I parenti di Fabrizio: non abbiamo conferme di Marco Raffa

I parenti di Fabrizio: non abbiamo conferme I parenti di Fabrizio: non abbiamo conferme Hanno saputo della consegna del corpo da un giornalista di una televisione Marco Raffa GENOVA Un capello prelevato dal casco da motociclista di Fabrizio: per la famiglia Quattrocchi la speranza che i poveri resti consegnati in Iraq alla Croce Rossa siano quelli dello sfortunato giovane è legata a un frammento minutissimo, ma in grado di rivelare il codice genetico. Nella notte i campioni prelevati della salma, riportati in Italia da Maurizio Scelli, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana in Iraq, seno stati messi a confronto con il Dna del capello di Fabrizio, già da tempo a disposizione delle autorità militari italiane proprio in previsione di una riconsegna dei resti del giovane. Il capello infatti era stato prelevato dai carabinieri del Ris di Parma una settimana dopo la notizia del suo omicidio. Particolari forse macabri. ma purtroppo indispensabili se si vuole dare alla famiglia del body-guard genovese ucciso il 14 aprile la certezza che la salma riconsegnata dal consiglio degli ulema sia proprio quella del giovane. Dal primo pomeriggio di ieri, da quando si è sparsa la notizia che in Iraq la Croce Rossa aveva ricevuto in consegna resti umani, davanti alla palazzina di via Lagustena a Genova dove vive la sorella di Fabrizio Quattrocchi, Graziella, si era radunata una piccola folla di giornalisti e cineoperatori. Intorno alle 15, accompagnata dalla nipote Sara Bargi, era arrivata a casa della figlia la madre di Fabrizio, Agata Raimondo, 72 anni, che vive nel centro storico. Nelle scorse settimane le sue condizioni di salute, provate dall'improvvisa morte del figlio, sono ulteriormente peggiorate. Le due donne non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione: «Non abbiamo nessun commento da fare». Più tardi si è saputo che a dare alla famiglia la notizia della consegna del corpo alla Croce Rossa era stato il cronista di una tv che, visti i lanci di agenzia, si era messo in contatto con Graziella Quattrocchi; subito dopo la famiglia ha contattato la Farnesina senza però ricevere alcuna conferma. Evidentemente da Roma si era sarebbe preferito cercare una conferma dai riscontri autoptici per evitare di accendere speranze infondate nella famiglia. Per tutta la giornata il marciapiede davanti a casa Quattrocchi, a poche decine di metri dal pronto soccorso dell'ospedale San Martino, è stato «presidiato» dai giornalisti. Nessuno dei familiari, però, si è fatto vedere. E soltanto intorno alle 19 il silenzio è stato rotto da una voce maschile al citofono: «Non abbiamo conferme, non abbiamo nulla da dire». Qualche ora prima, davanti alla casa erano comparsi due amici e colleghi di Fabrizio uno dei quali, dalla corporatura massiccia, era stato fotografato il 15 aprile mentre «proteggeva» Davide, il fratello della vittima, dall'assalto dei giornalisti. L'altro bodyguard, muscoluso e di poche parole, si è avvicinato al gruppo dei cronisti per chiedere informazioni. «Siamo qui di passaggio, dobbiamo incontrare alcuni amici». Parlamentano per un paio di minuti al citofono con la famiglia, ma non vengono fatti salire. Si spostano nel vicino bar-latteria, forse per un caffè o forse per una telefonata senza orecchie indiscrete, poi si allontanano in auto. Ma prima di andarsene uno dei due rivela di aver saputo, da amici e colleghi rimasti in Iraq e che hanno notizie dalle ambasciate, «che al 90 per cento la salma consegnata è quella di Fabrizio».

Persone citate: Agata Raimondo, Fabrizio Quattrocchi, Graziella Quattrocchi, Maurizio Scelli, Quattrocchi, Sara Bargi

Luoghi citati: Genova, Iraq, Italia, Parma, Roma