LINGOTTO, GIOIELLO DA METABOLIZZARE di Claudio Gorlier
LINGOTTO, GIOIELLO DA METABOLIZZARE LA VECCHIA FABBRICA E I TORINESI LINGOTTO, GIOIELLO DA METABOLIZZARE Claudio Gorlier LINGOTTO sì. Lingotto no, Lingotto ma. Badate, non sono quello che i francesi chiamano spiritosamente «sbullonatore di gloria». Il Lingotto, che ha compiuto gloriosamente ottant'anni nel 2003, è un'icona, un complesso di cui andare fieri da quando entrò in servizio come fabbrica di automobili Fiat, edificio di avanguardia, ammirato, tra gh altri, dal grande Le Corbusier. Ne ero affascinato già da bambino, quando compii il mio primo pellegrinaggio, fino alla vertiginosa pista ai confini del cielo. Detto questo, non si può negare che, nella sua attuale incarnazione, non tutti i torinesi lo hanno completamente metabolizzato, salvo che in determinate occasioni. Una è, sicuramente, la Fiera del Libro, apertasi giovedì nella sua versione 2004. Teniamocela stretta. Con il sapiente capitano Rolando Picchioni in plancia e il creativo Emesto Ferrerò al timone, la Fiera merita tutta la reputazione che si è conquistata. Visto che mi piace sostenere la parte deh'avvocato del diavolo, scontata l'ammirazione e la partecipazione, mi E' probabile che il festival del cinema torni dal Pathé al centro storico permetterò di augurare alla Fiera un poco più di peperoncino, spezia che prediligo. Un mio amico malizioso, al quale lascio la responsabilità, scherzando sul titolo del giustamente fortunato libro di Ferrerò sull'Imperatore, mi ha detto: «Speriamo che la Fiera non diventi troppo napoleonica». Comunque, trovo insieme lodevole e significativo il progetto di allungare progressivamente i propri tentacoli - se mi passate l'espressione - ai quartieri, proprio per uscire dalla roccaforte. Un altro amico dalla lingua forcuta sostiene che il Lingotto «è come un condominio». Il quale rischia, in attesa appunto del rilancio che certo la metropolitana favorirà, di non valorizzare quanto merita, tanto per fare un altro caso, la inarrivabile pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, una autentica perla, temo frequentata meno di quanto meriterebbe. Meglio varmo le cose, immagino, per lo splendido Auditorium anche se più d'uno attende con gioia la riapertura di quello Rai di via Rossini. Un altro nodo da sciogliere riguarda il Torino Film Festival, di cui mi trattengo qui dal tessere gli elogi, poiché ne sono, per motivi - credetemi puramente anagrafici, il vicepresidente. Parlo, dunque, da privato cittadino, per rammentare che il trasferimento al Lingotto continua a suscitare perplessità, rimpianti, critiche. Molti affezionati io vorrebbero in centro, nonostante l'indubbio successo delle ultime edizioni, ospitate al meglio grazie alla Pathé, cui va reso merito. Il ritorno in centro, mi ha confidato l'assessore Fiorenzo Alfieri, suona reazionario, ma rimane ima questione sul tappeto e va affrontata. Voci e sussurri sostengono che nel 2005 il Festival troverà posto di nuovo in centro, grazie, tra l'altro al meritorio rilancio del Lux. Quest'anno, chissà? Vedrete, e non traditelo. Lingotto sì. Lingotto no, Lingotto ma. Evitiamo che cada in letargo tra ima manifestazione e l'altra. E' probabile che il festival del cinema torni dal Pathé al centro storico
Persone citate: Fiorenzo Alfieri, La Vecchia, Le Corbusier, Marella Agnelli, Rolando Picchioni
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