Missione speranza nella città morta

Missione speranza nella città morta IL RISCATTO Minuziosi controlli dei militari Usa che hanno vietato di raccontare i dettagli dei viaggio Il blitz umanitario decisivo per stabilire gli ultimi contatti ma c'è un giallo sul possibile riscatto Missione speranza nella città morta A Falluja gli aiuti umanitari italiani, mossa chiave per il rilascio Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD Soltanto un'incursione serale in una città fantasma, una' rapida consegna di acqua, viveri, medicinali e poi un veloce rientro nella Baghdad già avvolta dalle tenebre*, dunque più pericolosa che mai. La missione a Falluja della Croce Rossa Italiana, complicata fino all'ultimo da controlli che evidentemente puntavano a renderla il più breve possibile, si conclude in un clima di grande pena per gli iracheni di quella provincia ma anche di grande speranza per il futuro dei tre ostaggi italiani che sono ancora prigionieri dei guerriglieri sunniti. Falluja, hanno raccontato i pochi che hanno potuto entrarvi negli ultimi giorni, è una città fantasma, devastata dai bombardamenti in ogni quartiere, priva di acqua e di luce e sovrastata da un tanfo che ricorda le centinaia di morti delle ultime due settimane. Anche Maurizio Scelli, il commissario straordinario che ha guidato la spedizione, l'ha vista così: «Pochissima gente per le strade, un quadro complessivo di devastazione. Ma anche tantissima dignità, e per noi una grande accoglienza». C'è stata gente che ha pianto vedendo il camion con la croce bianca e rossa che scaricava i primi rifornimenti. Il convoglio che si era preparato l'altro ieri ha dovuto ridursi a un solo autocarro e a una jeep, gli automezzi della «Mezzaluna rossa» che avrebbero dovuto partecipare all'iniziativa sono stati bloccati da controlli ancora più spietati di quelli che erano toccati ai nostri. Per tutta la mattinata in un nervosismo dissimulato ma crescente il convoglio italiano ha dovuto attendere che i militari americani terminassero i controlli. Prima un minuzioso esame del carico, pezzo per pezzo, poi un controllo del personale che avrebbe partecipato alla spedizione, fra cui quattro italiani: lo stesso Scelli, il direttore dell'ospedale della Croce Rossa, Roberto Baldassarelli, veronese, un autista anch'egli originario di Verona, Renzo Della Valentino, e Giovanni Santa, romano. Quando le verifiche sono finite si erano fatte quasi le tre del pomeriggio, e sull'Iraq comincia a fare buio verso le sei. Nel frattempo dalla sede della «Mezzaluna» telefonate sempre più concitate facevano " "sapere che lì i controlli erano ancora in corso, e dunque i tre camion previsti dalla fratellanza musulmana non avrebbero potuto partire. Maurizio Scelli ha deciso di compiere ugualmente la missione, anche per i significati di cui si era caricata. Partenza dunque, con un solo camion preceduto da una jeep. Il tragitto non ha riservato particolari difficoltà: dopo gli accordi sul «cessate il fuoco» e su pattugliamenti comuni delle strade fra reparti americani e polizia irachena,.la provinciale che conduce a Falluja è stata riaperta al traffico. I posti di blocco della coalizione restano numerosi e di fronte a ciascuno aspettano in fila decine di.rauto, però il piccolo convoglio italiano ha potuto passarli senza troppe formalità. Solo in vista della città, unita da un lungo svincolo all'autostrada che porta in Siria e in Giordania, la fila delle auto si faceva imponente. Dicono che cinquantamila persone siano già rientrate a Falluja, altre migliaia aspettano di farlo anche per scoprire se i loro familiari sono ancora vivi. Nei pressi dell'ospedale c'era una piccola folla ad attendere gli ixaliaTiv. le rdanifesXa- zioni di gratitudine