Alle 18 un contatto: «Gli italiani sono ancora vivi» di Guido Ruotolo

Alle 18 un contatto: «Gli italiani sono ancora vivi» «MA NON SI TRATTA DI UN RAPPORTO DIRETTO CON I SEQUESTRATORI» Alle 18 un contatto: «Gli italiani sono ancora vivi» La notizia ai Servizi da un intermediario: ma la trattativa resta in salita retroscena Guido Ruotolo ROMA IERI sera, finalmente si è aperto uno spiragho: i nostri Servizi da Baghdad hanno comunicato a Roma che «i tre ostaggi alle 18 erano ancora vivi». Il contatto, dunque, c'è stato e sta funzionando: «Ma non si tratta - precisa una fonte dell'intelligence di un rapporto diretto con i sequestratori». Insomma, uno dei canali attivati dalla nostra intelligence sta producendo risultati. Di più non filtra. Queste, infatti, sono ore frenetiche, ore «cruciali», vissute con il fiato sospeso in attesa degli sviluppi della situazione. Gli apparati dell'intelligence, come la nostra diplomazia, hanno attivato tutti i canali possibili per arrivare al gruppo che tiene ancora in ostaggio Maurizio Aghana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio. Ancora ieri pomeriggio dal vertice irlandese dei ministri degli Esteri Uè, il nostro ministro Frattini spiegava che sul fronte dell'ultimatum lanciato dai terrorisf i - che sarebbe dovuto scadere ieri sera - non c'erano «novità», che non abbiamo «conferme», facendo intuire che si era aperta una «trattativa». E il fatto che gli ostaggi fossero ancora vivi ieri sera alle 18 depone a favore di un «congelamento» dell'ultimatum. Anche se, pare di capire, non c'è molto tempo a disposizione. L'altro giorno, i nostri Servizi avrebbero contattato, tra gli altri, più che un «mediatore» un «comunicatore», che dovrebbe essere un esponente di rilievo della «Resistenza nazionale islamica», ima delle diverse formazioni che operano nel triangolo sunnita, e che poi ha lasciato Baghdad diretto nell'area di Falluja. Sarebbe stato lui, nel contatto dell'altro giorno, a spiegare ai nostri 007 che i seque¬ stratori non intendevano recedere dalle loro richieste-ultimatum: l'abbandono dell'Iraq da parte delle nostre truppe. A voler essere pessimisti, poi, si era aggiunto un rapporto di un Servizio alleato arrivato a Roma, che ipotizzava uno scenario nefasto per le sorti dei nostri ostaggi, facendo intendere che soltanto un nostro connazionale sarebbe stato rilasciato, relatore di un messaggio. Per tutto il giorno le fonti contattate - istituzionali e pohtiche - si erano chiuse in un silenzio comprensibile: pur confermando l'esistenza della tagliola dell'ultimatimi, hanno lasciato intravedere qualche spiragho di ottimismo, nel senso che hanno fatto intendere di aspettare l'esito delle «trattative» con qualche speranza in più. Comprensibile questo atteggiamento: il messaggio che deve arrivare dall'Italia, attraverso le prese di posizione degli esponenti pohtici e istituzionali, è quello di una dichiarata disponibilità a tentare tutte le carte per riportare a casa i tre ostaggi. Sul fronte diplomatico, le prese di posizione hanno confermato che stiamo attivando tutti i possibili canali internazionali (Siria e Iran in primo luogo). Su quello dell'intelligence, non veniva scartato nessun contatto e nessuno scenario, compreso quello di valutare - se si fossero determinate le condizioni - la possibilità, se fosse stato individuato il luogo dove gli ostaggi sono tenuti, anche di un blitz per liberarli. Ma naturalmente, si trattava soltanto di uno scenario ipotetico. Certo, in queste ore il messaggio del cauto ottismo cozza con i segnali che arrivano dall'Iraq. Ieri è stato, infatti, il giorno dei rilasci di ostaggi e degli appelli del fronte religioso sunnita e sciita. Ma, contemporaneamente, anche del precipitare della situazione. Secondo un'analisi del Sismi, infatti, «nelle prossime ore potremmo assistere a un'offensiva militare su larga scala da parte di brigate unificate di scuti e sunniti». Ma non è solo questo il segnale preoccupante. Anche nelle prese di posizione dei vari leader religiosi sunniti e sciiti, infatti, sono arrivati segnali poco rassicuranti: gli ostaggi di paesi che hanno una presenza militare in Iraq non saranno rilasciati. E spiegavano che il caso degli itahani era un caso a sé. S^;i'lliiiiiil|li8iii V: La Farnesina, sede del ministero degli Esteri

Persone citate: Frattini, Maurizio Aghana, Salvatore Stefio, Umberto Cupertino