Come formiche con gli occhi puntati sui monitor di Francesco Grignetti

Come formiche con gli occhi puntati sui monitor FIUMICINO. IN FUNZIONE SOLO I TAPIS ROULANT Come formiche con gli occhi puntati sui monitor Bivacchi nelle sale d'attesa. «Siamo abbandonati senza assistenza» Francesco Grignetti ROMA Secondo giorno di blocco dei voli. E questa volta Fiumicino va davvero in tilt. Che le cose siano complicate, lo si capisce già nel trenino che porta i viaggiatori verso lo scalo. Scolaresche, famigliole di stranieri, manager, gruppi di amici: è tutto un rincorrersi di domande e di telefonate. Si viaggia? Non si viaggia? Troveremo i picchetti? Tutti allegramente verso l'ignoto. Fiumicino t'accoglie con un'apparenza di normale efficienza. I tapis-roulant funzionano. I bar sono aperti. La gente cammina con i carrelli carichi di bagagli. Ma è un'apparenza, appunto. Ci sono almeno settanta aerei fermi al parcheggio. E quei carrelli carichi che non si riesce di scaricare diventano presto il simbolo di una giornata da dimenticare. L'aeroporto è come un formicaio impazzito dove migliaia di viaggiatori-formichine si affannano a cercare una via di fuga. Invano. Il banco Alitalia ai voli nazionali è desolatamente vuoto. «Chiuso», recita il cartellino. Nemmeno una parola di spiegazioni. O di scuse. In compenso c'è una gran fila al banco dirimpetto, dove c'è la biglietteria di «Volare», una compagnia in fondo nata da poco, che in giorni come questi fa il pienone. Aerei Alitalia, non ne ne vedono all'orizzonte. Si vedono solo tracce di bivacchi. E si scoprono episodi incredibili, in questa giornata che segna la debacle della compagnia di bandiera. Mentre un gruppetto di lavoratori in sciopero staziona a un ingresso dove devono transitare i dipendenti, tra bandiere sventolanti di Cisl e Sult, dentro l'aerostazione può capitare d'incontrare un gruppo di cinquanta viaggiatori diretti in Sardegna che sono rimasti a terra da 24 ore. Sono bloccati dalla sera di mercoledì e hanno passato la notte nel salone delle partenze nazionali. Tutt'intomo, bottiglie vuote e un pallone. «Noi sardi siamo praticamente sequestrati - dice Simone Spiga, di Cagliari visto che Alitalia, con i contributi regionali, ha il monopolio di questa tratta aerea. Siamo qui abbandonati senza assistenza da parte di nessuno». E i bar a un certo punto hanno pure chiuso. «L'acqua ce l'hanno portata due poliziotti». Ieri mattina hanno presentato un esposto al commissariato intemo all'aeroporto. «Siccome noi non siamo in transito su un volo intemazionale, non ci è stato assicurato il pernotto». La camera d'alaergo la chiamano così, nel gergo aeroportuale. Altra fila, altra storia inverosimile. Ricordate certe campagne pubblicitarie che magnificavano il biglietto elettronico, si prenota e si paga, tutto per Internet o al telefono? Provate, avendo un biglietto immateriale, a volare con un'altra compa- gnia. Serve il pezzo di carta. «Per tentare di farlo stampare ho dovuto fare la fila alla biglietteria», si sfoga il signor Pietro Corigliano, diretto a Catania. C'erano due impiegate che gli hanno risposto di essere in sciopero. «Ma con le postazioni del "teleticketing" l'operazione non è-possibile». Alla fine, la risposta è stata tipicamente italiana: si compri un nuovo biglietto, tanto quello elettronico Alitalia resta valido per un anno. «Offensivo». Scuse ufficiali, nessuna. Per fortuna ci sono le scuse ufficiose. A un certo punto passa una hostess vestita con la giacca verde d'ordinanza. Si avvicina cortesissima, «Buongiorno signore, grazie per l'attenzione», e lascia un volantino. «A tutti coloro che volano Alitalia». E' scritto bene e ammiccante al punto giusto: «Quando si parla di esuberi e dismissioni è facile capire dove si vuole andare». La mattinata scorre via così, tra lunghe file e i mugugni di chi spera nelle biglietterie e nei check-in di Air France o Lufthansa. Ma a migliaia restano schiacciati nell'ingranaggio. Soprattutto gli stranieri: si vedono facce stralunate di popi greco-ortodossi, matrone africane, inglesi vestiti all'ultima moda, emigranti carichi di bagagli, americani sbigottiti. «E' uno scandalo - ruggisce Corrado Fortunato, un italo-americano che da due giorni cerca di rientrare ne- gli States - ero a Napoli e l'agenzia ha pure telefonato. Il volo era stato confermato. Ho speso 200 dollari di taxi per arrivare a Fiumicino e scoprire che non è vero. Qui nessuno sa dirmi niente, se non che c'è sciopero. Negli Stati Uniti ti telefonano a casa per avvisarti che non puoi partire». C'è una scolaresca che è sbarcata da Amsterdam e non ha trovato la coincidenza per Cagliari: ora è bloccata e non può nemmeno accedere ai bagagli. Un altro gruppo di ragazzi viene da Varsavia ed è diretto in Sicilia. Sono arrivati a Fiumicino verso le 15 e lì si sono fermati. «Non sappiamo nemmeno se partiremo in serata, - dice l'insegnante che guida il gruppo - ma dai genitori dei ragazzi già arrivano minacce di denunce all'Alitalia». E c'è pure un gruppo di giovanotti francesi che non sanno come ingannare il tempo. La cosa peggiore è la confusione. Dai monitor si arguisce solo che questo o quel volo Alitalia sono stati cancellati, ma altri sembrano partire lo stesso. E i passeggeri non si raccapezzano. Sono le 13,30 quando, finalmente, gli altoparlanti rompono gli indugi e cominciano a dire: «Alitalia informa che per uno sciopero del personale i voli Alitalia in partenza e in arrivo sono cancellati». In italiano e in inglese. A quel punto cala una cappa di rassegnazione. Molti girano i tacchi e riprendono il treno verso la città. Qualcuno corre verso Termini. Altri sperano nei traghetti di Civitavecchia per la Sardegna. L'unico grido viene da un gruppetto di dipendenti in sciopero, nel bar più vicino al presidio. Stanno mangiando un panino e sentono il messaggio. E allora, «ale», sembra che la Roma abbia segnato. I blocchi hanno vinto. Chi aveva comprato i biglietti su internet non poteva cambiare compagnia I passeggeri americani «Da noi se non si vola ti telefonano a casa» Quando l'altoparlante annuncia i blocchi i dipendenti in sciopero fanno partire i cori da stadio E ai sardi non resta che il traghetto Fiumicino, la gente vaga con i carrelli pieni di bagagli

Persone citate: Pietro Corigliano, Simone Spiga