Un rapporto militare arrivò già a febbraio «Laggiù è un inferno» di Paolo Mastrolilli

Un rapporto militare arrivò già a febbraio «Laggiù è un inferno» IL GENERALE TAGUBA DESCRISSE LE TORTURE SISTEMATICHE Un rapporto militare arrivò già a febbraio «Laggiù è un inferno» Paolo Mastrolilli NEW YORK Già nel febbraio scorso, il rapporto scritto dal generale Antonio Taguba - e completato, secondo il Pentagono, lo scorso 3 marzo - aveva avvertito i capi del Pentagono che i poliziotti militari del carcere di Abu Ghraib avevano abitudini criminali: «Rompere le lampadine chimiche e versare il liquido fosforico sui detenuti; rovesciare acqua gelata sui prigionieri nudi; bastonarli con una manico di scopa e una sedia; minacciare gli uomini di stupro; consentire a un guardia di mettere i punti alla ferita di un prigioniero, che si era tagliato quando lo avevano sbattuto contro il muro della sua cella; sodomizzare un detenuto con una lampadina chimica e forse con un bastone di scopa; usare i cani militari per terrorizzare e iTvxVrcLidiTe 1 ■prigionieri con minacce di attacco, e in un caso anche farli mordere». Questo sarebbe dovuto bastare a provocare l'intervento dei leader militari, non solo a Baghdad ma anche a Washington, eppure ancora domenica scorsa il capo degli Stati Maggiori Riuniti, Richard Myers, ha ammesso di non sapere quanto fossero diffusi gli abusi dei suoi uomini nelle prigioni irachene, perché non aveva letto il rapporto. Il generale Taguba era stato incaricato di visitare Abu Ghraib dopo che un'altra inchiesta, condotta nell' autunno scorso dal generale Donald Ryder, aveva denunciato potenziali violazioni dei diritti umani. Ryder aveva consegnato il suo resoconto al generale Ricardo Sanchez il 5 novembre scorso, avvertendo che i poliziotti militari erano stati istigati dai colleghi dell'intelligence a «creare condizioni favorevoli per gli interrogatori». L'ufficiale aveva scritto che questa era una violazione delle procedure, ma poi aveva aggiu/nto che la situazione non aveva ancora raggiunto il punto di crisi. Quando Taguba era tornato a verificare le denunce, però, aveva scoperto che «in realtà gli abusi sistematici di cui aveva parlato il rapporto Ryder continuavano proprio mentre lui conduceva la sua missione». Nessuno era intervenuto per farli terminare. «Al contrario di quanto ha scritto Ryder - si leggeva nel documento di Taguba - io ho scoperto che il personale assegnato alla 372ma compagnia della BOOma Brigata di Polizia Militare aveva ricevuto l'incarico di cambiare le procedure, allo scopo di creare le condizioni per gli interrogatori dell'intelligence militare». Quindi il rapporto citava le testimonianze dei soldati Sabrina Karman, Javal Davis e Ivan Frederick: «Quelli dell'intelligence volevano che i prigionieri parlassero. Dicevano: assicuratevi che passino una brutta nottata. Abbiamo visto cose moralmente discutibili, ma siccome l'ala del carcere dove avvenivano apparteneva all'intelligence, pensavamo ctie loro avessero altre regole. Ci facevano i complimenti perché poi i prigionieri parlavano, dando buone informazioni e rispondendo a tutte le domande». Taguba aveva notato che il carcere di Abu Ghraib era sovraffollato e presidiato da poche guardie, e aveva scritto che il 60 per cento dei prigionieri civili non erano considerati una minaccia per la società e dovevano essere rilasciati. Ma la comandante Janis Karpinski un generale della Riserva che nella vita civile fa la consulente aziendale a Hil- ton Head in Georgia - aveva risposto che i suoi superiori «bocciavano come routine qualunque richiesta di liberazione». Il generale aveva visto le fotografie che poi sono state trasmesse dalla tv americana Cbs, ma non le aveva incluse nel rapporto perché «sono di natura estremamente sensitiva». Però dalle testimonianze delle guardie sapeva che almeno due prigionie¬ ri ripresi in quelle immagini erano morti: uno non aveva retto agli interrogatori e il cadavere era rimasto per due giorni nella doccia, dentro una borsa coperta di ghiaccio. Per questi abusi, l'ufficiale faceva il nome di quattro colpevoli: il colonnello Thomas Pappas, comandante della 205ma Brigata dell'Intelligence Militare, il tenente colonnello Steven Jordan, direttore degli inter¬ rogatori, e i civili Steven Stephenowicz e John Israel della compagnia privata Caci International. Il rapporto Taguba doveva restare segreto, ma è finito nelle mani di Seymour Hersh, il giornalista che durante la guerra del Vietnam denunciò il massacro di My Lai. Lui lo ha pubblicato sul «New Yorker», aprendo al mondo le porte di Abu Ghraib. Il generale Janis Ka rpinskl, ex comandante del carcere di Abu Ghraib, con l'Intervistatrice Diane Sawyer al programma della Abc «Good Moming America»

Luoghi citati: Baghdad, Georgia, New York, Vietnam, Washington