Barcone di clandestini nella tempesta al largo di Lampedusa di Lirio Abbate
Barcone di clandestini nella tempesta al largo di Lampedusa VATÀGGiO NEL MARE Di SICILIA Barcone di clandestini nella tempesta al largo di Lampedusa Un naufrago chiama una parente con un telefono satellitare Il natante con un'ottantina di persone a bordo avvistato in serata Un mercantile riesce ad agganciarlo, dirigendosi poi verso l'isola Lirio Abbate LAMPEDUSA Per un giorno si è temuto il peggio, poi l'equipaggio di un aereo militare sulla via del ritomo li ha avvistati nuovamente. Anche se non ha fugato del tutto timori e paure per una novantina di clandestini in balia del mare in tempesta. Solo il loro arrivo a Lampedusa, dopo che sono stati agganciati in serata da un mercantile, potrà chiarire i contomi del giallo. Solo la conta degli immigrati a bordo potrà escludere l'eventualità di altri morti lungo le rotte della speranza tra il Nord Africa e la Sicilia. L'ultimo contatto risaliva a giovedì alle 21, quando un elicottero della Guardia di Finanza ha sorvolato quel barcone fatiscente, lungo una quindicina di metri, in balia del mare in tempesta. A bordo una ottantina di immigrati, forse di più, che agitavano le braccia per farsi vedere sotto il fascio di luce. Una di loro, una ragazza eritrea, aveva telefonato qualche ora prima con un satellitare alla cugina che lavora in Italia lanciando un drammatico Sos: «Aiuto, siamo in difficoltà. Rischiamo di essere spazzati via dalle onde. Fate qualcosa». Poi l'elicottero si è allontanato per fare rientro allabase,,il,telefono si è spento airimprovviso e l'imbarcazione è scomparsa nel nulla. Da quel momento la vecchia carretta, con il suo carico di disperati, risultava ufficialmente «dispersa». Il timore era quello di trovarsi di fronte all'ennesima tragedia dell'im- migrazione che si consuma nuovamente lungo le rotte della speranza tra il Nord Africa e la Sicilia. Anche perché in quella zona, a 50 miglia Sud Est dall'isola di Lampedusa, il mare ha raggiunto Forza sette, il vento di scirocco soffia con raffiche fino a 40 nodi e le onde sono alte come un palazzo di cinque piani. Un muro d'acqua che impedisce ai radar delle navi militari di individuare il barcone. Nelle operazioni di soccorso sono state impegnate per tutta la giornata la Corvetta italiana Driade e tre unità militari della Nato: la Fregata tedesca Koeln, la fregata danese TordensKjold, e la fregata americana Klakring, che erano in zona già da ieri per partecipare a un'esercitazione. Il tratto interessato, per un raggio di una trentina di miglia, è stato perlustrato dall'alto anche da un velivolo Atlantic della Marina Militare e da un aereo militare statunitense P3C. A lanciare l'allarme, ieri pomeriggio, era stata una giovane donna eritrea che vive a Ranica, un paese del bergamasco, dove lavora come colf. La donna, che ha un regolare permesso di soggiorno, ha ricevuto per telefono la richiesta di aiuto da parte della cugina e ha subito chiamato il 113. La Questura di Bergamo si è messa in contatto con i colleghi di Agrigento, che a loro volta hanno fatto da «ponte» con la Capitaneria di Porto di Lampedusa. In seguito da Bergamo sono stati fomiti i numeri del cellulare dal quale era partita la chiamata, rendendo così possibile una comunicazione diretta fra i soccorritori e l'imbarcazione. Il contatto ì^, è però interrotto all'improvviso ieri sera. Il cellulare, che risultava spento, è tomato a squillare, ma a vuoto, ieri mattina intomo alle 7,30. Poi, dopo circa mezz'ora di tentativi, l'apparecchio non ha più dato segni di vita. La richiesta di aiuto è arrivata a una colf eritrea che lavora a Bergamo «Le onde stanno per spazzarci via». Le condizioni del mare ritardano i soccorsi La comunicazione è saltata all'improvviso Ieri mattina il telefono ha squillato ripetutamente a vuoto Per l'intera giornata si è temuta un'altra tragedia Il barcone dei clandestini avvistato ieri al largo di Lampedusa
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