella mente di Sbarbaro, dal 1914, risuonavano ancora le perfide frasi di Cecchi mentre stroncava il suo Pianissimo sulla "Tribuna": "... par che goda a pungersi esibendo freddamente le miserie più intime; si sperde in un quasi demenziale aggomitolarsi di pensieri, bigi, uguali, in una solitudine bigia". Sul treno che lo porta a incontrare gh amici, legge e emenda. Il lapis come una spada. L"'estroso fanciullo", con un compiaciuto sorriso tra l'ironico e il beffardo scova gli scricchiolii sintattici e i celebri toscanismi dentro alla prosa d'arte della "sora Emilia". E gli becca ogni parola che disturbi il suo orecchio abituato aU'asciutezza della prosa classica, il suo culto per il greco e per il latino. Traccia punti di domanda, incide esclamativi, graffia con sottolineature perplesse e sarcastiche gh inciampi e le fantasie linguistiche del "sommo" Cecchi: "mummia incarbonita", "stampa pulverulenta", "foghe serpeggiato di arabeschi", "passa scalpitando lo stormo dei Centauri", "divagazioni umoresche", "prosa panneggiata", "impennacchiavano l'articolo", "comupoh dell'alta rettorica", "chiazzarsi di corruzione", "i suppositi delle contaminazioni erudite", "occupato a scrivere alla bocca d'una spelonca", "su un pratello, a un rezzo d'ahori", "opificio dello scrittore", "tasteggiavanla serva", "gambe accavalciate", "son contrario al calapranzi", "il mangiar soh è d'un gusto bramanico", "miscela per tenersi spurgati", "il volume degh Inni lo misero a calzatoja", "spedizione bravesca", "gittata di trascorso", "imprestava colori dal decadimento", "verminante di demoni e dei come unpohpajo", "nero erotismo sublimato", "gli occhiolini del topo che succhiellano", "diabolici mistagoghi", "volo carponi", "il gatto attaccato con gli ugnelli aUa tovaglia", "arricciolarsi sugli orli"... Sull'ultima pagina Sbarbaro pose.l'epitaffio all'impresa: "Per ricordare che morsi". gmarcenaro@Zibero.it Autoritratto (involontario) di Elena De Bosis Vivante Ca cura di C.Sbarbaro) edizione privata. Verona 1963
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