I soldati sotto accusa «Eseguivamo ordini» di P. Mas.

I soldati sotto accusa «Eseguivamo ordini» I soldati sotto accusa «Eseguivamo ordini» NEW YORK CAPRI espiatori, sacrificati dai superiori. La linea di difesa che sta emergendo dalle parole dei sette soldati incriminati per le torture di Abu Ghraib, dai loro avvocati, dai loro parenti, e dal generale Janis Karpinski che li comandava, punta verso i vertici del Pentagono. Antonio Taguba ieri ha detto alla Commissione Forze Annate che non ha trovato ordini precisi per gh abusi, ma influenze e pressioni sui soldati. Il problema resta capire chi le aveva fatte, e fino a quale livello del-Pentagono erano conosciute ed accettate. La Karpinski, parlando con il Washington Post, ha dichiarato di considerarsi un «capro espiatorio», offerto in pasto dai suoi superiori: «I miei coUeghi mi hanno trattato come una lebbrosa. Siccome sono ima riservista, gh ufficiali di carriera hanno deciso che ero spendibile». Il rapporto Taguba l'accusa di essere stata emotiva nella gestione dei suoi uomini: «Se non diventi emotivo quando parli dei soldati con cui hai servito per un anno - ha risposto lei - vuole dire che qualcosa in te non funziona bene». Il documento, poi, le rimprovera di aver perso il controllo della disciplina e di aver lasciato i suoi uomini liberi di fare quello che volevano, senza mai riportare gh abusi. La Karpinski si è difesa dicendo che da settembre in poi l'intelligence militare aveva ottenuto la gestione di alcune sezioni del carcere di Abu Ghraib, dove sono avvenute le torture, e lei non ci metteva più piede. Poi ha aggiunto che aveva accettato questa situazione, per supplire ad una mancanza cronica di personale nella prigione sovrappopolata: «Non so quante volte dei generah che portavano più stelle di me hanno risposto cosi alle mie richieste per più uomini e mezzi: 'Karpinski, arrangiati tu in qualche maniera'». Quando lo scandalo è scoppiato, lei è diventata l'agnello sacrificale più ovvio: «Io penso che i superiori mi stavano incastrando da tempo. Alla fine, si potrebbe scoprire che il rapporto Taguba era sbaghato. Gh alti ufficiali non si preoccupano se la mia reputazione viene macchiata e nel processo mi distruggono, perché io sono spendibile. Ero una riservista e loro sono quelli in carriera». Se la Karpinski facesse i nomi dei superiori che accusa, lo scandalo prenderebbe una nuova piega, puntando ai vertici del Pentagono. Ma anche lei, alla fine, scarica le colpe soprattutto sui sottoposti: «Se fossi stata a conoscenza degh abusi e avessi chiuso gh occhi, sarei responsabile. Ma io non sapevo nulla. I soldati non condividevano con me queste informazioni». I sette militari incriminati, però, rispediscono le accuse ai superiori. Il primo a finire davanti alla corte marziale, il 19 maggio, sarà Jeremy Sivits, ma sua padre Daniel ha rivelato che era stato addestrato solo come meccanico, non guardia carceraria: «Gh hanno detto di fare ima foto e lui ha obbedito. Stava solo seguendo le istruzioni ricevute». La stessa giustificazione data da Tenie England, madre della soldatessa Lynndie, che forse è diventata la faccia più famosa dello scandalo: «Lei faceva pratiche d'ufficio. Obbediva agh ordini e andava nelle celle solo per visitare dei colleghi». L'avvocato della England, Giorgio Ra'Shadd, è ancora più duro: «E' offensivo che i generah e il segretario alla Difesa si nascondano dietro ad una contandina ventenne della West Virginia che vive in una roulotte. Siccome mancava il personale, hanno preso soldati che non avevano la minima idea di come lavorasse una guardia carceraria, e h hanno spostati laggiù». Lynndie è un militare semphee: prende ordini anche dai caporali. Ma quando convocherò in tribunale gh uomini della Cia, dell'intelligence militare e del dipartimento di Stato, loro si nasconderanno». In un'intervisa col Washington Post, anche Sabrina Harman ha accusato i superiori e in particolare i civili dei servizi segreti: «Loro d portavano i prigiomeri già ammanettati e stabilivano le regole. L'ordine era far vedere l'inferno ai detenuti, affinché parlassero negli interrogatori». La famiglia di Ivan «Chip» Frederick ha addirittura creato un sito internet per difenderlo, e il padre ha lanciato questo avvertimento: «Sarò molto deluso se il popolo americano non si alzerà in piedi, per protestare contro il trattamento di questi poveri soldatini», [p. mas.]

Luoghi citati: New York, West Virginia