La classe operaia va in fondazione

La classe operaia va in fondazione DOMANI L'ISTITUTO DI RICERCHE INTITOLATO A GIANGIACOMO FELTRINELLI FESTEGGIA I TRENT'ANNI DI ATTIVITÀ' La classe operaia va in fondazione Brunella Giovara MILANO UN uomo in grisaglia, la catena dell'orologio che attraversa il panciotto, i gemelli d'oro ai polsini della camicia. Un uomo elegante, un gran borghese della grande Milano degh anni del boom quale è Giangiacomo Feltrinelli, in quella mattina del 25 marzo 1961. Cristallizzato in ima foto che celebra il consolidarsi di un suo grande progetto: la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che allora si chiamava ancora Istituto e prima ancora - semplicemente BibUoteca. Un luogo di eccellenza della cultura contemporanea, una delle sue migliori idee. Di quegli inizi racconta bene un'infonnativa segreta datata addirittura aprile 1951, diretta al capo della Polizia: «Nel campo delle varie attività del Pei, vi è da inserire quella del noto industriale comunista Gian Giacomo Feltrinelli, abitante in piazza San Babila 4, e che è costituita dall'iniziativa, già a buon punto, per attirare dei giovani di tutti i ceti e desiderosi di cultura in una biblioteca che porta appunto il nome del predetto Feltrinelli, con sede in imo stabile di proprietà dello stesso almeno così è stato assicurato sito in via Domenico Scarlatti 26». Una «piccola università marxista» luogo d'incontro di «giovani fanatici comunisti» che vengono preparati intellettualmente e anche dal punto di vista «squadristico», spiega ai suoi superiori l'anonimo (e sinceramente preoccupato) informatore. Squadrismo a parte, non aveva tutti i torti. Quella che stava nascendo era davvero una specie di università molto speciale, che sarebbe cresciuta lungo cinquant'anni: domani si celebra il trentennale della Fondazione Feltrinelli con un convegno a Milano (cui partecipano il ministro per i Beni culturali Giuliano Urbani e il sindaco Gabriele Albertim) e si sarebbe attestata nel tempo come uno dei più importanti centri intemazionali di documentazione e di ricerca nell'ambito della ricerca storico-sociale contemporanea. Così, quel giorno del '61,1'«industriale comunista» Feltrinelli, nonché editore del Dottor Zivago, leggeva il suo discorso alla presenza del senatore Bosco, ministro della Pubblica istruzione, e solo per colpa di un impegno urgente era assente Palmiro Togliatti, al quale era stata riservata una sedia in prima fila. La BibUoteca era ormai una realtà solida, come testimoniavano le visite del presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che talvolta si poteva incontrare mentre esaminava i materiali del già formidabile archivio Feltrinelli, seduto al banco consultazione. L'idea iniziale nasceva nella Resistenza, spiegava l'editore in quel suo discorso. Da «quel fenomeno storico nel quale erano fluite e dal quale defluivano fortificate ed agguerrite le migliori forze politiche e intellettuali del nostro paese e dell'Europa intera». Dapprima solo per «raccoghere... e preservare dalla dispersione e dalla distruzione una quantità di prezioso materiale storico e documentario: testimonianza di quei tempi difficili. E dall'altro storicamente fondare l'esegesi politica e filosofica di quel punto nodale della nostra storia, di quella svolta che salvò i popoli e le coscienze dal fascismo». In fondo, quell'idea «era semplice», spiega Carlo Feltrinelli, figlio di Giangiacomo e attuale presidente della Fondazione, in un capitolo del suo Senior Service («una storia di famiglia, la storia più speciale che conosco»). «Non è possibile studiare il movimento operaio se prima non si realizza un grande lavoro per raccogheme le fonti, i materiali, la documentazione. Il pensiero che guarda avanti non può prescindere dalla memoria, che è tensione perpetua. Bisogna