Vita, corte, miracoli del «Marzullone» di Filippo Ceccarelli

Vita, corte, miracoli del «Marzullone» BOATOS SULLA PROMOZIONE DEL CONDUTTORE A VICEDIRETTORE DI RAIUNO, MA IL NOME NON C'È Vita, corte, miracoli del «Marzullone» De Mita lo fece assumere in Rai, Camiti lo snobbò, lui fece carriera: tra camicie a righe e sogni serializzati personaggio Filippo Ceccarelli ROMA CHI ha rinviato in extremis la nomina di Gigi Marzullo? La vita infatti è piena di sorprese; per non dire che una mano invisibile - magari la medesima che ieri è riuscita a bloccare la promozione dell'«Uomo della Notte» - ha calato sulla realtà del potere televisivo un ulteriore velo di apparenza, una patina illusoria, una coltre che obnubila la comprensione, ma senza dubbio si riverbera su tutto ciò che da viale Mazzini viene mandato in onda, specie a tarda ora. «Si vive per lo più persuasi intimamente - scrive Elémire Zolla in Verità segrete esposte in evidenza (Marsilio, 1990) - della nettezza vivace di certi contrasti, come quello che divide la veglia dal sonno, e dal sogno». Ebbene: «Verrà un giorno chi saprà approfittare di questa stordita certezza». Ecco dunque Marzullo, che da «Mezzanotte e dintorni» in poi trae vantaggio dallo stato di coma vigile che ottenebra milioni di itahani davanti a lui. Crudele ingiustizia, perciò. Questa Rai si meritava il Marzullone vicedirettore di Rail. Chi altri sennò? Quando Lucia Annunziata faceva ancora la giornalista, a Rai3, girava su e giù per lo studio come una fiera in gabbia. Studiava l'ospite e faceva domande secche. Poi, sbuffando ai primi sintomi di reticenza, poteva anche capitarle di girare le spalle all'interlocutore, pronunciando freddamente l'invito: «Mi dia ima risposta più plausibile». Non che questo sia il modello unico per un'intervista televisiva. Ma certo si colloca agli antipodi dèlio stile marzulhano. Gigi appare nella sua più compiuta fissità, un monoscopio umano, pallido e rassicurante. Sorride soave, mette a suo agio l'ospite, quindi gh rivolge anche lui il suo invito: «Si faccia ima domanda e si dia una risposta». Sembra una formula inventata da qualche rovinoso pensa- tore situazionista. Ma così è. Pochi altri personaggi incarnano megho di Marzullo il vuoto catodico dell'oggi, la potenza indispensabile della banalità, la dedizione sacerdotale nei confronti di un potere che vive ormai di mirabolanti rappresentazioni. Nato demitiano, ha recato in dote al berlusconismo la deriva terminale del vecchio servizio pubblico. E allora, di nuovo: quale impietosa forza ha graffiato via il nome di Marzullo dall'organigramma del dopo-Annunziata? Da anni le sue trasmissioni avevano realizzato la sospiratissima osmosi culturale, aprendo varchi all'unico dominio compatibile, quello di MediaRai, o di RaiSet. Dialoghi notturni die richiamavano a pieno titolo la legge psicofisica di Aldo Grasso secondo cui una trasmissione che raggiunga il limite di sopportabilità diventa «altro da sé», qualcosa di assolutamente imprevisto che in genere attrae e orripila al tempo stesso. Una più approfondita, ma non per questo meno brillante fenomenologia del marzulhanesimo si deve a Gianluca Nicoletti, che l'ha tratteggiata nel suo «Ectoplasmi» (Baskerville, 1994). Vale senz'altro la pena di riportarne Yincipit: «Capita, soprattutto nel periodo dell'estro felino, di vedere un gatto spiaccicato ai bordi della carreggiata». L'effetto gattospiaccicato «è l'unica spiegazione all'esistenza televisiva del personaggio che anima le visioni di oltre mezzanotte. Forse già nel sembiante (Marzullo) esercita una sorta di sinistro magnetismo in ragione del quale, nel corso di un sonnacchioso zapping notturno, nessuno può fare à meno di fermare lo sguardo sull'inquisitore occhialuto che passa al setaccio il narcisismo, dell'ospite di turno. Razionalmente si percepisce l'orrore di quanto sta accadendo, per il medesimo meccanismo d'attrazione non si riesce a distogliere lo sguardo e ci si lascia rapire dalla trance ipnotica della reiterazione delle formule». Varrà giusto la pena di ricordare che lo stesso Marzullo, e lo stesso Nicoletti, accettarono di dare poi vita a un programma televisivo: insieme. Fra le virtù del personaggio c'è anche quella di non offendersi mai, di assecon¬ dare con serenità ogni canzonatura, non di rado attivando la complessa categoria televisiva dell'auto-dileggio. Quanto alla «reitazione defle formule» è giocoforza rammentare il celebre dilemma: «Ma la vita è un sogno, o i sogni aiutano a vivere megho?». Il sogno di Gigi è cominciato ad Avellino. Per l'esattezza in quel breve tratto che separa Piazza Libertà da Piazza Matteotti, più o meno dove sorgeva l'antico caffè Lanzara, luogo deputato alle chiacchiere e ai pettegolezzi municipah. O almeno: è qui che l'onorevole Gianfranco Rotondi, nella sua opera giovanile «Trenta Irpini» (Progetto, 1987), fissa la «frontiera inviolabile» dei Marzulli, il papà Gerardo e lo zio prete Michele, entrambi ardentemente democristiani e tifosi dell' Avellino Calcio. Per farla breve, De Mita sistemò il giovane Gigi alla Rai. Ma, per maggior sicurezza, collaborava anche al Mattino. Quando, sul finire degh anni ottanta, l'ex segretario della Cisl Pierre Camiti fu sul punto di diventare presidente della Rai, e faceva lo schizzinoso sull'«azienda deUe 13 mila tessere», molte nullafacenti o troppofacenti, Gigi si presentò a una conferenza del temibile sindacalista. Era più o meno quello di adesso, profetico blazer blu, pantaloni grigi, camicia a righe azzurre (ne ha 60) e capelli fluenti, il massimo della trasgressione allora consentita nello scudo crociato. Con il consueto garbo si presentò: «Sono Gigi Marzullo, della Rai e del Mattino...». Camiti non lo fece nemmeno finire: «Ah - bofonchiò allargando sconsolato le braccia - un caso lampante di doppiolavorismol». Però Camiti non divenne mai presidente. Marzullone invece seguitò a fare carriera. Ebbe premi e programmi, scrisse libri, collezionò «ospitate». Mai una polemica, neanche quando fece coprire la maggiorata Angela Cavagna. Presentò il Premio Strega, la Mostra del Cinema di Venezia. E aspirò, evidentemente, a Rail. Gliela fecero vedere, annusare. Poi niente: «Per evitare - sottolineano fonti della direzione generale - false e stupide strumentalizzazioni». Come se ce ne potessero essere di vere e soprattutto di intelligenti. Aldo Grasso per descriverne la malìa parlò di qualcosa che attrae e orripila, Nicoletti evocò il fascino del «gatto spiaccicato». E lui li ha saputi ascoltare Maurizio Crozza imita Gigi Marzullo l ' Un'immagined'archivio di Gigi Marzullo

Luoghi citati: Avellino, Roma, Venezia