Anche l'Opera è multietnica di Sandro Cappelletto

Anche l'Opera è multietnica L'ATTIVITÀ DELLA MONNAIE DI BRUXELLES Anche l'Opera è multietnica Direttore giapponese, sovrintendente belga capo artistico italiano, un arabo alla sicurezza Sandro Cappelletto BRUXELLES Produce molto, riflette moltissimo sul senso presente e sul futuro possibile di un teatro d'opera; recupera i grandi titoli del passato, non trascura il repertorio tradizionale, è punto di riferimento per molti compositori, coreografi, registi di oggi. Al Théatre de la Monnaie lavorano 460 dipendenti, di 30 diverse nazionalità. Il sovrintendente è belga, il direttore principale è giapponese, il responsabile artistico italiano, quello della sicurezza arabo. Tra fine aprile e primi di maggio l'offerta era notevole: recite in forma di concerto, con buon cast dei «Masnadieri» di Giuseppe Verdi, recital di lieder e arie d'opera, prima rappresentazione integrale in forma scenica dell'«Eliogabalo», capolavoro di musica e di scandalo politico-erotico del compositore del Seicento italiano Francesco Cavalli, diretto da René Jacobs, specialista di quel repertorio; prima belga di «Wolf», uno spettacolo - davvero taro per qualità ed arditezza - di danza, musica e canto. Infine, Kazushi Ono, il quarantenne maestro giapponese, dirigeva un concerto sinfonico, alternandolo alle prove dell'imminente «Tannhàusen) di Wagner. In autunno, Ono lavorerà con l'orchestra Rai di Torino e la Verdi di Milano. «Abbiamo aperto il nostro teatro per un concerto di musica nordafricana e la comunità di quei Paesi, numerosa in città è entrata per la prima volta alla Monnaie. Non è demagogia e naturalmente non è ima rinuncia al nostro specifico: è un modo di dire che ascoltiamo quello che succede nel mondo e qui a Bruxelles: siamo il teatro della città)), ragiona Bernard Focroulle, cinquatenne, sovrintendente. E' un apprezzato organista, il suo contratto scade nel 2009, nessuno lo incalza, ma lui sta pensando di tornare a Bach e Frescobaldi. La Monnaie dipende per il 70 per cento da contributo pubbhco, il resto delle entrate proviene dal pubbhco, dagli sponsor, dalle tournée intemazionali, che sono in aumento. «Si dice sempre che il primo problema dei nostri teatri sono i soldi: quando sento i miei colleghi italiani, me lo ripetono in continuazione. Non è vero: il primo problema è la visione culturale che hai. In Europa manca una consapevolezza diffusa del iuoIo della cultura, dell'investimento eccezionale che può rappresentare un futuro creativo democratico, non sottomesso alle regole del consumismo. Credo che in tanti teatri ci sia troppo denaro male investito». Zigzagando tra i cinque piani della Monnaie - i laboratori, gh uffici, le persone che lo fanno vivere - l'impressione è che sia diffuso l'orgoglio di lavorare per un teatro abituato ad essere protagonista: gh accade dai tempi di Gerard Mortier, il sovrintendente che, alla metà degli anni '80, lo fece conoscere ovunque, prima di lasciare Bruxelles per il Festival di Salisburgo. Qui si è fatto le ossa - e bene: ce ne siamo accorti la settimana scorsa quando a Roma ha diretto Haydn, Koàaty e Strauss - Antonio Pappano, che dal 2005 diventerà direttore principale dell'Orchestra di Santa Cecilia, la principale formazione sinfonica del nostro Paese. Da meno di un anno, «ammini¬ stratore artistico» del teatro è Valerio Tura, attivo prima al Comunale di Bologna: «Rispetto ai teatri italiani, le relazioni sindacah sono più distese, la consapevolezza del contesto artistico intemazionale maggiore». La prima reazione, quasi istintiva, quando ci sono problemi di bilancio - è ancora l'opinione di Focroulle - è rinunciare ai nuovi progetti. E' un errore,, significa allontanarsi dalla discussione contemporanea, dalle provocazioni e proposte dei giovani artisti. Dobbiamo invece creare una équipe capace di pensare e lavorare insieme». Esattamente un lavoro di equipe è «Wolf» in scena in ima grande sala dei vecchi mercati generali, nel cuore del quartiere turco della città. Pensato per il festival della Ruhr del 2003, firmato per la coreografia da Alain Platel e da Sylvain Cambreling per la parte musicale, che propone fedelmente insieme liberamente pagine vocali e strumentali di Mozart, wolf significa lupo, ma si può leggere anche come diminutivo di Wolfgang. Protagonisti, assieme ai musicisti del Klangf orum di Vienna e la compagnia di danza di Platel, tre cantanti (anche la nostra, bravissima Marina Comparato) e una muta di cani sempre in scena. Eliogabalo invece, nella regia di Vincent Boussard, racconta il regno e la morte dell'imperatore, prìncipe dei dissoluti, monarca transessuale. Don Giovanni all'ombra del Campidoglio. La musica di Cavalli possiede una straordinaria forza teatrale, che la compagnia di canto ha resto al megho. Una immagine del teatro della Monnaie dì Bruxelles