Com'è fredda la fine del mondo di Simonetta Robiony

Com'è fredda la fine del mondo «THE DAY AFTER TOMORROW», FILM CATASTROFICO DI EMMERICH IN USCITA MONDIALE A FINE MAGGIO Com'è fredda la fine del mondo «L'ecologia fa pensare, ma che spettacolo» Simonetta Robiony ROMA La calotta polare dà segni di cedimento, un climatologo lancia inascoltato l'allarme mentre chicchi di grandine grossi come un ananas flagellano Tokyo, Nuova Delhi finisce sotto la neve, Los Angeles viene devastata dai tomadi, sulle Hawai si abbattono violentissimi uragani. ETinizio di una nuova glaciazione e l'inizio di «The day after tomorrow», film catastrofico di Roland Emmerich, il regista di «Independence day», in uscita per la Century Fox il 28 maggio in tutto il mondo. Secondo la teoria scientifica cui è ispirato, il riscaldamento del globo terrestre produrrebbe un'immissione di acqua dolce e fredda nel mare che muterebbe il corso delle correnti di acqua calda, prima di tutte quella del Golfo, provocando un rapido abbassamento delle temperature nell'emisfero settentrionale con spaventosi catachsmi e migrazioni di interi popoli. Gh Stati Uniti e New York ne uscirebbero a pezzi. Accolto ancor prima di andare in sala da un rapporto della Nasa voluto dal presidente Bush che finisce per dargli ragione, sponsorizzato da Future Forests, l'associazione che si batte per la riduzione dell'anidride carbonica, presentato presso l'Assessorato alle politiche ambientali di Roma in una cornice idilliaca di piante e prati verdi che induce alla speranza, è interpretato da Dennis Quaid nei panni del climatologo intuitivo e Jake Gyllenhaal in quelli di suo figlio, uno studente rifugiato con altri, a New York, nella bibhoteca pubblica per sfuggire all'inondazione e al gelo. Sela Ward è la madre, un medico che non si arrende, Emy Rossum è la compagna di scuola di cui il ragazzo è innamorato, lan Holm imo scienziato scozzese. Tutti sono buonissimi. Perfino l'ottuso vicepresidente alla fine si dichiara pentito: una cosa che un pohtico non farebbe mai ma, dice il regista, in un film di fantascienza un particolare fantascientifico era necessario. Gh attori, comunque, contano poco. E' il grido d'allarme sorretto da un grandioso uso di effetti speciali, che impressiona e colpisce. Non è un caso che per la promozione europea siano arrivati solo il regista Emmerich, il produttore Mark Gordon, lo sce¬ neggiatore Jeffrey Nachmanoff. Come dire: sarà pure un film catastrofico, però è una cosa seria. Ed Emmerich, che sta lavorando a un progetto su Shakespeare per evitare gli effetti speciali, lo ripete con chiarezza. Il rapporto del Pentagono sull'incubo clima dice che l'uomo e le sue fabbriche non hanno niente a che vedere con una eventuale, nuova era glaciale: siete d'accordo? «Nient'affatto. Ma che il presidente Bush, prima dell'uscita del film, abbia voluto la pubblicazio¬ ne di questo rapporto della Nasa ci ha fatto molto comodo: è pubblicità gratuita. Il film l'abbiamo voluto perchè ci pareva che di questo tema la gente, si occupasse poco e male laddove è il più allarmante per la nostra sopravvivenza. Nessuno ci ha fatto pressioni perchè non lo girassimo, ma il governo americano ha nei confronti dell'argomento un atteggiamento ondivago: un giorno ordina a quelli della Nasa di non commentare la nostra pellicola, un altro di farlo. E' come sulle armi di distruzione di massa in Iraq: Bush ha le idee confuse». Gli Usa non hanno firmato il trattato di Kyoto per lo sviluppo compatibile: come verrà accolto il film da voi? «Sarà una stagione estiva assai competitiva: molti sequel e molti fumetti. E' probabile che ci sia spazio anche per un film, spettacolare come il nostro, capace di suscitare qualche pensiero. L'importante è che grazie al nostro film i mutamenti climatici di questi ultimi anni siano entrati nella campagna elettorale. Noi stiamo zitti. ma gli altri parlano di noi». Cosa ha provocato il suo interesse per la climatologia? «Ho letto un libro, "L'arrivo della supertempesta", che propone ipotesi scientifiche. Si parla di una prossima glaciazione resa più vecce dal surriscaldamento della terra provocato dagli uomini, ma si parla anche del mutamento pohtico che questa catastrofe potrebbe provocare. Gh Stati Uniti, per esempio, dovrebbero chiedere asilo al Messico con le conseguenze del caso. E questo è uno degh aspetti più interessanti della fac¬ cenda. Certo, già da prima seguivo la questione ecologica. Sono un tedesco che ha sempre votato per i Verdi e i miei genitori, oggi anziani, mi parlano spesso di come le stagioni siano cambiate. Noi stessi mentre facevano il film abbiamo registrato fenomeni preoccupanti: grandinate in Cina, inondazioni estive in Europa, Itaha compresa, uragani negli Stati Uniti. E qualcosa l'abbiamo sperimentato direttamente: durante le riprese a Montreal abbiamo avuto l'inverno più freddo della storia canadese». Una scena dello spettacolare «The day after tomorrow»