La CASBAH BAGHDAD Traffici, dollari, delitti di Giuseppe Zaccaria

La CASBAH BAGHDAD Traffici, dollari, delitti MISTERI Appena fuori dalla fortezza degli occidentali esplode una economia alternativa e criminale n un anno importate 500 mila auto, e anche i privati ricchi hanno eserciti privati di «gorilla » La CASBAH BAGHDAD Traffici, dollari, delitti reportage Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD NELL'AFFOLLATO ascensore dell'albergo Palestine il ventre del gigante autraliano dà particolarmente fastidio, anche perchè si sta accalcati ed ogni sporgenza preme sulle costole. Però nessuno protesta perchè l'uomo puzza di sudore, sovrasta di due spanne tutti i presenti e quel che gli sporge dai fianchi lo- fa assomighare ad un grande puntaspilli. Dietro un giubbetto antiproiettile a due piazze, dal corpaccione del «gorilla» spuntano i calci di due pistole, una per parte, l'impugnatura di un coltello formato «machete», l'antenna di una radio trasmittente, mentre la mano destra impugna il mitragliatore come fosse un giocattolo. Michael Milligan detto «Jumbo» (il nome campeggia da una «Id card» plastificata, il soprannome circola) esce dall'ascensore seguito da un corale sospiro di sollievo e si avvia imponente al lavoro quotidiano. C'è un po' di gente da terrorizzare in qualche nuova sezione dello sterminato «Baghad Market». Con l'eccezione forse di Macao o qualche altro porto dell' Estremo Oriente dopo la ritirata giapponese, raramente le guerre, la storia e la stupidità umana avevano potuto trasformare un' intera nazione in un così sterminato «free shop», così gigantesca estensione di un mercato tanto libero dal farsi selvaggio. Eppure quanti credono nei vantaggi del libero mercato qui trovano il libero mercato allo stato puro. Lo si vede non appena uno si arrischi a varcare i confini della «fortezza d'Occidente», il complesso degli alberghi difeso da muraglioni in cemento armato, per vedere cosa c'è fuori. I soldati americani lo fanno malvolentieri e questo si può capire, qui dentro ci sono Internet e birre, tv sateUitari e telefoni per chiamare casa, perfino un venditore di «Dvd» che offre copie pirata degli ultimissimi films in lingua inglese. Oltre i muraglioni c'è l'Iraq che vive, muore, pulsa, sanguina, si ammazza, salta sulle mine, combatte l'occupante, si dilania in fazioni ma intanto costruisce e stabilizza una forma d'economia che sarebbe errato ritenere primitiva, clanica o terroristica ed appare invece estremamente moderna, per quanto gestita da businessmen che indossano il «dishdash». Vai in Iraq, ragazzo, se vuoi farti una vita. Se sei tosto, deciso, se sai maneggiare le armi o almeno fai finta di farlo, se hai un po' di danaro o ne hai per nulla questo è il posto in cui farai fortuna. Non era mai accaduto nei tempi moderni che un'intera nazione - ima nazione produttrice di petrolio - restasse per più di un anno priva di controlli alle frontiere e di qualsiasi tipo di controllo o di tassa. Saddam Hussein era scompar- so da meno di una settimana e già dai mercati di Baghdad e Sadr City, in mighaia di esemplari, cominciava a spuntare il frutto proibito. La parabola televisiva, fino ad allora strumento vietatissimo (si rischiavano il sequestro ed una multa di 400 mila dinari) apparve su tutte le bancarelle dei mercati a prezzi molto bassi. Si trattava ancora di attrezzature di second'ordine prodotte a Taiwan, ma da quei giorni si è scatenato il diluvio: colonne di camions da Siria e Giordania carichi di frigoriferi, televisori, condizionatori d'aria, ed players. C'era gente che rivendeva a pochi dollari i kalasnikhov abbandonati dall'esercito per rinnovare la cucina di casa. In quei giorni un venditore di Sadr City propose a chi scrive: «Se mi dai la tua macchina fotografica ti posso dare in cambio tre mitra oppure un lanciarazzi». Nello stesso tempo chi aveva danaro da parte chiamava i Paesi vicini investendo in carichi di qualsiasi merce, e chi non ne aveva telefonava ai parenti all' estero chiedendo: «eljel li shahina», mandami un camion. Il valore di qualsiasi merce sitripheava in un mercato intemo reso famelico da dodici anni di sanzioni economiche. Per chiamare c'erano soltanto i «Thuraya», telefonini sateUitari di preferenza sequestrati a giornalisti stranieri da funzionari dell'ex ministero dell' Informazione: i primi «manager» della ripresa economica irachena sono stati gh scherani del passato regime. Qualche mese dopo qualcuno dev'essersi accorto che Ù mercato della telefonia poteva rendere somme ancora maggiori, e da quel momento i camions che giungevano dall'estero portavano carichi di Nokia piuttosto che di telefonini Siemens. Un bando molto disinvolto ha affidato alla «418», compagnia