Il banchiere che doveva diventare il Karzai iracheno di Paolo Mastrolilli

Il banchiere che doveva diventare il Karzai iracheno LA PARABOLA DEL MANCATO «UOMO DELLA PROVVIDENZA» PER IL PAESE OCCUPATO Il banchiere che doveva diventare il Karzai iracheno Coinvolto dalla Cia nella fallita rivolta del '95, riportato in patria nel 2003 subito dopo la caduta di Saddam personaggio Paolo Mastrolilli NEWYORK ERA il maggio del 1992 e i curdi nel Nord dell'Iraq stavano tenendo le elezioni. Massoud Barzani, capo del Partito democratico del Kurdistan, aveva organizzato un incontro con i giornalisti stranieri nel quartier generale di Salahuddin. Il suo giovane portavoce, Hoshyar Zebari, girava tra gli invitati insieme con un signore grassottello e pelato, e lo presentava come «uno che fareste meglio a conoscere, perché diventerà importante. Il suo nome è Ahmed Chalabi». Oggi Zebari è il ministro degli Esteri nel governo provvisorio iracheno, ma il sogno di Chalabi di diventare il suo capo si è infranto ieri, quando i soldati americani hanno rotto i vetri della sua reggia di Baghdad. Ahmed era nato proprio nella capitale,, anno 1945, da una ricca famiglia sciita di banchieri che ave¬ va contato nel governo, fino all'avvento di Saddam. Nel 1956, come tutti i rampolli benestanti, aveva lasciato l'Iraq per studiare all'estero. Si era laureato in matematica alla University of Chicago e al Mit, e nel 1977 era andato a Beirut per insegnare all'American University. In quello stesso anno era tornato al business di famiglia e aveva fondato in Giordania la Petra Bank, con l'aiuto del fratello di re Hussein, il principe Hassan. Nel giro di 24 mesi la sua banca era diventata la seconda del Paese, introducendo servizi come le carte di credito, i bancomat, e aprendo filiali in Cisgiordania. Qualcosa però non aveva funzionato in questa fulminante ascesa, e nel 1989 la Petra era fallita. Sulla bancarotta esistono versioni contrastanti. I tribunali giordani hanno attribuito la colpa a Chalabi, accusato di essere scappato con 60 milioni di dollari, e nel 1992 lo hanno condannato a 22 anni di carcere con lavori forzati. Lui, invece, sostiene di essere stato incastrato da Saddam perché aveva infiltrato i sistemi di finanziamento intemazionale del regime iracheno, tipo la sede Bnl di Atlanta. Quindi Baghdad aveva imposto ad Amman di mandare i carri armati a chiudere la Petra Ban\, e Ahmed era riuscito a scappare perché il principe Hassan gli aveva messo a disposizione la sua macchina. . Chalabi era fuggito a Londra e si era buttato in politica. Pochi mesi dopo la visita a Salahuddin era stato nominato presidente dell'Iraq! National Congress (Ine), l'ombrello dell' opposizione irachena all'estero. Dalla Gran Bretagna aveva cominciato a fare propaganda, viaggiando spesso negli Stati Uniti. Il Segretario di Stato di Bush padre, Baker, non lo aveva mai visto di buon occhio, ma Ahmed aveva stretto solidi rapporti con persone che poi gli sarebbero tornate molto utili, come l'allora capo del Pentagono Dick Cheney e il gruppo dei futuri neoconservatori stretti intomo a Richard Perle, Paul Wolfowitz e Douglas Feith. Clinton, forse per mancanza di alternative, lo aveva preso sul serio, e nel 1995 la Cia lo aveva aiutato a organizzare una rivolta che partendo dal Nord doveva rovesciare Saddam. All'ultimo momento, però, gli agenti americani si era tirati indietro: Chalabi era scappato dall'Iraq, i suoi uomini a Erbil erano stati decimati, e il rapporto con la Cia si era incrinato. Eppure, quando nel 1998 il Congresso aveva approvato l'Iraq Liberation Art, l'Ine aveva ricevuto circa 100 milioni di dollari per riprovare a destabilizzare il regime. Ma la vera svolta per Ahmed era arrivata con la vittoria di Bush figlio, nel 2000. I suoi sostenitori erano andati al potere, soprattutto al Pentagono, e dopo l'I 1 settembre lui era diventato la principale fonte delle informazioni sulle armi di Saddam usate per giustificare la guerra. Caduto il regime, Chalabi era stato il primo esiliato riportato dai militari Usa in Iraq, nella speranza che diventasse il Karzai di Baghdad, per costruire una democrazia in pace con Israele. Il Pentagono gli aveva assegnato uno stipendio di 335.000 dollari al mese per fornire notizie di intelligence. Poco alla volta, però, il rapporto si è incrinato. Le sue notizie si sono rivelate spesso false, nel Paese non ha sostegno, e la Cia e il Dipartimento di Stato sospettano che faccia il doppio gioco per favorire gli sciiti iraniani. Lui ha cominciato a criticare l'inviato dell'Onu Brahimi, su cui invece punta Washington, perché è un sunnita vicino ai sauditi, e ha detto che la sovranità consiste nel controllo del petrolio. A metà maggio anche il Pentagono ha dovuto mollarlo, tagliandogli i fondi, e la parabola di Ahmed si è conclusa col raid di ieri. Vissuto tra America e Gran Bretagna da quando aveva 11 anni è ricercato in Giordania per bancarotta. Sue le informazioni sulle armi di distruzione di massa