«Non possono essere stati prigionieri in questa zona»

«Non possono essere stati prigionieri in questa zona» LO SCEICCO SHAHRAN ABUALWAN, CAPO DELIA TRI BIT DEGÙ ABU NEMER «Non possono essere stati prigionieri in questa zona» «E impossibile che i sequestratori si siano spostati da Ramadi con 4 ostaggi per cinquanta chilometri attraversando le linee americane» intervista inviato a BAGHDAD SE davvero, come tutti speriamo, i tre ostaggi italiani dovessero tornare liberi nelle prossime ore, con ogni probabilità non compariranno lì dove tutti li aspettano. Forse la pista di Falluja è stata data in pasto ai media per condurre le trattative in maniera più nascosta, però stando a chi conosce quel!' area, e anzi la domina dal punto di vista tribale, è sempUcemente impossibile che gli italiani siano tenuti là. Gh sceicchi della provincia paiono anch'essi abbastanza ottimisti sulle possibihtà di liberazione però dicono: «Cercateli piuttosto nell'area di Ramadi», ovvero cinquanta chilometri a Nord-Ovest. L'albergo Sheraton nella tarda mattinata ospita una riunione dei capi tribù della provincia di Al Anbaar, ormai molto più nota come «il triangolo sunnita». L'incontro serve a discutere la situazione di Falluja e della sua gente, partecipano i rappresentanti di dieci tribù. Quella degh Al Dulemi, che conta quasi il 700Zo della gente di là è rappresentata dal capo, lo sceicco Hussein Al Asleh, probabilmente lo stesso «alto dignitario» che poco njima ha avuto un incontro con 'incaricato d'affari itahano Gianludovico De Martino. La «città martire» conta anche appartenenti ai gruppi degh Al Budjab, degli Al Buissa, Al Mahamda ed Al Itawi, quelli di Ramadi portano invece nomi più altisonanti. Nella più grande città dell'area (quasi un mihone di abitanti) le tribù si fregiano di nomi come Abu Nemer (le tigri) oppure Abu Shujai (i coraggiosi). Lo sceicco Shahran Abu Alwan è a capo di quest'ultima e al termine dell'incontro con gh altri capi accetta volentieri un colloquio. «Capisco che a lei interessi soprattutto la sorte dei suoi connazionah - esordisce - invece noi siamo molto più preoccupati per le centinaia di mighaia di iracheni che dopo l'assedio e il bombardamento selvaggio di Falluja sono privi d'acqua, di cibo e spesso anche di un tetto. Stiamo cercando di organizzare l'aiuto fraterno di sunniti e sciiti, che finora è giunto soprattutto attraverso le moschee, ma certo non è sufficiente ad affrontare il dramma». Gli italiani, sceicco, hanno appena mandato a Falluja un convoglio umanitario... «Lo sappiamo e siamo tutti molto grati per l'iniziativa, il vostro è un Paese fatto per la pace e non per impugnare armi; quegli aiuti sono come una goccia d'acqua nel deserto però almeno rappresentano il volto civile dell'Occidente e non solo la bestialità della sua violenza. Credo che nella provincia di Al Anbaar tutti abbiano capito il valore simbolico di questo aiuto e dunque sono convinto che gh itahani, se sono ancora vivi, torneranno liberi presto». Come, «se sono ancora vivi»? «Lo dico perchè a parte chi li ha rapiti nessuno può avere certezze circa le loro condizioni, lei capisce, la disperazione degh ultimi tempi ha dato origine a gruppi di ogni genere, spesso autonomi l'uno dall' altro;.. Però penso siano vivi, se non altro perché quel gruppo ha dato molta importanza ai comunicati televisivi e da giorni tace, e poi non avrebbe avuto alcun motivo di eliminare persone che possono servire per uno scambio. Sia chiaro, non posseggo inforaiazioni dirette, però con gh sceicchi della provincia abbiamo accennato anche a questa storia e all'effetto che ha avuto l'appello del Papa di Roma». Dunque pensa che da Falluja potrebbero giungere se- gnali di distensione? «Se si riferisce all'effetto della missione italiana, sicuramente sì. Se parla del luogo in cui gh itahani vengono trattenuti io escluderei del tutto la città martire». Sceicco, sta dicendo che gli sforzi italiani sono concentrati nella zona sbagliata? «No, l'iniziativa umanitaria si è rivolta lì dove avrebbe dovuto indirizzarsi, dico che reputo impossibile che un gruppo detenga ostaggi in quella zona perché, se non ricordo male, i vostri uomini sono stati rapiti il quarantesimo giorno deh' Ashura...(ricorrenza dell'uccisione di Hussein, la grande celebrazione annuale degh scuti a Najaf, ndr)». Che quest'anno ha coinciso con la Pasqua dei cristiani. Ma perché cita il «quarantesimo giorno»? «Perché in quel momento gh americani circondavano Falluja già oltre da una settimana e la bombardava¬ no senza pietà, l'intera area era chiusa da un anello di truppe e messa a ferro e fuoco. Non credo proprio che un gruppo guerrighero dopo aver sequestrato quattro occidentah nella zona di Bamadi si sarebbe spostato cinquanta chilometri più a Ovest tentando di attraversare le linee americane. E' fuori questione». E dunque gli ostaggi italiani sono detenuti nella zona di Ramadi? «Di Ramadi, forse, o forse della cittadina di Habanya, a metà strada in direzione di Falluja. Questo almeno è quanto dice la logica, però credo che i vostri uomini stiano battendo anche quella zona, anzi mi risulta che lo facciano con particolare lena». Dunque, se esiste ima logica, da Ramadi piuttosto che dai villaggi vicini i nostri uomini stanno per tornare liberi? «Inshallah...». [g. z.] «In quei giorni i marines circondavano l'intera zona e la bombardavano senza pietà, l'area era chiusa da un anello di truppe» «I soccorsi mandati qui dal vostro Paese rappresentano il volto civile dell'Occidente ' Ve ne siamo tutti grati» Un miliziano sunnita a Falluja

Persone citate: Alwan, Capo Delia, De Martino, Hussein Al Asleh, Nemer, Sceicco

Luoghi citati: Baghdad, Falluja, Roma