Prudenti i famigliari degli ostaggi italiani «Segno di speranza» di Pierangelo Sapegno

Prudenti i famigliari degli ostaggi italiani «Segno di speranza» LA REAZIONE DELLE FAMIGLIE STERO, AGLIANA E CUPERTINO Prudenti i famigliari degli ostaggi italiani «Segno di speranza» Tutti rispettano il silenzio richiesto dalla Farnesina per agevolare le trattative ma si lasciano scappare: si va nella direzione giusta Pierangelo Sapegno PRATO Quando la notizia che il corpo di Fabrizio Quattrocchi era stato consegnato alla Croce Rossa era già uscita da qualche ora, lanciata dalle agenzie di stampa, ripresa da televideo e raccontata dalle tv, Laura Cupertino, la cognata di Umberto, rispondeva con molto scetticismo al nostro collega Fulvio Milone che la stava chiamando al telefono per conoscere le reazioni della famiglia: «Ma siete proprio sicuri che sia di Quattrocchi?» Gliellianno detto alla Croce Rossa e agli Ulema. Perché non dovrebbe essere il suo? «Perché tante volte abbiamo ricevuto docce fredde in questa storia. Non ce lo siamo dimenticati». Allora, vuol dire che non ci crede? «No, non voglio dire questo. Però, finché non c'è una certezza, è inutile fare commenti, previsioni, qualsiasi cosa». Ma se fosse davvero il corpo di Fabrizio Quattrocchi? Per voi che cosa vorrebbe dire? «Se fosse davvero il suo, e adesso ancora non lo possiamo dire, per noi sarebbe una buona notizia, certo. Un passo avanti nella trattativa, è evidente. Ma non è questo il momento per dirlo, non ancora». Dalle altre parti dove stanno aspettando da lungo tempo ormai gli ostaggi itahani rapiti in Iraq dalle fantomatiche Brigate verdi di Maometto, a Cesenatico e a Prato, dove ci sono gli Stefio e gh Agliana, il tono non è molto diverso. E' quello della speranza costretta dall'obbligo del silenzio, imposto ormai da innumerevoli giorni: se viene ancora rispettato così fedelmente, vorrà dire che qualche risultato l'avrà dato. Come ha detto ieri Maurizio Scelli, il responsabile della Croce Rossa italiana in Iraq che avrebbe ricevuto nella sera di giovedì i resti del giovane genovese: «Credo che il silenzio abbia pagato e continui a pagare». Direttamente da Baghdad, forse non a caso. E con una chiosa, d'aggiunta, per chi insisteva a chiedergli informazioni: «Il silenzio è d'oro». Così anche a Cesenatico, Angelo Stefio, l'uomo della bandiera, il padre di Salvatore, quello che meno di tutti sembrava d'accordo sull'impegno del silenzio, all'inizio preferisce perfino non parlare. Erano stati i giornalisti a dirglielo, della salma di Quattrocchi che era stata restituita. All'inizio, Angelo Stefio aveva risposto così: «Nessun commento». Poi, aspettando la verifica, era rientrato in casa e su televideo aveva trovato la conferma della Croce Rossa. Allora, poche parole, quasi strappate: «Ora c'è la notizia di Scelli. Adesso possiamo sperare. Dopo tanti giorni di attesa senza notizie tranne quelle di Gino Strada, abbiamo un primo segno che forse si va verso una soluzione positiva di questa vicenda». Poi, un pensiero a Quattrocchi: «Ci metteremo in contatto con loro, ma non subito. Sicuramente più tardi. Adesso, lasciamogli un po' di tempo». Da Sammichele, in Puglia, stessa reticenza dei Cupertino: «Se è vero, è un segnale positivo. Ma prima di essere certi è megho non dire altro». Più chiaro di così. Da Prato, come sempre, Antonella Agliana ha riassunto la posizione di tutti. Semplicissimo. Una dichiarazione perla stampa, quasi un comunicato: «Se la notizia è vera, sono contenta per la famiglia Quat¬ trocchi. Per loro si chiude un capitolo di questa vicenda dolorosa. Perlomeno avranno una tomba dove portare dei fiori». E ima nota per tutti: «So quello che sento alla tv, nient'altro. E non voglio fare commenti, non voglio neppure dire se ci siano meno speranze o no. Io rimango fedele alla mia linea. Ovvero, parlare solo quando avrò notizie certe e ufficiah». Chiarissimo. Quello che bisognerebbe capire adesso è fino a quando durerà la consegna del silenzio da parte dei familiari, che forse continua già oltre i tempi immaginati. «Fino a quando i nostri cari non saranno liberati», dicono. Ma è davvero un evento imminente? La prima certezza è che le trattative continuano, anche dietro a questa cortina, e su questo ovviamente non c'erano mai stati dubbi di sorta. L'impressione comunque è che se non siamo proprio vicini a ima svolta, qualcosa di concreto sia successo in questi giorni e qualcosa magari sta pure per accadere. D'altro canto, lo stesso discorso di giovedì del premier Silvio Berlusconi alla Camera e al Senato, anche se non ha mai fatto cenno diretto alla vicenda degli ostaggi italiani prigionieri in Iraq, ha tenuto per loro un occhio di rigaurdo. Raccontano che per ore gli strateghi del governo abbiano valutato con tutte le attenzioni del caso l'impatto che il testo avrebbe potuto avere sulla sorte di Agliana, Cupertino e Stefio, i tre giovani in mano alle Brigate verdi di Maometto. E che per questo sarebbero pure intervenuti a ritoccarlo. Secondo «il Riformista», che ha cercato di scoprirne i retroscena, il più impegnato in quest'opera di revisione sarebbe stato Gianni Letta, che non a caso avrebbe fatto moltiplicare nel testo la parola «pace», ripetuta infatti più volte dal premier nei 26 minuti del suo intervento: «i nemici della pace hanno i giorni contati», «restiamo in Iraq per la pace», eccetera eccetera. Tanta attenzione non doveva essere campata per aria. Bisogna continuare così: silenzio e lavoro. Se i familiari se ne sono convinti forse più di tutti, ci sarà pure una ragione. ifjfjiiJI {^Jà t-aJLriiJI ^jJljajiJI yxdltul 3 plaib ami Umberto Cupertino, Salvatore Stefio e Maurizio Agliana nel video mandato in onda il 26 aprile da «Al Arabiya»