Pinza nell'addome, 4 medici a giudìzio di Marco Accossato

Pinza nell'addome, 4 medici a giudìzio GIOVANE DONNA DI COLLEGNO HA VISSUTO SEI ANNI CON IL «FERRO» DIMENTICATO IN SALA OPERATORIA Pinza nell'addome, 4 medici a giudìzio Equipe di chirurghi plastici delle Molinette sotto accusa Marco Accossato Fabio Pozzo Per sei anni Alessandra, 34 anni, di Collegno, ha vissuto con una pinza lunga 22 centimetri nell'addome. Un ferro dimenticato dai chirurghi plastici delle Molinette che l'avevano sottoposta nel giugno '97 a un intervento di addominoplastica, cioè l'asportazione di grasso per ridurre il peso. Per quell'errore, il pm Andrea Bascheri ha disposto la citazione a giudizio dei quattro medici che erano in sala operatoria: il professor Giovanni Bocchiotti (difeso dall'avvocato Antonio Rossomando) e tre giovani colleghi della sua équipe. L'accusa è di lesioni colpose. Un «incidente» scoperto per caso nella primavera 2003, quando Alessandra, per un problema alla schiena, è stata sottoposta a una radiografia. Sulla lastra è apparsa, inequivocabile, la traccia bianca a forma di pinza operatoria. E' scattata una denuncia ai carabinieri, e il caso è stato affidato all'avvocato Emanuele Quacquaro, di Santa Margherita Ligure, conoscente della donna, che oggi si dichiara «soddisfatto sia per l'esito delle indagini sia per la celerità con cui è stata conclusa l'inchiesta». «Ci costituiremo senz'altro parte civile nel procedimento penale annuncia - e chiederemo un'ingente somma a titolo di risarcimento danni: il nostro consulente ha accertato una menomazione psicofisica molto grave dovuta alla permanenza per sei anni delle pinze nell'addome». Dal giorno in cui Alessandra ha scoperto quella pinza nell'addome «la vita della mia cliente è stravolta: ha paura di stare seduta in auto, di piegarsi, persino di rigirarsi nel letto. Anche la sua vita coniugale ha subito un contraccolpo». Con quell'operazione eseguita nelle camere operatorie del San Vito (dépendance delle Molinette), il peso di Alessandra era sceso da 107 a 100 chili. «Questo genere di intervento ha spiegato il professor Bocchiotti - viene compiuto praticando un'incisione poco sopra il pube. Si taglia fino alla fascia muscolare. Cute e sottocute vengono scollate. Giunti all'altezza dell'ombelico si pratica un'altra incisione che lo circonda per staccarlo dal resto della pelle e farlo scendere sotto cute. E si prosegue con lo scollamento del resto della pelle fino allo stemo. Tolto il grasso in profondità, la pelle viene tirata verso il basso come una coperta. Alla fine si risolleva l'ombelico, che viene riposizionato sulla pelle tirata, praticando una nuova incisione». Per spingere l'ombelico sottocute e riportarlo in superficie si utilizzano due pinze e un filo speciale: «Una di quelle due pinze - ha dichiarato Bocchiotti - evidentemente è scivolata sotto pelle ed è rimasta lì per tanti anni». Secondo le procedure, tutti gh strumenti operatori devono essere contati, al termine di un intervento e durante l'utilizzo. «All'epoca - si è difeso il primario delle Molinette - non avevamo strumentisti: nessuno contava i ferri che utihzzavamo». Dopo il primo intervento, Alessandra aveva continuato a farsi assistere dal professor Bocchiotti. Fino al giorno della scoperta e della nuova operazione: «Le avevo spiegato - ricorda il chirurgo che con una piccola anestesia locale avremmo tolto quella pinza in venti minuti al massimo. Avevamo fissato anche l'intervento, ma Alessandra non si è presentata». Al posto della ragazza, quel mattino, sono andati in ospedale il marito e il fratello: «Non si sente bene, vorrebbe rimandare l'operazione». Pochi giorni dopo, al professor Bocchiotti è stata recapitata la lettera dell'avvocato.

Persone citate: Andrea Bascheri, Antonio Rossomando, Bocchiotti, Emanuele Quacquaro, Fabio Pozzo, Giovane Donna, Giovanni Bocchiotti

Luoghi citati: Collegno, Santa Margherita Ligure