Violenza, 9 anni al capo del branco

Violenza, 9 anni al capo del branco CINQUE A PROCESSO (UNO E LATITANTE) PER LE SEVIZIE SU UNA VENTINOVENNE Violenza, 9 anni al capo del branco La vittima riconosce e fa condannare anche i tre complici Alberto Caino Li ha descritti minuziosamente, identificati in fotografia e poi di persona, e li ha inchiodati nel corso dell'«incidente probatorio» che ha anticipato il processo con rito abbreviato e lo stesso esito, visto com'andata: il giudice Roberto Arata ha condannato a 9 anni di carcere lon Marius Andrei, il capo del branco che ha violentato la ragazza la notte fra il 1 "maggio e il 2 maggio di un anno fa in uno stabilimento industriale abbandonato di corso Mortara. Stessa pena per Dorel Sirbu. Un anno di meno per Florin Mircea. Solo su Claudio Florinel Cucos Daniela è stata incerta: «Non sono sicura che lui ci fosse». Assolto. Un quinto uomo, Nicolae Dan Spoialà, è invece latitante e verrà processato a parte. La formula del rito processuale prevede lo sconto automatico di un terzo della pena (premio per incentivare la scelta degli imputati per arrivare in tempi stretti alla sentenza). Ciò comporta che il giudice sia «partito» da pene superiori ai 13 anni per la notte di violenze sessuali, atti disadismo e botte a volontà subite dalla ventinovenne romena. Guido Savio è l'avvocato di parte civile che ha rappresentato Daniela al processo. Ieri, dopo la sentenza, le ha telefonato per informarla. Lei ha ringraziato, poi si è nuovamente chiusa nel silenzio cui si è consegnata dopo l'immane sforzo di fissare nella memoria ogni possibile dettaglio dello stupro di gruppo, così come delle facce dei suoi violentatori, dei modi di ciascuno, degli insulti che alcuni le hanno vomitato addosso mentre la violentavano e picchiavano, dei discorsetti che qualcuno di loro le ha invece sussurrato per giustificarsi. «Me l'ha ordinato lon». Il pm Paolo Cappelli è categorico: «E' stato compiuto un massacro sul corpo di una donna che aveva appena rifiutato di prostituirsi per Ù gruppo». La punizione stabilita da lon, il capo, è stata meticolosa: piccolo, minuto, ha deciso l'ordine e le modalità dello stupro collettivo durato molte ore. Poi, ha fissato la sua firma spegnendo una sigaretta su un seno della donna. Uno dei suoi uomini ha completato lo sfregio tagliando con una lama l'altro capezzolo. Con il ritomo dell'alba nell'ex fabbrica popolata di ombre di vite umane rintanatesi ciascuna nei propri angoli, il più lontano possibile dalle urla di Daniela, l'epilogo grottesco: «Ti riaccompagniamo noi al bar, poUesti fare brutti incontri a quest'ora». Così il branco è salito con la sua vittima sul primo autobus del mattino. Andrei e i suoi amici sbandati hanno lasciato Daniela davanti al bar Ravera di corso Giulio Cesare dove, la sera prima, una connazionale di nome Mariana l'aveva consegnata loro: «Ti puoi fidare di questi ragazzi, sanno dove si può dormire». Mariana l'aveva ospitata in casa di un italiano le tre precedenti notti. Daniela era arrivata in Italia da due settimane e a Torino nei giorni seguenti: Mariana era stata il suo primo contatto in città. Un connazionale l'ha raccolta in mezzo alla strada piangente e portata in ospedale. Dopo le prime cure, la denuncia: un tenace ispettore di polizia, Carla Demegasso, ha intuito che il branco frequentasse le case di carità di Porta Palazzo (Cottolengo, Sermig...) dove per avere un aiuto si deve lasciare la fotocopia dei propri documenti. Ne ha raccolte più di 2000 e le ha fatte visionare a Daniela. La donna ha ceduto solo dopo aver inchiodato i suoi aguzzini e adesso cerca se stessa in una comunità. Il branco si è difeso sostenendo che era tutto vero ma che erano stati altri a violentarla. E ha messo in difficoltà i propri avvocati (Fabrizio Bernardi, Walter Campini, Mirta Ivaldi). Andrei, Sirbu, Mircea e l'assolto Cucos (difeso da Tiziana Squizzato) erano così sicuri di averla sfangata che avevano continuato a vivere come prima: stesso bar, stesso dormitorio, e là vennero presi. La violenza fu consumata in uno stabilimento industriale abbandonato in corso Mortara: nella sentenza si legge che la giovane fu anche picchiata e vittima di atti di sadismo Si tratta di una delle più alte condanne inflitte per questo genere di reati con il rito abbreviato

Luoghi citati: Italia, Processo, Torino