Tra quattro mura il dolore dì chi non ha niente

Tra quattro mura il dolore dì chi non ha niente IN 35 METRI QUADRI LA VITA «DISPERATA» DI MASSIMO E TIZIANA: NON SI PARLANO, NON URLANO, NON PIETISCONO Tra quattro mura il dolore dì chi non ha niente «Qui tutto è pagato a rate». Il legale: sono poveri, li difendo gratis HBHHjreportage Pierangelo Sapegno inviato a CIUA DI CASTELLO PER terra ci sono dei pupazzi. Due letti, un armadio e una misera lampada blu sul soffitto. Ma dentro a questa piccola stanza così spoglia, si respira lo stesso un gran disordine, con le coperte sfattenella penombra, ibambolotti sparsi, l'odore di chiuso, il calco rosso della mano di Maria sopra un calendario e un bighettino dedicato al padre, scritto con grafia elementare dalla sua maestra: «Oh papà, tienimi forte la mano. Sono fehce che sei tu come papà». Massimo Geusa prende il foglietto a quadretti e lo mette nel portafogho. Accenna mi sorriso. Avanza fra le barre azzurre del letto, sulla porta, il giaccone aperto e lo sguardo che si commuove, «questo glielo aveva regalato Giorni», dice. Un banale orsetto di pelouche marrone. Lo indica, ma non lo raccoglie. Poi sussurra, lei dormiva lì. Maria, il letto a una piazza che doveva essere così grande per i suoi centimetri, poveramaria: «Di notte lo avvicinavamo a noi per pamra che cadesse». Strano. Nonostante questi segni e nonostante queste memorie, è come se questa bimba fosse passata di qui inutilmente. In fondo siamo in questa casa perché i giudici temono che loro potevano sospettare qualcosa ma che non l'hanno fatto perche maeari accecati da qualche lira. Un' inchiesta non può guardare il dolore. Ma che cos'è il dolore? Marito e moglie non si toccano Marito e moglie non si toccano mai, non si sfiorano, non si danno conforto per tutto il tempo che stiamo qui a parlare di una creatura lontana, rubata al mondo come a loro. Non si parlano quasi nemmeno, e non urlano, non pietiscono. E' questo il dolore di chi non ha niente? Tiziana s'è tolta il giaccone, quello beige con i disegni indiani e le frange che si porta addosso dal primo giorno di questa storia, quando sono arrivati le tv e i giornali dentro a queste atrocità, fra un mostro e una bambina uccisa, e papà e mamma sono stati presi in mezzo mentre venivano quelli delle tv con i vestiti nuovi e quelli di Verissimo e quelli di Cucuzza, che vorrebbero chiamare ciaomichele anche loro, come fanno le divette nei collegamenti. «Questo giaccone è l'unica cosa che porto perché è l'unica cosa che ho», dice lei. Ha sempre lo stesso sguardo, un po' lontano, quasi sperso, ed è lo stesso che ha quando parla di sua figlia, quando risponde alle domande, e quando parla dell'amico che le ha ucciso Maria, o di Eloina, la vicina di casa cubana, che le ha dato alla testa la tv a quella li, e adesso lei la querela, «e vediamo come va a finire», visto che si sente così importante. Posa il giaccone sul letto: «Me l'ha regalato mio padre dieci anni fa. Non ho mai potuto comprarmi altro». Anche la tuta nera, che porta sempre da cinque giorni sopra le scarpe da ginnastica rosse, questa tuta con le strisce bianche sui pantaloni, che non lascia mai, come se ci andasse a dormire insieme, mentre si sbraccia con il marito, mentre litiga con Eloina, e davanti alla tv, e davanti ai dottori che le fanno tutte queste domande, sempre la stessa tuta, dice, «ce l'ho da due anni». L'unica cosa nuova è quella gonna - apre l'armadio, la tira fuori -, quella che quando l'aveva vista Giorgio Giorni le aveva detto che era bella, e che le stava bene, e adesso le scappa anche un po' di malizia in quello sguardo sperso e lontano, mentre la alza, esibendola sulla gruccia, marrone, a mezza gamba. «Beh, l'ho pagata 75 euro, e continuo a pagarla a rate, perché non abbiamo i soldi. Non è che compro ogni santo giorno come fanno certi die vanno sempre nei negozi». Il marito fa segno di sì, e lei deve pensare che cos'è una donna senza un bel vestito, senza un paio di scarpe nuove, senza qualcosa da portare come nei giochi delle bambole, da bambine, senza i trucchi che si mettono alla tv. Massimo sta dicendo che tutto quello che c'è qui dentro è pagato a rate, «gli elettrodomestici, tutto». Facciamo i conti? Oh, fa l'avvocato Gianni