sono state visibili e intense ma, come dice Scelli, «anche piene di dignità». Lo scambio di informazioni ha riguardato la situazione sanitaria, che definire disastrosa sarebbe poco, e l'urgente bisogno di nuovi rifornimenti; ma intanto la necessità di rientrare a Baghdad si faceva impellente. A notte ormai fonda la jeep e il camion, su cui era stata piantata anche una bandierina con la mezzaluna rossa, sono rientrati in città. Il bilancio della missione è sicuramente positivo, anche se la-malagrazia con cu.i l'esercito americano l'ha subita ha finito col ridurla a un momento poco più che simbolico. Scelli aveva ricevuto dagli ufficiali americani una precisa diffida a non parlare in dettaglio delle condizioni della città - e dunque non ne. parla però a ritorno ostenta un ottimismo da cui fino a poche ore fa rifuggiva.«La mia opinione - dichiara al ritorno a Baghdad - è che sulla vicenda degli ostaggi l'ottimismo stia salendo sempre più e che la crisi si possa risolvere nelle prossime ore. Spero che tutto si risolva presto e nel modo migliore». "ProY)a3oVlTn.errt.e il'bltt.z, Mmanitario a Falluja ha consentito al commissario straordinario della Croce rossa di cogliere segnali positivi, anche se probabilmente non è stato possibile ottenere precise promesse. Silenzio assoluto, invece, per quanto riguarda i resti di Fabrizio Quattrocchi, che si vorrebbe individuare e recuperare. Appare sempre più probabile che i tre italiani ancora sotto sequestro e il corpo del «vigilante» ucciso non si trovino nella zona di Falluja ma in un'area della medesima provincia distante diversi chilometri, e se questo nulla toglie al valore della spedizione umanitaria italiana certo rende più complicato il salvataggio. Fonti dei servizi di sicurezza italiani lasciano filtrare nuove, incoraggianti indiscrezioni: se da un lato attraverso la rappresentanza diplomatica si sarebbe attivato anche un importante sceicco locale, dall'altra dicono che nelle scorse ore sia stato stabilito un «contatto diretto». Se tutto è vero, ancora del tutto ignoto resta il capitolo delle condizioni avanzate dai guerriglieri. Dopo aver richiesto un prezzo «politico» con le scuse di Silvio Berlusconi attraverso le televisioni arabe, il ritiro delle truppe italiane dall' Iraq e non si sa che cos'altro, le «Falangi verdi di Maometto» sono rimpiombate nel silenzio. Fatto in qualche modo incoraggiante perché se non altro dimostra che trattative sono in corso. A questo proposito si sentono circolare le ipotesi più suggestive: qualcuno parla di un «riscatto» in danaro ma l'ipotesi appare davvero poco praticabile. Molto più plausibile è l'idea che i «falangisti» abbiano ottenuto un genere di scuse meno ufficiale ma non Der questo meno efficace (quele di Antonella Agliana, che a nome delle famiglie dei rapiti chiedeva pietà ai fedeli «di un Dio che noi rispettiamo) e stiano discutendo sul resto. Del ritiro dei contingenti stranieri si sta occupando da Sud lo sciita Moqtada Al Sadr, il quale cavalca al meglio le defezioni di spagnoli e honduregni, dunque su questo piano le misteriose «Falangi» possono soltanto rientrare nei ranghi. Resta forse la possibilità di impegni italiani per un flusso più massiccio di aiuti umanitari, ma questo è un capitolo che probabilmente non si conoscerà mai. Il capo spedizione «Uno scenario di devastazione ma per noi una grande accoglienza». Molti hanno pianto vedendo scaricare dai camion i rifornimenti Stretta di mano tra un soldato americano e un bambino iracheno a un posto di controllo della coalizione alla periferia di Falluja dove da alcuni giorni sembra resistere una fragile tregua. Nella foto piccola un marine con alle spalle un mezzo del convolgio umanitario della Mezzaluna Rossa