Scandalo scommesse, coinvolti altri calciatori di Fulvio Milone

Scandalo scommesse, coinvolti altri calciatori NAPOLI, SEQUESTRATE NELLE ABITAZIONI DEGLI ATLETI ALCUNE RICEVUTE DELLE GIOCATE Scandalo scommesse, coinvolti altri calciatori Matarrese: «Non è possibile che siano solo cinque». I pm: troppa omertà Fulvio Milone corrispondente da NAPOLI Nessuno sapeva, nessuno si è mai accorto di niente. Calciatori, allenatori e dirigenti delle società sfilano davanti ai carabinieri incaricati dai magistrati napoletani di raccogliere le testimonianze per l'inchiesta sullo scandalo delle partite «aggiustate» nell'ultimo campionato di serie A, B e C. E dicono di non aver capito, di non aver mai sentito odore di bruciato. Possibile che tutti fossero all'oscuro di quella che i sostituti procuratori della Dda Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice definiscono «un'articolatissima organizzazione costituita fra persone anche non tesserate, con lo scopo di condizionare preventivamente alcuni risultati di incontri di calcio perchè sia possibile scommettere»? Gli inquirenti stentano a crederlo, e diffidano di quei silenzi che rendono le indagini molto più difficili di quanto potrebbero essere. E lanciano una sorta di appello. Dicono Narducci e Beatrice: «E' ora che il mondo del calcio collabori, basta con l'omertà». Un'omertà che, si fa notare negh ambienti investigativi, è forse più forte di quella die protegge la camorra. Dunque nessuno sa niente o ha notato qualcosa di strano nelle sette partite che, sospettano i pm, sarebbero state truccate da almeno cinque calciatori (Generoso Rossi/Roberto D'Avérsa e Nicola Ventola del Siena, Salvatore Ambrosino del Grosseto e Vincenzo Onorato ex della Juve Stabia) per poi giocarsi a colpo sicuro i risultati. Non se ne sono accorti gli altri giocatori, né gli allenatori, né fanno notare gli inquirenti - gli ispettori della Federcalcio che assistevano agli incontri per verificarne la regolarità: la stessa Federcalcio che, ieri, ha fatto il primo passo per far luce sulla vicenda, inviando a Napoh alcuni rappresentanti dell'ufficio indagini per incontrare i magistrati titolari dell'inchiesta; Beatrice e Narducci si sono resi disponibili per collaborare con i giudici sportivi. Un fatto é certo: 'indagine della Procura napoletana é destinata ad allargarsi, e molto. Ne é convinto anche il vicepresidente della Lega Calcio Antonio Matarrese, che ieri ha detto: «Cinque giocatori, da soli, non possono condizionare tanti risultati e partite». E lo pensano anche gli stessi magistrati, che tentano di dare nomi e volti ad altri calciatori, sembra alcune decine. Chissà se il silenzio caratterizzerà anche gli interrogatori dei rappresentanti delle dodici società coinvolte nell'inchiesta, che saranno ascoltati nei prossimi giorni come testi in procura. I magistrati voghono verificare in particolare quanto c'è di vero in una delle telefonate intercettate dai carabinieri: quella in cui Generoso Rossi, a proposito dell'incontro ChievoSiena, dice a Salvatore Ambrosino che «società e società sono andate a parlare». Ma i magistrati, per ora, stanno esaminando le carte sequestrate dai carabinieri che l'altro giorno hanno perquisito anche le abitazioni di calciatori, faccendieri e presunti camorristi coinvolti in questa brutta storia. Fra agende, block notes, floppy disc e ed rom sono stati trovati anche appunti di gioca¬ te non solo legali (effettuate presso i punti Snai o attraverso Internet), ma anche illegali, passate cioè attraverso il circuito da sempre gestito dalla malavita campana del toto nero. Puntate «pesanti», che in alcuni casi supererebbero i cinquemila euro e riguarderebbero anche il «filotto» di cinque partite disputate il 18 marzo scorso: incontri «aggiustati», come si evince secondo l'accusa da una telefonata intercettata fra l'ex portiere del Siena Generoso Rossi e il suo compagno di squadra Roberto D'Avérsa. Resta da capire fino in fondo l'esatta natura dei rapporti che sarebbero intercorsi fra i calciatori indagati per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva e tre personaggi legati secondo i magistrati alla camorra: Giacomo Cavalcanti, Antonio Di Dio e Luigi Perone. In questa vicenda, fanno capire gli inquirenti, il ruolo della camorra potrebbe non essere cen¬ trale. In altre parole, la mala campana non avrebbe messo in piedi l'organizzazione specializzata neh' aggiustamento delle partite, ma sarebbe subentrata a cose fatte, sfruttando un meccanismo già collaudato dai calciatori finiti sotto inchiesta. I contatti con gli atleti sarebbero stati garantiti da Antonio Di Dio, indicato dai magistrati come referente di Giacomo Cavalcanti, camorrista della vecchia guardia (dice di essere uscito da tempo dal mondo del crimine) residente a Verona, dove gestisce una società che commercia in schede telefoniche. Di Dio avrebbe stretto rapporti con Generoso Rosso anche attraverso un suo nipote, Angelo Mazzella Di Bosco, anch'egh indagato dalla procura di Napoh. Di certo c'è che, fra le tante telefonate intercettate dai carabinieri, ce n'è anche una fra l'ex portiere del Siena e Mazzella Di Bosco. I carabinieri sequestrano una serie di documenti nella sede del Siena

Luoghi citati: Napoli, Verona