Raccontare storie gay nella Spagna di Franco

Raccontare storie gay nella Spagna di Franco AL FESTIVAL DEL CINEMA OMOSESSUALE DI TORINO I FILM DI DE LA IGLESIA Raccontare storie gay nella Spagna di Franco Gianni Rondolino TORINO Non deve essere stato facile per un giovane regista comunista e omosessuale lavorare nella Spagna di Franco negli Anni Sessanta. Eppure Eloy Germàn de la Iglesia, a cui il 19" Festival Intemazionale di Film con Tematiche Omosessuali dedica un corposo omaggio, ci è riuscito. Non solo, ma in quel periodo, fra il 1966 e il 1975, ha realizzato ben otto lungometraggi, sia pure con gravi difficoltà nei confronti della censura, che ne ha letteralmente massacrato alcuni. Oggi de la Iglesia ha sessant'anni (è nato a Zaraus in provincia di Guipùzcoa nel 1944) ed è tornato al cinema nel 2003 con «Los novios bùlgaros» dopo più di quindici anni di silenzio. Ma nel frattempo non è rimasto inattivo: ha lavorato per la televisione, dirigendo fra l'altro una intensa e originale versione filmica del «Caligula» di Camus (sarà presentato al festival giovedì), ricca di raffinatezze formali, di immagini forti, d'una sottile vena di follia, di cinismo melanconico, ài Benso della fine. XIii" opera del 2001 che in qualche modo sintetizza trent'anni di attività intensa e poliedrica, in cui prevalgono temi e contenuti provocatori, un certo gusto per l'orrido e il sacrilego, imo stile al tempo stesso disadorno e raffinato, una polemica a volte latente, altre volte esplicita contro la società borghese, il cattolicesimo, i tabù morali e sessuali. Un cinema, il suo, che sotto il regime di Franco e i divieti censori parve fortemente critico e polemico, nei limiti d'una contestazione accettabile, ma che poi fu da taluni giudicato mediocre, superficiale, quando quel regime e quei divieti cessarono. Come scrissero Perez Gómez e Martinez Montalbàn: «Scomparsa la censura, non c'è più nessuno a cui addossare la colpa dei suoi errori. I suoi film seguono la moda del cinema spagnolo di pseudo denuncia dei problemi incandescenti, trattati però in una forma che è solo un pretesto per l'esibizione di perversioni sessuali o comportamenti patologici». Il giudizio è tuttavia troppo drastico. Se «Qualcosa di amaro in bocca» (1967) è un film claustrofobico poco riuscito, non solo a causa degli interventi censori, e «I piaceri nascosti» (1976) è una storia di amori etero e omosessuali alquanto fragile, non Ve dubbio cbe Vimpasto di politica e di sesso del «Deputato» (1978) ha una sua forza drammatica tutt'altro che trascurabile. E se «Amici» (1982) e «El pico» (1983), uscito in Italia come «Overdose», risentono fin troppo della lezione pasoliniana nel tratteggiare i ritratti di alcuni ragazzi di vita, «Giro di vite» (1985), tratto liberamente dall'omonimo racconto di Henry James, è un bel saggio di cinema gotico, in cui l'ambiguità dei personaggi e delle situazioni raggiunge un alto livello di espressione filmica. Una immagine di «Los Novios Bùlgaros» di de la Iglesia

Persone citate: Benso, Camus, Eloy Germàn, Franco Gianni, Henry James, Martinez Montalbàn, Perez, Rondolino

Luoghi citati: Italia, Spagna, Torino