I parenti: siamo esasperati basta parole di Fulvio Milone
I parenti: siamo esasperati basta parole I parenti: siamo esasperati basta parole Fulvio Milone inviato a SAMMICHELE DI BARI Paura, certo. E stanchezza, naturalmente. Ma ora, in casa Cupertino, a venti giorni dal rapimento di Umberto, si sta affacciando un sentimento nuovo, la rabbia, instillata come un veleno attraverso l'altalena di notizie confermate e poi smentite di questi ultimi giorni sulla liberazione dei body guard in Iraq. Comincia ad essere davvero esasperata Laura Albanese, la cognata dell'ostaggio, che davanti ai cronisti fa sforzi imponenti per mostrarsi calma. Malgrado il tono pacato, le sue parole sono come pietre. «Certe frasi, certi atti del governo, ci confondono e ci irritano. Quando sentiamo il presidente del Consiglio Berlusconi dire che l'Italia è la migliore alleata dell'America, mentre tre italiani sono prigionieri dei terroristi iracheni, non possiamo che arrabbiarci e avere paura, perché queste dichiarazioni rischiano di scatenare l'ira dei rapitori e rallentare le trattative per la liberazione di Umberto, Salvatore Stefio e Maurizio Agliana. Quando i tg annunciano che Falluja è di nuovo sotto i bombardamenti, ci sentiamo morire perché pensiamo che ciò possa costare la vita a Umberto. Quando abbiamo saputo delle torture ai prigionieri iracheni e visto quelle foto orrende abbiamo provato ribrezzo e, ancora una volta, rabbia. E credete forse che non incalziamo la Farnesina con mille domande? Ci rispondono che non ci sono novità, e a noi non resta che aspettare». Ma attendere per venti giorni una notizia che non arriva mai, una notizia sulla vita o sulla morte di un parente o di un amico a cui si vuol bene, è cosa troppo dura da sopportare. Così, mentre Laura ammette di provare sentimenti di impotenza e irritazione per la piega che sta prendendo questa brutta storia, c'è chi si chiede che cosa si possa fare di altro dopo il corteo a Roma contro la guerra chiesto e ottenuto dai terroristi e gli appelli dei familiari degli ostaggi trasmessi dalle tv arabe. «Stiamo pensando di organizzare un viaggio in Iraq per contribuire in qualsiasi modo al buon esito delle trattative dicono gli amici dei Cupertino -. Ci rendiamo conto che è una follia, che quello è un paese in guerra e i rischi sono enormi. Ma non possiamo rimanere con le mani in mano». Francesco, il fratello di Umberto, è distrutto da questi venti giorni di attesa. «Le notti in casa sono terribili, con mia madre che si sveglia di soprassalto nonostante il sonnifero che il medico le ha prescritto. Le stringo la mano, le dico di stare tranquilla perchè tutto finirà bene, ma non serve a niente». A Prato e Cesenatico, le città dove vivono le famiglie degli altri ostaggi, l'atmosfera non è meno tesa. Dopo la doccia fredda di venerdì sera, quando la liberazione dei body guard data per imminente è stata rinviata dai terroristi che hanno avanzato altre richieste. Angelo Stefio, il padre di Salvatore, è tornato in strada con la sua bandiera. «Il primo maggio sono rimasto chiuso in casa per stare vicino a mia moglie, che è distrutta dice ostentando calma e sicurezza -. Anch'io ero mortalmente stanco, ma ora sono pronto a ricominciare». Ma Carmelo, uno zio dell'ostaggio, dice che Angelo in realtà non è affatto così sereno come sembra. E Giuseppe Stefio, un altro parente, racconta di notti insonni trascorse davanti alla tv, e di ansia e rabbia impotente che assalgono la famiglia davanti alla girandola di notizie sulle trattative. Anche Antonella Aghana, sorella di Maurizio, il terzo ostaggio nelle mani dei terroristi, mostra i segni della stanchezza. Lei, che fino a qualche giorno fa parlava con calma e lucidità di un dramma che pure la colpisce duramente, ora è assai parca di parole: «E' proprio vero che a volte il silenzio è d'oro», dice.
Persone citate: Angelo Stefio, Antonella Aghana, Cupertino, Giuseppe Stefio, Laura Albanese, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio
Luoghi citati: America, Cesenatico, Falluja, Iraq, Italia, Prato, Roma, Sammichele Di Bari
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