Scrittori e scienziati FRATELLI COLTELLI

Scrittori e scienziati FRATELLI COLTELLI IN ANTEPRIMA UN INEDITO DI HANS MAGNUS ENZENSBERGER DA «GLI ELISIR DELLA SCIENZA» Scrittori e scienziati FRATELLI COLTELLI Hans Magnus Enzensberger CHACUN devient idiot à sa fagon: ognuno diventa idiota a suo modo. Questa massima è di Peter Esterhàzy, rampollo d'una principesca famiglia, il quale ha illustrato la sua affermazione in modo brillante, trasformandosi inizialmente in un matematico, poi in un giocatore di calcio e alla fine in un famoso romanziere. Può darsi che, nel formulare quell'asserzione, si sia rifatto ad un'ingiuria classica del diciottesimo secolo. Allora gli accademici si insolentivano definendosi l'un l'altro idiot savant. Anche oggi a ogni studioso dovrebbe venire in mente l'uno o l'altro collega cui questa caratterizzazione si attaglierebbe. La comparsa in massa degli idioti specializzati è probabilmente una conseguenza inevitabile della specializzazione nelle scienze. Perfino all'interno d'ogni singola disciplina sono aumentate le difficoltà di comprensio¬ ne. Nessuno osa affermare di avere una visione precisa della situazione della ricerca in tutti i campi delle scienze esatte. E il pur diffuso discorso suU'interdisciplinarità non potrà nascondere il nesso fra accumulo di sapere e ottusità. Tanto meno può sorprendere che da lungo tempo ormai non si possa più parlare, a proposito delle discipline umanistiche e delle scienze naturali, per non dire delle arti, di un comune orizzonte culturale. La famosa tesi di P. C. Snow sulle due culture è stata superata dalla realtà. Di fronte al progredire delle differenziazioni, si potrebbe oggi parimenti parlare di tre, cinque oppure cento culture. Sotto questo profilo, la diagnosi formulata nel 1959 dal fisico e romanziere inglese si è rivelata, nel regime del pluralismo babilonico, troppo ottimistica. » » « La figura dell'idiot savant, dello «scienziato idiota», è impensabile senza il suo pendant, che s'incontra sicuramente anche più spesso: l'idiot lettre, una specie che alligna fra i cultori delle scienze dello spirito, gli artisti e gli scrittori, e che si sente forse anche più a suo agio, nella sua limitatezza, della sua immagine speculare. Ognuno di noi è notoriamente uno straniero quasi ovunque sulla terra; allo stesso modo ognuno di noi è quasi in tutti gli ambiti dello scibile un mezzo o un totale analfabeta. Però ammetterlo è una cosa, un'altra è essere fieri dello status di ignorante. Lo studioso di Shakespeare che non ha mai letto una pagina di Darwin, il pittore cui gira la testa nel sentir anche solo parlare di numeri complessi, lo psicoanalista che non sa nulla dei risultati cui è pervenuto l'entomologo, e il poeta che non è capace di stare ad ascoltare un neurologo senza addormentarsi, sono altrettante figure involontariamente comiche, non molto lontane dall'istupidimento per propria scelta e dolpa. » * * Ovviamente non è sempre stato così. Per convenirne, non occorrono conoscenze storiche particolarmen¬ te profonde. Non è un segreto che la filosofia, la poesia e la scienza, alle origini, procedevano tenendosi per mano. La loro radice comune è il mito. L'astronomia, ai suoi inizi, era una pratica magica, inscindibilmente legata all'astrologia. Furono i filosofi presocratici a fondare la fisicainEuropa. Empedocle è l'autore di una cosmologia poetica; e Pitagora di Samo, al quale la matematica deve leggendari teoremi, era un mistico. Considerazioni molto simili valgono anche per gli inizi del pensiero scientifico in India. La matematica sacrale dei Sulvasutra risale al primo millennio avanti Cristo. Anche in Mesopotamia, Egitto e Cina la religione, la filosofia, la scienza e la poesia erano inseparabili. [...] ft *« La tradizione della poesia didascalica, fondata dagli antichi, è sopravvissuta al Medioevo ed è tornata a rifiorire nel Rinascimento. I poeti, i pittori, gli architetti e i filosofi di quel tempo hanno ripreso avidamente le ricerche scientifiche dei loro contemporanei. Spesso, come in Cardano, Dvirer e Leonardo, quest'interesse è andato di pari passo con la produzione artistica. Giordano Bruno e Cyrano de Beigerac non tracciavano confini fra poesia e scienza. Fin ben dentro il diciottesimo secolo non si può di fatto parlare di una separazione di queste due sfere. Per la sua monumentale Enciclopedia, Diderot allacciò una fruttuosa alleanza con il matematico d'Alembert. Lichtenberg - al quale dobbiamo, fra l'altro, l'invenzione della fotocopia - era un fisico di vaglia, e Goethe era appassionato di problemi geologici, botanici e fisiologici, per non parlare di quella sua singolare e grande impresa che è la Teoria dei colori. Una delle sue ultime significative poesie didascaliche è la Metamorfosi delie piante, un progetto incompiuto. Perfino ai romantici era estranea la netta separazione fra l'ambito scientifico e quello letterario. Autori come Bitter, Carus e Chamisso hanno lavorato essi stessi come naturalisti, e YMlgemeines Brouillon testimonia degli ampi studi matematici, chimici, fisici e biologici di quel Friedrich von