ricostruire una tradizione che nazismo, fascismo e guerra hanno reciso». E' un gran lavoro, è «la cosa da fare». Feltrinelli raduna un gruppetto di collaboratori, il primo dei quali è Giuseppe Del Bo. Poi ci sono Franco Della Feruta, Gastone Bollino, Franco Ferri, Gianni Bosio (fondatore della rivistaMondo Operaio). Il personale amministrativo e di segreteria, i fattorini e gli archivisti, vengono quasi tutti scelti tra i militanti di Sesto San Giovanni, la «Stalingrado d'Italia». Feltrinelli compra e fa comprare tutto quello che riesce a trovare in Italia e in Europa. I suoi setacciano le librerie antiquarie e gli archivi privati, e così cominciano ad arrivare a Milano le prime importanti acquisizioni sul Risorgimento e sul socialismo. Lo stesso Feltrinelli racconterà poi ad un giornalista tedesco l'entusiasmo di quella volta in cui, in «una Germania ancora in macerie e ceneri» - cioè nel 1948 - «scoprii la segnalazione che a Osnabriick si trovava un esemplare della prima edizione de II manifesto del partito comunista... Con il professor Del Bo partimmo subito... Da un lato desideravamo quasi protrarre l'emozione di quell'attesa, dall'altro c'era la paura che qualcuno arrivasse prima di noi».I due arrivano all'appuntamento, e aspettano. Uno sconosciuto si avvicina alla loro macchina e domanda se «per caso, non eravamo degh amici del libro da collezione». Come no, e infatti finiscono in una soffitta polvcnsa, con due enormi scaffali. «Il primo conteneva la più vasta biblioteca di letteratura socialista che avessi avuto modo di vedere: articoli di Trotzski, atti processuali, circolari di partito, manifesti e risoluzioni. Comprai tutto per 40 mila marchi». Feltrinelli è emozionato, non perde di vista «il tesoro» fino a quando le trenta scatole non sono al sicuro a Milano. L'unico cruccio è la perdita di un altro grandissimo affare: «Il secondo scaffale era di estremo interesse, conteneva la più preziosa raccolta di letteratura erotica che io abbia mai visto». Da allora ad oggi, a quella Fondazione già prevista dallo stesso Feltrinelli (lo scrisse nel testamento ritrovato dopo la morte, avvenuta il 14 marzo 1972 mentre cercava di far saltare un traliccio deh'alta tensione a Segrate), nella sede di via Romagnosi 3 sona confluiti rane prime edizioni (ì'Encyclopédie, l'Utopia di Moro, il Contratto sociale di Rousseau...), e trecentomila volumi, 30 mila periodici, e carteggi, opuscoli, e oggetti unici, come la bandiera rossa della Comune di Parigi. Ma basta leggere il catalogo delle ultime acquisizioni per capire che quella «tensione perpetua» di cui Giangiacomo Feltrinelli parlava nel 1961 è sempre alta. Titoli sul G8 e sulla guerra in Iraq, sulla questione palestinese e sulle ultime campagne elettorali in Italia (ma anche l'edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce, e molti nuovi studi sulla realtà dei gulag staliniani in collaborazione con l'associazione russa Memorial che faticosamente ne ricostruisce la memoria). E' l'ultima frontiera della Fondazione (lo studio del presente e del contemporaneo, seguendo i nuovi scenari geopolitici ed economici via via che si formano, focalizzando sui movimenti sociali contemporanei). Un lavoro «in progress», e sempre quel punto fisso del «pensiero che guarda avanti, e che non può prescindere dalla memoria». Inventato come l'università della sinistra è storia d'una passione ideologica e bibliografica Un luogo per specialisti Il personale di segreteria proveniva dalle fabbriche di Sesto San Giovanni Nacquein realtà nel'51 come biblioteca Fra i suoi frequentatori c'era anche Luigi Einaudi all'epoca presidente della Repubblica L'editore Giangiacomo Feltrinelli: la sua Fondazione è un'università molto speciale, ricchissima di documenti nell'ambito della ricerca storico-sociale contemporanea