egiziana, l'appalto del collegamento mobUe per tutto l'Iraq centro-settentrionale. A Sud la concessione sarebbe valida ma non funziona, perchè la rete del Kuwait ha già potenziato i ripetitori ed invade l'area sciita «succhiando» ai concorrenti le connessioni in «rooming». Risultato: se provi ad accendere un telefonino europeo nel bel mezzo del «Baghdad Market» ricevi messaggi del tipo «Benvenuti in Egitto», «Ecco i numeri dell'ufficio per il turismo sul Nilo» oppure (è accaduto ieri) «Benvenuti in Italia». Più grande è il disordine più ricco è il mercato. Ancora oggi, ad un anno dalla presa di potere delle autorità americane e dopo cinque miliardi e mezzo di dollari di investimenti nella ricostruzione, nella città di Baghdad interi quartieri sono taghati fuori dalle normali connessioni telefoniche. Se chiami un amico a casa - lì dove le centrali sono state riabilitate puoi sentire indifferentemente un segnale di «libero» quando il telefono non squilla oppure un «occupato» mentre nessuno sta parlando, il tutto accompagnato da fruscii che fanno pensare ad una tempesta magnetica. Hanno spalancato la strada prima ai satellitari e poi al telefonini senza ripristinare neppure la più essenziale rete di comunicazioni. In questo consiste l'assoluta «modernità» del caos iracheno. Tutto quel che si sta sviluppando in un territorio desertico e selvaggio riesce in qualche modo ad obbedire alle regole del superfluo, moltiplica miliardi di dollari e mighaia di morti, instaura imperi economici nati in pochi mesi e pronti a difendersi con le unghie e con i denti, ovvero con i «vigilantes» e la religione, i mitragliatori e le auto-bomba. Anche l'idea che i «gorilla» occidentah dipendano solo da società americane o ad esse collegate è vera solo in parte: certo, la «Hullyburton» di Dick Cheney è costretta a rallentare i rifornimenti alle truppe combattenti americane perchè ci sono «difficoltà negh apparati di sicurezza», ma anche i ricchi iracheni ormai arruolano piccoh eserciti privati. Nella capitale esistono almeno tre grandi famiglie che si proteggono con reparti adeguati. I Bahrani, sunniti già perseguitati da Saddam, gh Al Bounnìa, senti molto impegnati nei lavori pubblici e gh Al Khaadi, imperatori dell'alimentazione. Un paio d'anni fa il capofamigha, Sabah Al Khaadi, osò protestare con Saddam Hussein perchè il figlio Oudai gh aveva sottratto una fabbrica miliardaria, quella che imbottiglia la Pepsi Cola in Iraq. Venne arrestato, e tornato libero in piena «democrazia» è stato ucciso da fedebssimi della famiglia Hussein. Adesso i suoi figli girano circondati da guardie del corpo multicolori ed auto blindate.A proposito, le automobili: in meno di un anno ne sono state importate almeno cinquecentomila. Senza tasse, senza leggi, senza targhe costano poco più della metà di quanto valgono nel resto del mondo. Ed altri piccoh eserciti privati oggi controllano nel quartiere di Kharrada le due grandi «fiere» che appartengono una ai Sardar e l'altra ai Sabbah. Sono semplici concessionarie, ma serebbe come definire canotto una portaerei: ognuna delle due filiali schiera in grandi piazzali duemila vetture nuove di zecca, lucidissime grosse cilindrate, e tutte le mattine si vedono beduini che dalle lunghe vesti impolverate tirano fuori pacchi di dollari. La Baghdad degh spioni e dei sorveglianti, dei «mujaheddini» e dei sequestratori è soprattutto questa: un nuovo mercato senza regole che troppe bande cercano di controllare. Una nazione produttrice di petrolio per un anno intero è rimasta priva di controlli alle frontiere e di qualsiasi tipo di tassazione Nei giorni caotici della «liberazione» un venditore proponeva in cambio di una macchina fotografica tre mitragliatori o un lanciarazzi Un ciclista a Baghdad passa accanto a un carro armato americano Abrams in fiamme, una scena non inusuale nella capitale irachena a un anno dalla fine della guerra Soldati americani di guardia davanti all'Hotel Sheraton, a Baghdad VENTIDUE OSTAGGI TRA PAURA E SPERANZA USA 11 presidente Bush: «Non trattiamo ma, se necessario, invieremo truppe supplementari» ITALIA premier Berlusconi: «La missione di pace dei soldati italiani in Iraq, in linea con gli impegni internaziona i assunti, non è assolutamente in discussione» r ^ GIAPPONE I premier Koizumi: «Non è intenzione del governo ritirarsi dall'Iraq». Intanto però si negozia il rilascio degli ostaggi W r 1- REPUBBLICA CECA Il ministro degli Esteri fa un appello ' ai cittadini cechi che vivono a Baghdad: «Tornare in patria» ^ CANADA J& Si tratta il rilascio 1 ISRAELE L'arabo-israeliano è considerato una spia, ma Israele nega. E non tratta FRANCIA Rapito domenica a Sud di Baghdad, è stato liberato ieri pomeriggio SM