Le famiglie danno battaglia con gli appelli e le proteste di Paolo Colonnello

Le famiglie danno battaglia con gli appelli e le proteste «FAREMO DITUTTO PER RIPORTARLI A CASA» Le famiglie danno battaglia con gli appelli e le proteste I parenti di Stefio occupano i binari della stazione di Cesenatico. Quelli di Cupertino ricevono personalità. Quelli di Agliana si appellano ai rapitori Paolo Colonnello MILANO «L'ho giurato sulla fotografia di quei quattro ragazzi: io farò di tutto per riportarli a casa». Angelo Stefio, papà di Salvatore, il capo del gruppo in ostaggio, non dorme da tre notti, mangia pochissimo. Gira per Cesenatico avvolto nel tricolore e ieri mattina ha occupato i binari della stazione per lanciare un appello al Presidente della Repubblica: «Questi ragazzi devono tornare a casa entro 48 ore, scambiateli con altri ostaggi, ma fateli tornare come avete fatto con gli 007. Perché loro sì e i nostri no?». È la sua battaglia, la sua guerra in Iraq per rivedere il figlio. Vivo. «La speranza in me non muore, anche se ogni volta che squilla il telefono il cuore si agita. Siamo più che angosciati: siamo distrutti. E finché non crollerò, io devo rimanere lucido». Anche adesso, che sta per scadere il presunto ultimatum di 48 ore che potrebbe costare la vita a un nuovo ostaggio. «Purtroppo - racconta - quando mia moglie ha sentito in televisione di questo ultimatum ha avuto una nuova crisi e più si avvicina la fine di questa giornata più sta male. Ma io no, io resisto, so che la Farnesina avrebbe preso contatti con almeno due o tre canali. Ho fiducia. Che altro devo fare?». Ciò che sente, signor Stefio. «E io questo sento. Lo faccio per Sai- vatore e i suoi due compagni che considero ormai come miei figli. Lo faccio per lui. L'ho guardato bene negli occhi in quel filmato tremendo del suo rapimento. E l'ho visto pronto. in attesa della preda. Lui è come un computer, assimila tutto, si prepara sempre ad ogni evenienza. Ho capito anche che non si è perso d'animo, sta ragionando. Penso che in questi momenti, laggiù, lui si starà comportando con grande fermezza. Avrà paura, certamente. E chi non 1 avrebbe in quella circostanza? Ma Salvatore non avrà sbandamenti, non piangerà». In famiglia Stefio, invece, più di una lacrima è stata versata. Lacrime nascoste, come quelle di Manuela Nicolosi, moglie di Salvatore che, davanti al figlioletto William di 3 anni, ignaro della tragedia che travolto il padre, deve fìngere tranquillità mentre il quadrante dell'orologio, laggiù in Sicilia, a Catenanuova, sconvolge la sua vita. «Mia nuora è una persona eccezionale, ma soffre tremen¬ damente, ci sentiamo in continuazione. La pena vera è per William che chiede sempre di poter parlare con papà. Per ora gh abbiamo raccontato che non si può perché il cellulare si è rotto. Ma non so quanto reggerà questa buffonata». Angelo Stefio ha scelto di non fermarsi. Come una trottola impazzita sollecita i famigliari, i concittadini di Cesenatico, chiama i giornalisti, lancia appelli al Viminale. Agli stessi assassini di Fabrizio Quattrocchi e rapitori di suo figlio: «Liberateli, liberateli: questi non sono militari, non sono spie, sono solo dei ragazzi che volevano svolgere un lavoro». Anche ieri mattina, ha preso la sua ormai inseparabile bandiera italiana e con dignità, disperazione ma anche senso delle istituzioni, lui ex carabiniere, ha chiamato il locale comando dell'Arma per avvertirli; «Adesso vado sui binari e occupo la ferrovia con i miei parenti». E così ha fatto, insieme all'altro figlio, Cristian, e un cugino. Voleva rimanere sui binari ad oltranza, ma il senso di responsabilità, «il rispetto per le istituzioni», e il sindaco di Cesenatico lo hanno fatto desistere. Poi una telefonata con il Quirinale. «Si sono attivati, faranno di tutto. Grazie, grazie, io vi ringrazio tutti per la vicinanza e la solidarietà». Quando parla. Angelo Stefio, è un fiume in piena. Mentre tra i famigliari degli ostaggi c'è chi preferisce chiudersi nel silenzio. Come quelli di Umberto Cupertino che a Sammichele di Bari ricevono la visita dei ministri Alemanno e Gasparri, ma non hanno più parole, non hanno più lacrime mentre le ore trascorrono inesorabili tra mezze notizie, smentite, impotenza. La mamma di Umberto, Carmela Chimenti, che l'altro ieri si era sentita male quando la fiaccolata del paese è passata davanti a casa, non riesce più ad alzarsi dal letto: chiede di incontrare i cronisti, ma poi con un filo di voce riesce solo a dire: «Liberate mio figlio. Siamo disperati, siamo addolorati. Voglio Umberto». Reagisce invece Antonella Agliana, sorella di Maurizio, mentre i volontari della Misericordia di Prato organizzano una veglia. «Non voglio pensarci a questo ultimatum», dice Antonella, paUida in volto. «Non voglio pensarci eppure ci penso sempre. È uno strazio. Se potessi parlare a questi sequestratori gli direi semphcemente: rendeteceli, rimandateceli a casa, sono solo dei ragazi normali che pensano a lavorare per vivere. Non sono spie, non sono mercenari. Queste sono solo insinuazioni che mettono ancor più a repentaglio la loro vita. Maurizio era solo una guardia del corpo professionista, niente di più. Ho ima sola speranza: che queste 48 ore non scadano mai, che i sequestratori vengano presi prima. E gli ostaggi liberati». li|qi«m?.itp"v*t'tt«iKlnunMi«t Asinistra, la sorella di Cupertino mostra un attestato del fratello e un suo documento A destra, il padre di Stefio biocca i binari alla stazione di Cesenatico