Gli scienziati alla ricerca della verità

Gli scienziati alla ricerca della verità IL LAVORO DEGLI ESPERTI NOMINATI DAL TRIBUNALE Gli scienziati alla ricerca della verità Uno con la Franzoni, uno contro, uno possibilista Stefano Sergi AOSTA La scienza, nella ricerca della verità sul delitto di Cogne, diventa determinante. L'inchiesta della procura è fondata esclusivamente sugli indizi: il pigiama della donna macchiato di sangue, le tracce sui muri della stanza in cui fu assassinato il bimbo, le macchie sul piumone del letto, gli zoccoli indossati dalla mamma di Samuele e anch'essi macchiati. Non c'è una confessione, né l'arma del delitto, neppure il movente. Soltanto tracce, sbavature, gocce da analizzare con le più sofisticate attrezzature. I primi a intervenire nella villetta di Cogne furono i carabinieri del Ris di Panna, guidati dal colonnello Luciano Garofano. Sono stati loro a svolgere il lavoro di raccolta e analisi dei reperti. Secondo gli specialisti scientifici dell'Arma, l'assassino indossava il pigiama di Annamaria Franzoni (con la giacca al contrario) ed era inginocchiato sul letto mentre colpiva Samuele. Una tesi contestata con foraa dall'avvocato Carlo Taormina, difensore dell'indagata. Attraverso gli esperti dell'Istituto europeo di medicina legale e scienze forensi, Taormina ribalta la teoria dei carabinieri: l'assassino era in piedi vicino al letto e non indossava il pigiama di Annamaria. Il pigiama si è macchiato perché era posato sul piumone. Di fronte a questa totale divergenza tra accusa e difesa, il giudice per l'udienza preliminare Eugenio Gramola ha deciso sette mesi fa di nominare tre esperti per redigere una «superperizia» che facesse chiarezza. Sono stati chiamati il criminologo tedesco Hermann Schmitter, che ha esaminato le traiettorie degli schizzi di sangue nella stanza del delitto con il procedimento della «Blood pattern analysis»; il medico legale Vincenzo Pascali di Roma, che ha analizzato le tracce di sangue sugli zoccoli; e il professor Piero Boccardo del Politecnico di Torino, che ha esaminato la traccia di un frammento osseo trovato sulla manica del pigiama. LA SCENA DEL DELITTO Il 30 gennaio 2002, in una villetta di Montroz, frazione di Cogne, viene ucciso il piccolo Samuele Lorenzi, un bimbo di 3 anni, figlio di un consigliere comunale del paesino aostano, Stefano Lorenzi Samuele viene trovato nella camera dei genitori, steso sul letto, ferito alla testa. A dare l'allarme è la madre rientrata in casa dopo aver accompagato l'altro figlio, Davide, alla fermata delio scuolabus. Anna Maria Franzoni chiama ili 18 e chiede subito aiuto a una vicina di casa, Daniela Ferrod, e al medico del paese, la psichiatra Ada Satragni, che presta i primi soccorsi a Samuele «Samuele è stato colpito 17 volte con un corpo acuminato. E con una violenza che solo un adulto può metterci». Questo il responso dell'autopsia :4 ^s^ ^llpivi uwwfMiiiil, I carabinieri setacciano la casa e il giardino, si arrampicano sulla parete di roccia che fronteggia la villetta. Rovistano anche in una discarica: nessuna traccia dell'arma del delitto Una nuova autopsia dimostra che l'arma non è, come pensato in un primo momento, una roncola, ma un oggetto di casa; un soprammobile, forse una statuetta o una coppa. Nella casa della famiglia Lorenzi, dice un rapporto dei Ris, non ci sono impronte di estranei Il 23 ottobre, dopo un nuovo soppralluogo, vengono prelevati 40 campioni di tracce di sangue, 18 sul comò ed altre sulla parete sinistra della camera da letto e lungo il percorso che l'assassino di Samuele avrebbe compiuto f' sMmmm

Luoghi citati: Aosta, Cogne, Roma, Taormina, Torino