Calcio, fuga verso la libertà per nove nazionali afghani di Fabio Poletti

Calcio, fuga verso la libertà per nove nazionali afghani ERANO IN ITALIA PER UNA PARTITA DI BENEFICENZA CON IL VERONA Calcio, fuga verso la libertà per nove nazionali afghani Da domenica non danno notizie, il loro visto scade domani Forse sono ad Amburgo, dove c'è una numerosa comunità Fabio Poletti MILANO Qualcuno è scappato in ciabatte, tutti avevano la tuta, nessuno i documenti. Però il portiere di riserva aveva una cartina geografica, il bene più prezioso, che chissà come si era portato dietro da Kabul. Deve essere stato lui, a decidere di questa fuga verso l'Occidente, verso la vittoria, verso la Germania o chissà dove sono finiti adesso questi nove calciatori professionisti si fa per dire perché imo faceva il carpentiere, uno il commerciante, uno il saldatore, uno il falegname e un altro l'impiegato di banca praticamente quasi tutta la nazionale afghana che doveva scendere in campo ieri sera al Bent.egodi per un'amichevole contro il Verona e invece adesso sono a spasso per l'Europa. «Vedrai che tornano. E' stata una bravata. Non ci sono motivazioni pohtiche. E' solo che non hanno il senso della disciplina», ci spera Mir Ah Asger Akbarzola, il coach della nazionale, tuta grigia e bianca della Bundensliga tedesca perché le magliette rosse con la banda immacolata sono contate e non ce n'è per tutti. Però se non tornano, i sei che sono rimasti - o che non ce l'hanno fatta a prendere l'ultimo treno per il Nord -.mica bastano per la partita. E allora il coach si è attaccato al telefono e ha chiamato le riserve del caipentiere, del commerciante e dell'impiegato. Per non sbaghare ne ha convocati quasi il doppio: dieci sono arrivati dalla Germania, sette dall'Inghilterra. E ieri sera qualcosa in campo hanno combinato. Dove siano finiti gh altri che stanno giocando la partita della loro vita non lo sa ufficialmente nessuno. E nessuno li sta cercan- do. «Non hanno commesso reati. Hanno un regolare visto turistico fino a giovedì. Poi si vedrà», nega che siano braccati il procuratore capo di Verona Guido Papalia. E lo stesso dice il maggiore Antonio Sei^gi, comandante dei carabinieri di Peschiera del Garda da dove si sono allontanati i calciatori: ((Abbiamo ricevuto la segnalazione che nove giocatori della nazionale afghana non erano rientrati domenica nei loro alloggi. Abbiamo avvisato le autorità europee. Di più non possiamo fare. La cosa incomprensibile è perché non siano scappati tutti». Non si può fare di più perché fino a giovedì i loro visti turistici sono regolari e non c'è bisogno che abbiano il passaporto per andare in uno dei Paesi che fanno parte del Trattato di Schen- gen. Come la Gennania ad esempio. Dove già venti anni fa erano finiti alcuni calciatori afghani, in Europa per un tour promozionale. I giocatori erano arrivati a Verona da Kabul, venerdì scorso. Sabato sera erano andati allo stadio per assistere alla partita Verona-Messina. Domenica giornata libera. Qualcuno voleva andare a Gardaland, il parco giochi vicino. Qualcuno preferiva passeggiare e approfittare della giornata di sole. Altri sognavano le discoteche della zona. In nove - due portieri, un difensore, tre centrocampisti, tre attaccanti, il più giovane 18 anni, il più grande 27 - avevano già deciso di darsi alla fuga e di non rientrare nel residence messo a disposizione dal conte Pietro Arvedi, il presidente del Verona. «La politica non c'entra. Dopo la caduta dei Taliban in Afghanistan si sta megho. Ma è chiaro che questi ragazzi hanno preferito scappare dalla miseria del loro Paese come fanno i tunisini, imarocchini, gli extracomunitari in genere, attuati dal mito dell'Europa», fa due conti Abdullah Amiriam, un architetto afghano che da tempo vive vicino a Firenze, ufficialmente accompagnatore della nazionale di calcio, il meno sorpreso da questa fuga di massa presumibilmente senza ritomo. «Però è sbagliato parlare di fuga. E' più corretto dire che si è trattato di un allontanamento volontario. Mi aspetto che spuntino in Germania e che chiedano asilo pohtico», non si fa illusioni il maggiore Seigi di Peschiera. Da Amburgo è arrivata la conferma che almeno due dei nove giocatori avevano parenti in città. Ad Ambin^go ci sono oltre 60 mila afghani. Il treno del pomeriggio da Verona a Monaco ci mette meno di quattro ore. Poi è un attimo sparire nel nulla. Anche se dalla squadra che si è chiusa in ritiro a doppia mandata qualcuno fa sapere die uno dei nove avrebbe telefonato dicendo che voleva solo vedere degh amici in Lombardia e che poi sarebbe tornato indietro. Che possano ricomparire non ci crede nessuno a parte l'allenatore in ciabatte e con quella tuta sbilenca. Certo non d crede Franco Nerozzi, fondatore e presidente della Comunità Sohdarietà Popoli che alla fine si accontenta di sapere che la partita si giocherà comunque anche con le riserve fatte arrivare in fretta e furia da mezza Europa: «E' importante che si giochi. A ricavato dell'incontro servirà a costruire un orfanatrofio e una clinica a Kabul e un pronto soccorso nella valle del Panshir». Non è la prima volta che la nazionale afghana scende in campo per raccogliere fondi. Dal 2002, quando la squadra si è ricostituita dopo 18 anni e dopo la caduta del regime dei Taliban, lo ha fatto altre volte e quasi sempre in patria. I risultati magari sono stati quelli che sono 10 scoppole a zero dall'Iran, 11 dal Libano e dal Turkhmenistan, 4 dall'India e l'ultima volta un dignitoso 2 a zero ancora dal Turkhmenistan - ma l'importante è partedpare direbbe De Coubertin. Qasim Ah Rahimi, nemmeno venti anni, difensore e capitano della squadra, è uno di quelli che fino ad ora non è scappato e che se riuscirà a non cadere in tentazione, tornerà giovedì a Kabul, dove continuerà a fare l'interprete di inglese e a giocare quando si può, nello stadio dove giganteggia l'immagine del presidente Hamid Karzai e dove i primi palloni e le prime maghe rosse con la banda bianca sono anivate insieme agh" aiuti da tutto il mondo, dopo una guerra durata venti anni: «Ogni sei mesi incontriamo una squadra straniera. Sono sempre incontri di sohdarietà per raccoghere fondi. Nel nostro campo non c'è nemmeno l'erba». Asinistra una delle prime partite della nazionale afghana dopo la liberazione di Kabul Nella foto grande I giocatori che sono rimasti a Verona