Amato perde per sei voti la presidenza Pse di Enrico Singer

Amato perde per sei voti la presidenza Pse DECISIVA ALLEANZA TRA PAESI PICCOLI, BLOCCO DEL NORD E FRANCIA Amato perde per sei voti la presidenza Pse socialisti europei scelgono il danese Rasmussen Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES Alla fine sono fianco a fianco che si strìngono la mano e alzano ognuno un mazzo di rose rosse sotto i flash dei fotografi. Ma appena due ore prima i delegati del partito socialista europeo, riuniti a congresso in un albergo del centro di Bruxelles, si erano contati e si erano divisi sull'elezione del loro nuovo presidente: 163 voti al danese Poul Rasmussen, 157 a Giuliano Amato. Uno strappo netto nel pse, che i due leader cercano subito di ricucire. Almeno nelle dichiarazioni di reciproca stima e nell'impegno di lavoro comune. «Siamo un team e daremo il segnale che siamo il simbolo di un'Europa imita», dice Rasmussen. «Se fossi stato Kerry e avesse vinto Bush direi che è andata male, ma apparteniamo alla stessa squadra e non ci sono divisioni pohtiche tra noi», rephca Amato. E per suggellare il «ticket», l'ex premier danese diventa presidente e l'ex premier italiano è primo vicepresidente. Fino all'ultimo, però, la battaglia congressuale è stata serrata come mai era successo prima. Al pse aderiscono 28 partiti di 24 Paesi europei e nel salone dell'hotel Bedford c'erano 340 delegati che si sono schierati su due fronti contrapposti. Con Giuliano Amato tutti gli italiani più gli inglesi del presidente uscente Robin Cook, i tedeschi, gli spagnoli e i jjreci. In altre parole, il gruppo dei grandi partiti dei grandi Paesi che, da solo si avvicina alla metà dei voti. Con Poul Rasmussen il cosiddetto blocco nordico dei Paesi scandinavi, più i «piccoli» compresi il Portogallo e la Polonia. Ago della bilancia la forte delegazione dei socialisti francesi (24 voti), tradizionale alleata dei grandi che cinque anni fa votò con loro per il laburista Robin Cook e che, questa volta, ha scelto Rasmussen e ne ha determinato la vittoria. Pierre Moscovici, ex ministro degh Affari europei nel governo socialista di Lionel Jospin, spiega cosà la scelta del ps francese : «Amato è l'espressione dell'Ulivo, del centrosinistra, mentre il pse che stiamo cercando di costruire deve essere saldamente ancorato a sinistra. Da noi le scelte dell'Ulivo non funzionano. Nelle elezioni regionali francesi abbiamo riconquistato l'elettorato su questa linea e qui siamo stati coerenti». Il ps francese contro l'anima del pse che si riconosce in una socialdemocrazia riformista ed europeista, insomma. Ma su questa analisi non sono d'accordo né Amato, né Rasmussen. «Non è andata male: eravamo in due e avevamo deciso comunque di fare squadra», dice Amato. Che nota come il voto si è deciso su una manciata di voti: «Se c'è una linea divisoria in questa elezione è l'alleanza tra i Paesi piccoli che è lo specchio di una tensione più generale tra grandi e piccoli in Europa». Rasmussen si preoccupa soprattutto di allontanare da sé il sospetto di essere poco europeista o, comunque, meno europeista di Amato: «Questa divisione lasciamola alla destra. E' lì che ci sono gli antieuropeisti. Noi siamo per lEuropa, un'Europa forte e democratica». Il neopresidente del pse prevede un «ottimo lavoro» con Amato al fianco e lancia anche l'augurio che proprio in Italia ci sia (da prossima vittoria» dopo quelle «spettacolari» in Francia e in Spagna, perché «il pendolo si sta spostando e gli elettori stanno tornan¬ do». Sul «ticket» Rasmussen-Amato e sull'unità sostanziale del pse insiste anche il segretario dei Ds, Piero Fassino: ((Da questo congresso il partito esce con una guida più forte. Non vedo spaccature, perché sin dall'inzio si era deciso che uno sarebbe stato presidente e l'altro vicepresidente». E' sulla stessa posizione il leader dello Sdi, Enrico Boselli, che parla di «grande equilibrio e di ticket forte». Nei corridoi dell'hotel Bedford ci sono anche molti delegati che s'interrogano sull'opportunità di un congresso a soli 50 giorni dalle elezioni europee. E le opinioni, ancora una volta, si dividono tra chi parla di ((prova di trasparenza e democrazia» e chi avrebbe preferito evitare il confronto su due nomi mantenendo in carica Robin Cook fino a dopo il 13 giugno. «Ma quello che conta è il programma», dicono Rasmussen e Amato. Un ((manifesto», approvato da tutti, fissa quattro priorità: dividere la ricchezza in Europa in modo più equo, creare più posti di lavoro, gestire l'immigrazione nel senso dell'integrazione, combattere il terrorismo e le sue cause. Rasmussen ha anche parlato dell'Iraq: ((Dobbiamo dire agli amici americani che non possono più agire da soli, che bisogna ripartire dall'Onu». Amato e Rasmussen insieme con mazzi dì rose dopo l'annuncio dei risultati