«Venticinque morti nelle prigioni dell'orrore» di Maurizio Molinari

«Venticinque morti nelle prigioni dell'orrore» LA COMMISSIONE D'INCHIESTA DEL SENATO: «EPISODI ANALOGHI ANCHE IN AFGHANISTAN» «Venticinque morti nelle prigioni dell'orrore» Nuove ammissioni dei militari americani Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON Le foto delle torture inflitte ai detenuti iracheni nella prigione di Abu Ghraib sono solo la punta di un iceberg: gli episodi sotto inchiesta sono almeno 35 e hanno portato alla morte di 25 prigionieri in Iraq ed Afghanistan. L'ammissione è stata fatta alla commissione Forze Annate del Senato che ha ascoltato a porte chiuse alcuni alti ufficiah militari sullo scandalo degh abusi. «Vi sono stati degh incidenti simili anche in Afghanistan» ha dichiarato al termine dell'udienza il senatore John Warner, presidente della commissione, secondo cui «si tratta di fatti in numero limitato». Gh ufficiah hanno ammesso che oltre agli abusi di Abu Ghraib ve ne sono «altri» in questo momento sotto inchiesta, avvenuti in Afghanistan ed in Iraq e scoperti con inchieste condotte negh ultimi cinque mesi. Per Warner «siamo alle prese con il più serio problema di disciplina». Il senatore del Massachusetts Edward Kennedy aggiunge: «Questo è solo l'inizio, non la fine dello scandalo». Il Senato unisce la sua inchiesta alle altre cinque già aperte sugli episodi di violenza e sadismo avvenuti ad Abu Ghraib, e si avvia a convocare il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld affinché deponga pubblicamente su quanto avvenuto. «Su questa vicenda dobbiamo essere limpidi - chiede il senatore democratico del Michigan, Cari Lèvin dobbiamo assicurare il mondo che l'America è una società aperta, dove questi atti vengono trattati come atti criminali e come violazioni del codice militare». Rumsfeld ha affrontato la tempesta che incombe presentandosi di fronte ai cronisti del Pentagono per negare di aver cercato di coprire lo scandalo: «Il primo rapporto su Abu Ghraib fu ricevuto il 13 gennaio ed il 14 iniziò l'inchiesta». Rumsfeld assicura che si tratta di «episodi limitati», promette di «arrivare fino in fondo» e condanna gh abusi perpetrati come «fatti vergognosi, non-americani che rappresentano il contrario di tutto ciò in cui noi crediamo». «Tutti i responsabili saranno puniti - assicura il generale George Casey, vicecapo di Stato Maggiore dell'Esercito - quanto si vede in quehe foto è il collasso della disciplina». Ma i dettagli che continuano a emergere sono destinati a cau¬ sare crescente imbarazzo al Pentagono e nell'amministrazione. Guy Womack, avvocato di uno dei militari di servizio ad Abu Ghraib, afferma che le foto «vennero fatte di proposito per obbligare i prigionieri a collaborare», non fu un eccesso ma «si trattò di ima manipolazione psicologica sotto la supervisione degh ufficiah dell'intelligence e della Già» e dunque «i soldati si limitarono solo a eseguire gh ordini ricevuti». Il primo degh indiziati è il generale Geoffrey Miller, già responsabile del centro di detenzione di Guantanamo, che venne assegnato ad Abu Ghraib per occuparsi con un proprio team di ufficiah di seguire gh interrogatori dei detenuti iracheni. Il timore della Casa Bianca è che la bufera getti discredito sulle forze armate e quindi indebohsca il prestigio del presidente, che formalmente ne è coman¬ dante in capo. I democratici vanno all'attacco è con il senatore Levin chiedono di sapere «cosa il presidente ha saputo e quando lo ha saputo». Il consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, per ora si limita a dire che George Bush «si aspetta dal ministro della Difesa la punizione dei responsabili e l'assicurazione che non si tratta di prassi usate in maniera sistematica». Colin Powell, Segretario di Stato, si dice «preoccupato per l'impatto delle foto nel mondo» ovvero per possibili danni diplomatici durante le trattative sulla nuova risoluzione alle Nazioni Unite. Nel tentativo di placare le proteste il Pentagono ha annunciato che i prigionieri non saranno più incappucciati e da Abu Ghraib sono stati liberati ieri 240 detenuti mentre il Dipartimento di Stato ha rinviato la pubblicazione del rapporto annuale sui diritti umani «per evitare di sembrare ipocriti», come un funzionario ha ammesso. A Londra invece la polemica è sulla presunta falsificazione delle foto-scadalo pubblicate dal tabloid «Daily Mirror». «La nostra priorità è stabilire se siano vere o meno» ha dichiarato il sottosegretario alla Difesa Adam Ingram ai Comuni. In Francia la tv via cavo «Canal Plus» ha trasmesso le immagini dell'uccisione di tre iracheni da parte di un eheottero americano, avvenuta il 1 dicembre. Nel nastro di tre minuti, di cui la tv Abc aveva già dato notizia, si sentono le voci del comandante e del mitragliere, con il primo che chiede al secondo di «fare fuoco» sul terzo iracheno che, rimasto ferito, cercava protezione sotto un camion. I a rùramìrlA rlol rlicnnnr A Un 9ruPP0 di detenuti, nudi e incappucciati, disposti a piramide. La piiallliae (USI UlaUIIUie Sul corpo di uno di loro è stato scritto un insulto in inglese. Dietro, in posa per la foto-ricordo con le braccia conserte e il sorriso ammiccante, due soldati americani. «Abbiamo un alto tasso di successo con il nostro sistema di rompere la loro resistenza nello spazio di ore», ha scritto un sergente alla sua famiglia Ammazzato di botte Un detenuto, che non ha retto alle torture degli interrogatori, è stato avviluppato in una borsa coperta di ghiaccio ed è rimasto per due giorni nella doccia. 1 prigionieri venivano tenuti nudi anche per tre giorni di fila in celle di un metro per un metro. «Non mi importa se devono dormire in piedi. Fai come ti ordino» avrebbe detto un superiore al sergente perplesso per i suoi ordini E la soldatessa rideva.. «Goliardate, scherzi da ragazzi»: così la mamma della soldatessa di questa foto - che, con la sigaretta che le pende all'angolo della bocca, mima un colpo di fucile all'altezza dell'inguine dei prigionieri - ha giustificato le gesta della figlia. I detenuti sono nudi, con la testa incappucciata, esposti allo sguardo «sacrilego» di una donna. La peggiore delle offese, per uomini arabi