L'industria e lo sviluppo economico
L'industria e lo sviluppo economico L'industria e lo sviluppo economico LA mostra multimediale «saper fare» è, per certi aspetti, una sorta di poema omerico o comunque una sequenza di affreschi: il «demiurgo», ovvero quello che correntemente si definisce il curatore dell'allestimento ai Magazzini dell'Abbondanza, antico deposito di cibo conservato o conservabile della Repubblica di Genova (nei pressi infatti c'è la «Porta Siberia», ovvero, dal dialetto, «porta cibaria»), è un genovese trapiantato a Torino, dove ha una cattedra all'Università, ovvero il professore Paride Rugafiori. Da tempo specializzato nella storia econòmica genovese dell'ultimo secolo e mezzo, il professor Rugafiori ha spiegato il suo punto storico di partenza, ovvero l'azione di politica economica di Cavour, all'inizio degli anni Cinquanta del XIX secolo: «Lo statista piemontese è pronto a sostenere l'attività di un ancor fragile ceto imprenditoriale che trasformi Genova in un grande centro reticolare di comunicazioni e di traffici, dalla sohda connotazione produttiva industriale e commerciale. Un avvio non facile e per nulla scontato, tra resistenze e miopie strategiche, in un mercato di modeste dimensioni e percorso da una robusta concorrenza straniera». Dopo l'unità d'Italia, osserva il professor Rugafiori, nell'ultimo quarto del XIX secolo si costituì un sistema solido fondato «su grandi imprese di beni strumentali e sull' interdipendenze tra armamento e cantieristica navale, tra meccanica pesante e siderurgia». Questo è il fenomeno che trasformerà Genova sul piano urbanistico, sul piano sociale e persino, in parte, nella sua antropologia. Inutile scorrere la storia politico-industriale-economica della città sino alla fine del XX secolo: resta un complesso circuito trasporto e sistema industriale-finanziario-commerciale con spunti innovativi e complicate riconversioni. Resta il fatto di una cultura industriale in senso lato (anche profondamente democratica) da rendere in chiave multimediale. Non a caso, il professor Rugafiori ha tirato fuori il ricorso d'una singolare lettura poetica, quella della celebre «Litama» di Giorgio Caproni (altro genovese d'adozione) per trovare un ritmo ascensionale e capace di aprirsi come un telescopio, un microscopio o un grandangolo ai visitatori per sfruttare tutte le possibili geometrie euclidee e non euclidee. Quella singolare antropologia è dunque il «saper fare». C'è poi, come spiega ancora il professor Rugafiori, un passaggio in più: con la mostra si vuole rimuovere, si spera in via definitiva, il luogo comune d'una Genova prigioniera delle incrostazioni di una produzione obsoleta, alle prese con la sequenza infinita dei processi di riconversione. Invece in ogni fotogramma e nel messaggio subliminale si sottolinea che la vecchia antropologia, proprio per le sue peculiarità, ha in sé i germi d'una trasformazione positiva e d'un futuro diverso e più affascinante. Una rivoluzione che non rinnega il passato.
Persone citate: Cavour, Giorgio Caproni, Paride Rugafiori, Rugafiori
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