Hardenberg a noi comunemente noto come Novalis. »* « Tutto induce a ritenere che il grande scisma fra le scienze naturali da una parte, e le arti e le discipline umanistiche dall'altra sia stata una tipica invenzione del diciannovesimo secolo. La progressiva specializzazione del sapere e il suo isolarsi nell'attività universitaria, lo svilupparsi del gergo scientifico e la vittoria del positivismo sono cause e insieme sintomi di quest'evoluzione. La tendenza al ridu¬ zionismo di molti studiosi delle scienze naturali, accoppiata spesso con una certa presunzione, può aver contribuito a far insoigere reazioni allergiche nell'ambito delle arti e delle discipline umanistiche. Questo dissidio fra fratelli in casa déU'intellinghentsia si è protratto fin troppo a lungo e, come sempre in casi analoghi, gli atteggiamenti ostih dei partecipanti a simili tenzoni si condizionano a vicenda. L'idiot savant e l'idiot Zettré si assomigliano più di quanto non sospettino. [...] « * « Forse la letteratura è in procinto di afirancarsi dalla minorità scientifica di cui è essa stessa responsabile. Uno dei primi che non ha voluto rassegnarsi al ruolo di idiot lettre è stato Raymond Queneau. Non solo ha curato, per la Plèiade, la pubblicazione di un'enciclopedia scientifica e ha scritto un libro sulla più recente matematica {Bords), ma esistono di lui anche una Piccola cosmogonia portatile (1950) e una poesia che si basa su un modello combinatorio (Centmille miliards de poèmes). Nell'opera di Primo Levi, che di professione era un chimico, la scienza ha un ruolo centrale. Dalla Summa technologiae di Stanislav Lem si desumono non solo ampie conoscenze degli ambiti dell'informatica e della cosmologia, ma l'opera dà saggio anche di stupefacenti intuizioni prognostiche. L'arcobaleno dellagravità di Thomas Pynchon è impensabile senza un'ambizione polistorica che comprenda anche lo stato della ricerca scientifica. Copyright Suhrkamp Verìag, Frankfurt am Main, 2002 IL GRANDE SCISMA TRA LE SCIENZE NATURALI E LE DISCIPLINE UMANISTICHE E STATA UN'INVENZIONE DELL'800 DEVONO TORNARE A TENERSI PER MANO COME FRA I GRECI E NEL RINASCIMENTO co. e e a a o o a e l e n a l o i s a e o e n a e a o i, aa aro a lIN ANTEPRIMA UN INEDITO DI HANS MAGNUS ENZENSBERGER DA «GLI ELISIR DELLA SCIENZA» v7 IL GRANDE SCISMA TRA LE SCIENZE NATURALI E LE DISCIPLINE UMANISTICHE E STATA UN'INVENZIONE DELL'800 DEVONO TORNARE A TENERSI PER MANO COME FRA I GRECI E NEL RINASCIMENTO Scrittori e scienziati FRATELLI COLTELLI Hans Magnus Enzensberger CHACUN devient idiot à sa fagon: ognuno diventa idiota a suo modo. Questa i è di hàne. Nessuno osa affermare di avere una visione precisa della situazione della ricerca in tutti i campi delle scienze esatte. E il pur diffuso discorso suU'interdisciplinarità non potrà nascondere il nesso fra accumulo di sapere e ottusità. ò dfra i cultori delle scienze dello spirito, gli artisti e gli scrittori, e che si sente forse anche più a suo agio, nella sua limitatezza, della sua immagine speculare. Ognuno di noi è notoriamente uno straniero quasi ovunque sulla terra; allo stesso d di i è i ii te profonde. Non è un segreto che la filosofia, la poesia e la scienza, alle origini, procedevano tenendosi per mano. La loro radice comune è il mito. L'astronomia, ai suoi inizi, era una pratica magica, inscindibilmente legata all'astrologia. Furono i filfi ii fd ldei loro contemporanei. Spesso, come in Cardano, Dvirer e Leonardo, quest'interesse è andato di pari passo con la produzione artistica. Giordano Bruno e Cyrano de Beigerac non tracciavano confini fra poesia e scienza. Fin ben dentro il diciottesimo secolo non si può di fatto parlare di una separazione di queste due sfere. Per la sua monumentale Enciclopedia, Diderot allacciò una fruttuosa alleanza con il matematico d'Alembert. Lichtenberg - al quale dobbiamo, fra l'altro, l'invenzione della fotocopia - era un fisico di vaglia, e Goethe era appassionato di problemi geologici, botanici e fisiologici, per non parlare di quella sua singolare e grande impresa che è la Teoria dei colori. Una delle sue ultime significative poesie didascaliche è la Metamorfosi delie piante, un progetto incompiuto. Perfino ai romantici era estranea la i fr l'biizionismo di molti studiosi delle scienze naturali, accoppiata spesso con una certa presunzione, può aver contribuito a far insoigere reazioni allergiche nell'ambito delle arti e delle discipline umanistiche. Questo dissidio fra fratelli in casa déU'intellinghentsia si è protratto fin troppo a lungo e, come sempre in casi analoghi, gli atteggiamenti ostih dei partecipanti a simili tenzoni si condizionano a vicenda. L'idiot savant e l'idiot Zettré si assomigliano più di quanto non sospettino. [...] « * « Forse la letteratura è in procinto di afirancarsi dalla minorità scientifica di cui è essa stessa responsabile. Uno dei primi che non ha voluto rassegnarsi al ruolo di idiot lettre è stato Raymond Queneau. Non solo ha curato, per la Plèiade, la pubblicazione di un'enciclopedia scientifi hri liblliù

Luoghi citati: Cina, Egitto, Frankfurt, India, Mesopotamia