SOYINKA la mia Africa in pasto ai dittatori di Claudio Gorlier

SOYINKA la mia Africa in pasto ai dittatori INCONTRO CON IL PREMIO NOBEL NIGERIANO. SABATO E STATO VITTIMA A LAGOS DI UNA CARICA DELLA POLIZIA, OGGI RICEVE A TORINO LA LAUREA «HONORIS CAUSA» SOYINKA la mia Africa in pasto ai dittatori Claudio Gorlier TORINO IL Continente Nero sotto il giogo di chi doveva liberarlo dall'ipoteca colonialista: ecco l'Africa di Wole Soyinka, il mio amico Wole Soyinka, settant'anni, incomparabile drammaturgo, romanziere, saggista nigeriano, Premio Nobel, venuto a Torino per ricevere oggi la laurea ad honorem. Sabato a Lagos lei è stato protagonista dì un episodio che ha messo in mostra il volto cupo della nuova Africa. Cosa è successo? «Avevamo organizzato una manifestazione regolarmente approvata dal governo per protestare contro 10 strangolamento della democrazia in Nigeria e dunque contro il presidente Obasanjo. Noti che le ultime elezioni politiche sono state rozzamente manipolate, e ora ci si avvia a una dittatura. Come esponente del Citizen Forum insieme a tre amici guidavo il corteo che si avviava al luogo prescelto per la manifestazione, assolutamente pacifica. 11 Citizen Forum comprende vari gruppi di pressione, dal movimento degli studenti ai sindacati, ai gruppi di politici di opposizione agli intellettuali; è politicamente, etnicamente trasversale». Quindi, anche sotto il profilo religioso? «Assolutamente. Anche se il virus del fondamentalismo si è diffuso in Nigeria, gli scontri etnico religiosi vengono sistematicamente fomentati dal potere e di conseguenza eterodiretti. Pensi che la città nigeriana di Jos veniva definita "centro ecumenico". Ora è un campo di battaglia». E dunque che cosa è accaduto? Abbiamo letto di cariche della polizia. «Sì, d'improvviso la polizia in assetto di guerra ha cominciato a caricare lanciando i lacrimogeni. Abbiamo cercato di spiegarci, ma non c'è stato niente da fare: ci hanno costretto a salire sui furgoni. Al comando di polizia i massimi responsabili hanno preso atto delle nostre ragioni, si sono scusati - capirai - e dopo un'ora ci hanno rilasciati, ma avevano ottenuto il loro scopo. Insisteremo». Ora lei ritorna al suo insegnamento all'Università di Las Vegas ma rimarrà tra i promotori del Forum. C'è speranza? «E' chiaro che terrò duro, sempre pronto a ricominciare. Ma di speranza ne vedo poca. Il futuro della Nigeria è cupo». Parliamo di altri Stati africani, per esempio lo Zimbabwe, l'Angola. Il presidente Mugabe dello Zimbabwe, un eroe della resistenza, si è davvero trasformato in dittatore? f^am Soldati bloccan «Temo proprio di sì. Viene fatto di constatare che soffre di una forma di pazzia, di onnipotenza. In Angola accade lo stesso fenomeno. Che dire? Molti dei capi di governo africani si sono trasformati in dittatori. A mio avviso sono letteralmente ubriachi di potere». Pare che il deposto presidente etiopico Menghistu sia rifugiato in Zimbabwe mentre il feroce Taylor della Liberia si trova in Nigeria. «Sì, è così. Si sussurra che Mengistu funga da consigliere della polizia segreta. Mi fa ridere. In quanto a Taylor si trova da qualche parte in Nigeria. Non verrà mai consegnato alle Nazioni Unite o a chi altri per una sorta di orgoglio africano che non tollera intrusioni. Ma vede, alla radice di tutto questo si colloca una storica, gratuita rivendicazione africanistica. Io ho coniato una parola per definirla, bàboonism, babuinismo». Invece la Sierra Leone sembra calma. «Direi di sì». E la Liberia? «Siamo a punto ed a capo». Kenya, Tanzania, Africa Meridionale? «In Kenya stanno ponendo rimedio ai guasti inferti da Arap Moi. La magistratura sta colpendo gli abusi. Tanzania, Ghana, gli Stati meridionali come lo Zambia, pur tra mille difficoltà, si muovono nella direzione giusta». L'ultima volta che ci siamo incontrati lei mi ha parlato con scetticismo delle Nazioni Unite e di Kofi Annan. «Che vuole che le dica. A parte l'ormai riconosciuto genocidio in Ruanda, ad Annan della Nigeria non è mai importato nulla. Tutto sommato ci si muove quando esiste un serio interesse». Su chi si può contare? «Su gruppi di pressione, intemazionali e interni, i quali sappiano e vogliano farsi sentire». Un tempo lei parlava di {(falsi deb), quelli occidentali dall'imperialismo al marxismo a quelli africani. Contano ancora molto? «No, ormai sono al tramonto. Tutti gli dei se ne vanno, e il missionarismo stesso perde significato». Ngugi wa Thiong'o lo scrittore keniota in esilio era un marxista, per un certo tempo un maoista, e ora? «Ora ci ha ripensato». Che cosa le suggerisce la sua esperienza americana, Bush, l'Iraq? «Francamente io il funzionamento della democrazia americana confesso che non l'ho ancora capito fino in fondo. Sono comunque dell'idea che non è esportabile, certo nominata dove di tutti abbiamo bisogno fuorché di politici di professione, a tempo pieno. Bush forse non aveva neppure vinto le elezioni. In quanto all'Iraq basta una parola soltanto: pazzia. Come uomo di teatro mi diverte la carriera politica degli attori da Reagan a Schwarzenegger». Molti anni orsono lei ha scritto un poemetto su Amleto, interpretato come una maschera dell'autoritarismo nigeriano. «Sì, davvero molti anni fa, ma il simbolo resiste: anche Amleto paga con la vita la sua "passione" e il suo "tormento" per usare due parole chiave di quella poesia. Il suo progetto». Lei più di ogni altro hai contribuito a far rivivere un genere teatrale che sembrava estinto, la tragedia. Si è ricollegato, lavorando su una matrice africana, agli elisabettiani e poi sempre più manifestamente ai greci. Penso alle sue Baccanti di Euripide. Ora so che ha presentato a Delfi una sua moderna Orestiade. La pubblicherà? «Ci sto ancora lavorando. Ma ha ragione: io trovo che la tragedia nella sua universalità non conosce né tempo né confini, si muove nello spazio e io tendo a ripossederla nella sua complessità». Domina, comunque il dio nigeriano Ogun. Lo ha inserito perfino nell'indirizzo della sua e-mail. «Naturalmente, mai tagliare il nodo ombelicale». «Un tempo avevamo falsi dei: non solo i nostri, ma anche l'imperialismo e il marxismo. Ora sono tutti al tramonto anzi se ne sono andati Anche il missionarismo ha perso significato» f^am Soldati bloccano una strada in Nigeria Lo scrittore Wole Soyinka ieri a Torino