Zaganelli, presto fatto: lui prende 1100 euro al mese, e l'affitto in questo buco costa 300, e l'asilo della bambina 90. E poi le spese di tutti i giorni e il cibo, dice Massimo, e porta i giornalisti in cucina, apre gh sportelli di formica bianca, tira fuori la pasta, «quella che costa meno, guardate». Per risparmiare, racconta, mangiamo pasta tutta la settimana, «tanto Maria si fermava all'asilo. La carne solo il sabato e la domenica, quando c'era anche lei». Poi apre il frigorifero, che è tutto quasi vuoto, soltanto della è tutto quasi vuoto, soltanto della carta con qualcosa dentro, forse un formaggio, è due bottiglie d'acqua. «Ecco, quello che abbiamo», dice Massimo. «So che c'è qualcuno che dice che noi avremmo preso soldi da Giorni, forse intendendo che è per questo che gh lasciavamo la bambina. Ma noi non abbiamo mai visto una lira da lui», e mentre lo sussurra la voce comincia a incrinarsi, vicino a Tiziana che ha sempre lo stesso sguardo sperso, appena triste, come se stesse guardando una telenovela alla tv, come fece quella volta che le chiesero quando aveva visto l'ultima volta Maria e lei disse che era nella macchina di Giorni e stava dormendo sotto le coperte: «Pensai di non svegliarla per non farla innervosire». Lui dice «noi siamo le vittime, noi siamo quelli che abbiamo pagato, noi siamo quelli che non finiremo di soffrire perché siamo quelli che ci abbiamo perso in questa storia, e dovrebbero ricordarselo un po' tutti quelli che adesso ci offendono come se non fossimo i genitori di una bambina uccisa da un mostro». E l'avvocato Zaganelli, lì accanto, grande e grosso, fa cenno di sì: ((Non hanno una lira, sono brava gente. Li difendo gratis». Sopra il frigorifero c'è la televisione spenta. Il tavolo, le sedie spaiate, messe da una parte e dall'altra del tinello, senza un ordine, senza una logica. ((Non abbiamo nemmeno i soldi per i funerali, questa è la verità», fa lui, dopo aver sentito l'avvocato. La casa è di 35 metri quadri, un bilocale senza luce, con le mura gialle di fuori dipinte da poco, circondato dai campi incolti e un fiumiciattolo che scivola senza gorgoglìi perché l'unico rumore che sembra venire è l'eco della E45 che passa lì vicino, con i suoi Tir che si mangiano l'asfalto. Massimo racconta che Maria giocava quasi sempre in casa sotto al letto, ma che ogni tanto andava vicino al torrente per cercare le ranocchie, «e quando le trovava tentava di toccarle». Tira su con il naso, poveramaria. Anche le case raccontano qualcosa di questa storia. Quella dov'è avvenuto il delitto è tutta sprangata e sigillata, in centro, a Città di Castello, palazzo signorile, mura spesse, portone di legno lucidato, e l'unica volta che dice di averla vista, Tiziana, è (piando l'hanno portata i carabinieri per farle vedere delle scalpine. «Sono quelle di sua figlia?», le hanno chiesto. «Sì», ha detto lei. Erano insanguinate. Poi c'è la villetta di San Sepolcro, dove Gioi^gio Giorni abitava con la madre, rimasta vedova due anni fa, quando il figlio aveva preso il posto del babbo nell'azienda: «Una donna pia, che andava sempre in chiesa e faceva beneficenza», e che è scomparsa dal giorno che è successo tutto questo. Anche quella casa è sprangata. E l'unica che rimane ancora aperta è questa, dove restano solo i segni lontani dell'orrore che abbiamo incontrato. Vicino, a un metro e mezzo dalla loro porta, c'è l'appartamento di Eloina Morales, la cubana che continua ad accusare Tiziana, dicendo che doveva sospettare di quello lì di cui lei si vantava tanto, die è impossibile che non si accorgesse di niente. «Io glielavevo detto: è arrogante, non mi piace». Tiziana scuote la testa, «quella s'è fatta abbaghare dalle televisioni», dice, ((non capisce più niente, dice infamità solo perché pensa di diventare famosa». Eloina invece piange, e pazienza se la telecamera la riprende: (do ho fatto quello che dovevo fare. E lo continuerò a fare». Poi tira su il finestrino della macchina. Ormai, questa è la vita. S|^tgj^p;v" ^'''■'■■] •■'^^MMIMiB? Un mazzo di fiori e un biglietto in memoria di Maria

Persone citate: Cucuzza, Eloina Morales, Gianni Zaganelli, Giorgio Giorni, Massimo Geusa, Pierangelo Sapegno, Zaganelli

Luoghi citati: Città Di Castello, Gioi, Maria